BCE, ANCORA UN TAGLIO DI 25 PUNTI BASE!
Prosegue la politica di allentamento della politica monetaria della BCE. Il tasso sui depositi è stato ridotto dal 2,25% al 2%.
di Edoardo Fagnani 5 giu 2025 ore 17:07Gli argomenti
Prosegue la politica di allentamento della politica monetaria della BCE, dopo i sei tagli consecutivi decisi nelle riunioni del 12 settembre 2024, del 17 ottobre 2024, del 12 dicembre 2024, del 30 gennaio 2025, del 6 marzo 2025 e del 17 aprile 2025, a cui si aggiunge la sforbiciata del 6 giugno 2024.
Come nelle attese l’istituto centrale ha tagliato i tassi di interesse di 25 punti base; in particolare, il tasso sui depositi (il tasso mediante il quale la BCE orienta la politica monetaria) è stato ridotto dal 2,25% al 2%.
Nel corso della conferenza stampa a commento delle decisioni di politica monetaria, la numero uno della BCE, Christine Lagarde, ha precisato che la scelta del taglio è stata presa quasi all'unanimità, con un partecipante che non era a favore di questa decisione.
La presidente ha aggiunto di essere determinata a completare il mandato come presidente della BCE.
Le decisioni della BCE nella riunione del 5 giugno 2025
Il Consiglio direttivo ha deciso di tagliare di 25 punti base i tre tassi di interesse di riferimento della BCE. Pertanto, i tassi di interesse sulle operazioni di rifinanziamento principali, sulle operazioni di rifinanziamento marginale e sui depositi presso la banca centrale sono stati ridotti rispettivamente al 2,15% (dal 2,4%), al 2,4% (dal 2,65%) e al 2% (dal 2,25%). Le modifiche entreranno in vigore l'11 giugno.
L'istituto ha segnalato che la decisione di ridurre il tasso sui depositi presso la banca centrale (tasso mediante il quale il Consiglio direttivo orienta la politica monetaria) scaturisce dalla valutazione aggiornata delle prospettive di inflazione, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria.
I vertici della banca centrale evidenziano che l’inflazione si attesta attualmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo. "Nello scenario di base delle nuove proiezioni degli esperti dell’Eurosistema, l’inflazione complessiva si collocherebbe in media al 2,0% nel 2025, all’1,6% nel 2026 e al 2,0% nel 2027", ha segnalato il consiglio direttivo. La BCE ha aggiunto che le revisioni al ribasso rispetto alle proiezioni di marzo, di 0,3 punti percentuali per il 2025 e il 2026, riflettono principalmente le ipotesi di prezzi dell’energia inferiori e di un rafforzamento dell’euro. Gli esperti si attendono che l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare si porti in media al 2,4% nel 2025 e all’1,9% nel 2026 e nel 2027, sostanzialmente invariata da marzo.
La BCE ha segnalato che le misure dell’inflazione di fondo suggeriscono perlopiù che l’inflazione si attesterà stabilmente intorno all’obiettivo del 2% a medio termine perseguito dal Consiglio direttivo, considerando che la dinamica salariale, seppur ancora elevata, continua a mostrare un’evidente moderazione e i profitti ne stanno parzialmente assorbendo l’impatto sull’inflazione. "Si sono attenuati i timori che la maggiore incertezza e la risposta volatile dei mercati alle tensioni commerciali ad aprile avrebbero avuto un effetto restrittivo sulle condizioni di finanziamento", ha sottolineato il consiglio direttivo.
Il Consiglio direttivo resta determinato ad assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sul suo obiettivo del 2% a medio termine. Inoltre, nelle attuali condizioni caratterizzate da crescente incertezza, il Consiglio direttivo ha ribadito che l’orientamento di politica monetaria adeguato sarà definito seguendo un approccio guidato dai dati, in base al quale le decisioni vengono adottate di volta in volta a ogni riunione. In particolare, le decisioni sui tassi di interesse restano basate sulla sua valutazione delle prospettive di inflazione, considerati i nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria, senza vincolarsi a un particolare percorso dei tassi.
Infine, il Consiglio direttivo ha confermato di essere pronto ad adeguare tutti gli strumenti a disposizione nell’ambito del proprio mandato per assicurare che l’inflazione si stabilizzi durevolmente sull’obiettivo del 2% a medio termine e per preservare l’ordinata trasmissione della politica monetaria. Lo strumento di protezione del meccanismo di trasmissione della politica monetaria può essere utilizzato per contrastare ingiustificate, disordinate dinamiche di mercato che mettano seriamente a repentaglio la trasmissione della politica monetaria in tutti i paesi dell’area dell’euro, consentendo al Consiglio direttivo di assolvere con più efficacia il mandato di preservare la stabilità dei prezzi.
Le reazioni degli analisti alle indicazioni della BCE
Felix Feather - Economista di Aberdeen Investments - fornisce alcune indicazioni sulle possibili mosse della BCE nella seconda metà del 2025:
La Banca Centrale Europea ha deciso di ridurre i propri tassi di riferimento di politica monetaria dello 0,25%, portando il tasso sui depositi al 2%, livello che corrisponde alla nostra stima di neutralità. Questa decisione segna la fine di un periodo di politica restrittiva iniziato a gennaio del 2023. Il mancato raggiungimento dell’obiettivo del 2,0% di inflazione della BCE, la debolezza della domanda e il previsto shock negativo sulla crescita derivante dalla politica tariffaria statunitense hanno contribuito alla decisione di rimuovere ogni residua misura restrittiva dalla politica monetaria.
Riteniamo, infatti, che tali fattori possano indurre il Consiglio direttivo a procedere con un nuovo taglio dei tassi a settembre. Da questo punto in poi, lo scenario più probabile prevede un solo ulteriore intervento, che porterebbe il tasso sui depositi a un livello moderatamente accomodante dell’1,75%.
Detto ciò, la BCE sarebbe pronta ad agire in modo più deciso a sostegno dell’economia qualora il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, attuasse la minaccia di un dazio generalizzato del 50% sulle importazioni dall’UE. Tuttavia, le impugnazioni legali già in corso sulle tariffe esistenti, i progressi nei negoziati commerciali tra UE e USA e l’impatto potenziale sui consumatori americani rendono questa ipotesi poco probabile. Resta il fatto che l’attuale dazio base del 10% sta già penalizzando gli esportatori europei e potrebbe salire fino al tasso “reciproco” originario del 20% alla scadenza della pausa di 90 giorni prevista per luglio.
Paul Saint-Pasteur - gestore del Team Global Fixed Income di Payden & Rygel - non esclude che dopo questo taglio la BCE vada verso la fine del ciclo di riduzione tassi:
La Banca Centrale Europea ha effettuato il suo settimo taglio consecutivo dei tassi d’interesse, riducendo il tasso principale dello 0,25% al 2,0%. La decisione, motivata dal rallentamento dell’inflazione e dai crescenti rischi legati alle politiche commerciali degli Stati Uniti, accentua il divario con i tassi statunitensi, che restano superiori di oltre il 2%.
Sebbene il taglio fosse ampiamente previsto, le prossime mosse della BCE restano incerte. La presidente Christine Lagarde ha dichiarato che l’Eurotower si avvicina alla fine del ciclo di riduzione dei tassi, spingendo i mercati a ridurre le aspettative di ulteriori tagli entro l’anno. Il rendimento del Biennale tedesco è salito di 7 punti base, raggiungendo l’1,87%.
Nonostante la mossa odierna, la BCE ha mantenuto invariata la previsione di crescita per il 2025 allo 0,9%, rivedendo al ribasso quella per il 2026 all’1,1%. La Banca Centrale ha avvertito che un’escalation delle tensioni commerciali potrebbe frenare la crescita nel breve periodo, ma una risoluzione favorevole delle trattative e maggiori investimenti in difesa e infrastrutture potrebbero rafforzare la resilienza dell’Area Euro e supportare la crescita nel medio termine. Le tendenze dell’inflazione hanno sostenuto la decisione della BCE: a maggio, la crescita dei prezzi al consumo è scesa sotto l’obiettivo del 2%. Inoltre, l’inflazione dei salari e dei servizi, in forte aumento dopo la pandemia, sta rallentando, mentre un euro più forte riduce i costi delle importazioni, alleggerendo ulteriormente le pressioni inflazionistiche.
Al contrario, Michele Sansone - country manager di iBanFirst Italia - non esclude che la BCE vada verso un tasso terminale all’1,5%, in quanto le proiezioni confermano lo spazio per ulteriori tagli:
Il taglio dei tassi era ampiamente atteso, ma l’attenzione dei mercati si è concentrata soprattutto sulle nuove proiezioni dell’inflazione presentate dalla BCE, che indicano un calo significativo del tasso terminale entro un anno. In base alle stime aggiornate, l’inflazione è destinata a raggiungere l’1,6% nel 2026, principalmente per effetto del contenimento delle pressioni inflazionistiche legate al comparto energetico, in particolare al petrolio.
Il Consiglio direttivo ha confermato la propria determinazione a mantenere l’inflazione al di sotto dell’obiettivo del 2%, proseguendo nel percorso già delineato.
La principale fonte di ottimismo della BCE — in linea con la nostra analisi — risiede nella valutazione che la nuova ondata di protezionismo avrà un impatto contenuto sull’inflazione nell’area euro. L’analisi approfondita della dinamica commerciale condotta dalla banca centrale appare più rassicurante che preoccupante.
In sintesi, il contesto resta favorevole a un proseguimento del ciclo di allentamento monetario. Stimiamo un tasso terminale all’1,5% entro la metà del 2026.
Konstantin Veit - Portfolio Manager di PIMCO - ipotizza un ultimo taglio dei tassi di interesse nella riunione di settembre:
Nella riunione odierna la BCE ha ridotto il tasso sui depositi al 2%, un livello che dovrebbe rappresentare il punto medio di un intervallo di politica monetaria neutrale secondo la maggioranza dei membri del Consiglio direttivo.
Il tasso terminale prezzato dal mercato, pari a circa l'1,75%, sembra ragionevole e rimane coerente con una gestione ciclica nell'ambito di un intervallo di politica monetaria neutrale.
Le discussioni del Consiglio direttivo, da questo punto in poi, verteranno probabilmente sull’orientamento più appropriato da adottare in futuro e, in particolare, sulla necessità o meno di un orientamento decisamente accomodante per evitare che l'inflazione scenda al di sotto dell'obiettivo di stabilità dei prezzi nel medio termine.
Riteniamo che i rischi per le prospettive di inflazione a medio termine rimangano equilibrati, che la BCE vorrà preservare un margine di manovra convenzionale della politica monetaria e che mirerà a ridurre al minimo il rischio di dover invertire la rotta poco dopo aver raggiunto il tasso terminale.
Guardando alle riunioni future, nel nostro scenario di base prevediamo che la BCE manterrà i tassi invariati nella riunione di luglio e procederà a un ultimo taglio dei tassi a settembre. Probabilmente sarà necessario un quadro più recessivo affinché la BCE possa procedere più rapidamente e in modo più incisivo in questo ciclo di tagli.
Anche Valentin Bissat - Chief Economist/Senior Strategist di Mirabaud Asset Management - ipotizza un taglio dei tassi di interesse nella riunione di settembre:
Come previsto, la Banca centrale europea ha abbassato i tassi di interesse di riferimento di 25 punti base. La BCE rimane impegnata a seguire un approccio basato sui dati, valutando le prossime mosse di riunione in riunione.
Sebbene questo taglio fosse ampiamente atteso, è comunque significativo, in particolare perché un tasso di interesse del 2% è generalmente considerato un livello neutrale per l'Eurozona.
Nonostante l'assenza di una guidance sul futuro andamento dei tassi di politica monetaria, prevediamo che la BCE ridurrà ulteriormente il tasso sui depositi, che dovrebbe raggiungere l'1,5% entro la fine dell'anno, con un probabile nuovo taglio a settembre.
Questo orientamento verso una politica monetaria più accomodante è supportato dalle proiezioni economiche aggiornate della BCE. In particolare, l'inflazione dovrebbe scendere all'1,6% nel 2026 (vs il precedente 1,9%), ben al di sotto dell'obiettivo del 2% della BCE. Questa revisione è in gran parte determinata dal calo dei prezzi dell'energia e da un euro più forte, mentre permangono rischi al ribasso per la crescita. Notiamo inoltre un maggiore ottimismo riguardo la dinamica salariale. La crescita dei salari ha subito un forte rallentamento, e questo dovrebbe contribuire a rafforzare la tendenza disinflazionistica, in particolare nel settore dei servizi.