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Crescita economica Italia, tre leve per ricominciare

Pensioni, tasse e mercato del lavoro. Tre riforme necessarie a curare l’Italia, a rimmeterla in sesto per competere sui mercati internazionali

di Marco Delugan 21 set 2011 ore 10:01
Malata, e non da ieri. L’economia italiana fatica da tempo, e da tempo ha difficoltà a tenere sotto controllo i conti pubblici. La crisi attuale ha solo evidenziato i sintomi della malattia. Ma qualche carta in mano l’abbiamo anche noi. Ne abbiamo parlato con Roger Abravanel, ingegnere, manager e advisor di fondi di Private Equity, editorialista per il Corriere della Sera e autore di saggi sull’economia italiana. Ecco cosa ne è venuto fuori. Punto per punto.

Ciclo economico o crisi storica? - E’ una crisi storica. Non ho mai visto una cosa di questo genere in 40 anni, ha una profondità che per certi versi è simile a quella del ’29, anche se rispetto a quella crisi il sistema finanziario ha più strumenti per ridurre i danni. Ma la profondità e la gravita di quella che stiamo vivendo è immensa, basta vedere i dati di contrazione del Pil e soprattutto di indebitamento degli Stati. Per certi versi è una sorta di deja vu di quanto accaduto nel 2008, ma più grave perché allora i governi avevano maggiori possibilità di azione, adesso sono troppo indebitati, e non possono fare quasi più nulla.
 
Quali le cause? – Negli ultimi 30 anni abbiamo avuto, a livello mondiale, una crescita economica straordinaria però finanziata in gran parte dal debito. Il debito ha poi preso forme diverse: negli Stati Uniti era il debito delle famiglie, i mutui; in Europa sono i debiti dei governi e in parte, almeno in Italia, delle aziende. Da questa crisi si uscirà col tempo quando si sarà ridotto l’indebitamento. Ma la riduzione dell’indebitamento dei governi è una cosa molto complessa. E in più, in Europa, abbiamo il problema dell’euro che potrebbe anche spaccarsi, una questione politica e dipenderà dalle scelte della Germania, mentre per gli Stati Uniti la situazione è complicata dal fatto che l’economia americana non riesce, in questo periodo, a crescere e creare lavoro.

Come sta l’Italia - In tutto questo l’Italia è un malato particolarmente grave i cui malanni non vengono tanto da questa crisi, ma da molto più lontano. Già negli anni ’90 avevamo assistito a una crescita importante del debito pubblico italiano, e sono almeno 10 anni che la nostra economia non cresce. Questa crisi ha semplicemente fatto emergere la gravità della malattia. Abbiamo problemi strutturali, che tra l’altro sono anche una grande opportunità. Sono leve che possiamo utilizzare per risollevare l’economia, medicine per guarire il malato.

Prima leva, le pensioni - Allineando l’età pensionabile alla media dell’Europa l’Italia potrebbe risparmiare da 3 a 4 punti del Pil, che vuol dire 30/40 miliardi di euro circa ogni anno, l’equivalente di una manovra finanziaria. Ma c’è un secondo effetto importante dell’innalzamento dell’età pensionabile: una persona che lavora più a lungo fa crescere l’economia - perché l’economia vuol dire lavoro, reddito, consumi - e paga più tasse dando un contributo positivo al debito pubblico. Molti pensano che se una persona lavora per più tempo, toglie lavoro a un altro. E questo è uno degli errori più gravi, perché non è vero. Pensiamo all’economia americana che in 30 anni ha creato posti lavoro e lo ha fatto mentre la popolazione aumentava di un milione di persone. L’allineamento ridurrebbe inoltre l’enorme iniquità tra generazioni che tuttora esiste perché, andando avanti così, le prossime generazioni dovranno pagare, e tanto, per quelle che le hanno precedute. L’allineamento delle età pensionabile al livello degli altri paesi europei sarebbe la prima cosa da fare, e ci darebbe molta credibilità sia a livello politico che agli occhi dei mercati finanziari.

Seconda leva, l’evasione fiscale - Il secondo problema, ma anche la seconda opportunità che abbiamo, è l’evasione fiscale: 120 miliardi l’anno, con un debito complessivo dello Stato di 1800 miliardi. Se solo riuscissimo a ridurre l’evasione del 25% lo Stato raccoglierebbe tra i venti e i trenta miliardi l’anno. Parallelamente a questo, si potrebbe avviare una graduale riduzione delle tasse sul reddito per tutti.

Terza leva, il mercato del lavoro - Mentre lo Stato recupera parte dell’evasione fiscale e spende meno in pensioni, la mossa successiva dovrebbe essere la creazione di un fondo per i giovani, un fondo importante, da 10 miliardi di euro. Questo fondo dovrebbe servire come sostegno alla flessibilità dei giovani lavoratori. L’articolo 18 lo si lascia per i già assunti, ma se una azienda assume un giovane a tempo indeterminato e poi un giorno per questioni economiche non riesce più a tenerlo, lo può licenziare. Dal fondo che dicevamo, si paga al lavoratore un sussidio per un periodo consistente e la riconversione professionale necessaria per ricollocarlo. Una sorta di flexsecurity sul modello danese, ma riservata solo ai neoassunti.

Evasione fiscale, fondo giovani e dimensione imprese - Il valore della lotta all’evasione fiscale non si fermerebbe alla riduzione del deficit, ma innescherebbe meccanismi che aiuterebbero la crescita economica. L’economia italiana è fatta da tantissime piccole aziende che spesso sopravvivono grazie all’evasione fiscale. Aziende piccole, che restano piccole, mentre i posti lavoro sono sempre stati creati da aziende innovative che da piccole diventavano medie e poi da medie diventavano grandi. E rimangono piccole perché così riescono ad evadere più facilmente il fisco. Se poi si aggiunge l’articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori, che permette alle aziende con meno di 15 dipendenti di licenziare anche senza giusta causa, allora il gioco è fatto: le due cose assieme incentivano le aziende a non crescere. La lotta all'evasione fiscale, quindi, stimolerebbe la crescita dimensionale delle imprese eliminando quelle inefficienti e che stanno in piedi soprattutto grazie all’evasione. E la libertà di licenziare neoassunti, anche per le aziende con più di 15 dipendenti, con le protezioni appena viste, andrebbe nella stessa direzione.

Crescita imprese e ripresa economica - E’ molto importante far crescere la dimensione delle imprese, perché le potenzialità per agganciare la crescita mondiale ci sono, ma spesso le qualità italiane non riescono ad esprimersi proprio perché le aziende non hanno i muscoli per farlo. Il mito del piccolo è bello ci sta penalizzando moltissimo. Il Pil Italiano non solo dovrebbe crescere ai ritmi di quello tedesco, ma per farlo deve cambiare la sua composizione. Oggi in Italia solo il 3% del Pil è prodotto da aziende grandi, mentre in Germania la quota sale al 30%. Quindi, perché ci sia crescita, e sia solida, il nostro Pil dovrebbe provenire in percentuale maggiore da aziende più grandi rispetto a quanto avviene oggi.


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