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Bot e Btp: come investire in titoli di stato

Cosa scegliere e con quale durata. Quali sono i parametri da considerare. In questa guida daremo una risposta ad ognuna di queste domande.

di Giacomo Saver 19 dic 2011 ore 09:40
Come scegliere la scadenza ottimale di un titolo di stato? Il rendimento è l'unico parametro da considerare? E con la crisi economica i titoli a breve termine sono più rischiosi di quelli a lunga scadenza? In questa guida daremo una risposta ad ognuna di queste domande.

I titoli di stato sono uno strumento di investimento efficiente: non hanno costi, sono semplici da acquistare e facili da capire. Però il risparmiatore che voglia impiegare i suoi risparmi in un buono del tesoro dovrà scegliere la scadenza dello stesso e non solo il rendimento. Se fino a pochi mesi fa i titoli a lunga scadenza erano i più rischiosi di quelli a breve, la situazione potrebbe essere diversa. Se lo Stato si trovasse in una situazione di insolvenza, infatti, non sarebbe in grado di onorare i suoi debiti già nel futuro immediato, penalizzando proprio i bond 'corti'.

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Meglio un BOT o un BTP? - La prima domanda cui risponderemo riguarda l'investimento a breve termine, inferiore o uguale a dodici mesi. Entro quella scadenza il risparmiatore avrà a disposizione sia i BOT sia i BTP la cui scadenza è ormai prossima. Quale scegliere? A mio avviso i BOT sono da preferirsi. Se durante l'investimento si incasseranno delle cedole, infatti, queste finiranno probabilmente sul conto corrente e non potranno essere reinvestite a tassi 'decorosi'. La conseguenza di ciò è che il rendimento ex post del titolo subirà una decurtazione rispetto quello stimato ex ante che ipotizza, appunto, il reinvestimento dei proventi nello stesso titolo. I BOT, al contrario, non presentano questo problema. In quanto “titoli di puro sconto” la cui remunerazione è data dalla differenza tra quanto investito oggi e quanto incassato alla scadenza, reinvestono automaticamente gli interessi (anche se in modo figurativo). Da ciò segue che il rendimento ex ante del BOT sarà anche quello effettivo ex post, non essendoci elementi di disturbo quali il mancato reinvestimento delle cedole.

Il lettore attento potrebbe obiettare che se la vita residua del BTP è inferiore a sei mesi non ci saranno problemi di reinvestimento dei proventi. Il titolo pagherà, infatti, un'unica cedola alla scadenza comportandosi esattamente come un BOT. Rispondo a questa obiezione dicendo che è vera. Per durate così brevi, tuttavia, l'elevata incidenza delle commissioni di acquisto rende comunque sconveniente l'investimento in titoli di stato. Meglio optare per un normale conto deposito e non affrontare la questione.

La durata ottimale dei BTP - I BTP presentano rendimenti variabili a seconda della loro scadenza. Il legame che unisce la durata di un BTP con il suo rendimento è nota come “struttura a termine dei tassi di interesse” o “curva dei rendimenti”. Di solito essa è una linea inclinata positivamente, perché il risparmiatore accetterà di impiegare i suoi soldi in un titolo con scadenza lunga solo se otterrà una remunerazione superiore a quella ottenibile da un titolo a breve. Durante la recente crisi finanziaria, ed in particolar modo durante le fasi più acute della stessa, i BTP a breve rendevano di più di quelli a lunga scadenza. Il motivo risiedeva nella paura da parte degli operatori, di un default dello Stato che avrebbe costretto quest'ultimo ad allungare le scadenze dei titoli più brevi nell'impossibilità di avere i soldi per rimborsarli. Il caso Argentina è un precedente importante: tutti i titoli a breve termine (quelli che sarebbero scaduti già nel 2002 ad esempio) furono 'trasformati in bond con scadenza nel 2038. In questo scenario i BTP con lunga scadenza sarebbero stati i più sicuri, dato che era inimmaginabile un ulteriore allungamento delle durate.

Ma oggi?
- La differenza di rendimento tra BTP lunghissimi (scadenza 2040) e brevi (scadenza 2013) si aggira intorno al 2% annuo (QUOTAZIONI BTP). Di per sé la differenza di tasso non grandissima non 'stimola' l'acquisto di titoli a lunga scadenza. In condizioni “normali” anche io ho sempre sconsigliato di investire in BTP con vita residua superiore a 7 anni per non accollarsi eccessivi rischi di oscillazione di prezzo sfavorevole in caso di rialzo nei tassi di interesse.

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Ma oggi contravverrei a questa regola e correrei qualche rischio aggiuntivo posizionandomi su scadenze più lunghe. Il motivo non è l'eventuale protezione contro un default dello Stato, che continuo a ritenere improbabile, ma è piuttosto la volontà di approfittare di una situazione potenzialmente favorevole.
Se i tassi di interesse dovessero scendere (semplicemente perché si riduce il rischio Italia e lo spread con i bund si abbassa di conseguenza), i titoli con scadenza più lunga guadagneranno di più in conto capitale rispetto a quanto faranno quelli più brevi.

Dal momento che ad oggi è più probabile che i tassi scendano piuttosto che non vi siano ulteriori rialzi, diversificherei il mio investimento anche comprando BTP con scadenza più estesa, ad esempio 2023. In questo modo mal che vada porterò a casa un 6% annuo di rendimento fino alla scadenza ed un guadagno in conto capitale grazie alla vendita anticipata del titolo in caso di rialzo delle quotazioni. Il legame tra rendimento di un BTP e la sua vita residua è un pilastro fondamentale che il risparmiatore accorto deve conoscere. Ed è ben spiegato nell'investimento perfetto.


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Giacomo Saver

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