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Come proteggere i risparmi dall'inflazione

I Titoli di Stato indicizzati all'inflazione sono il modo migliore per proteggere i tuoi risparmi dall'erosione provocata da prezzi crescenti.

di Giacomo Saver 24 giu 2011 ore 11:50

Nelle sale operative degli intermediari finanziari circola un'ipotesi inquietante: sarà l'inflazione la tassa occulta che permetterà ai Governi di uscire dall'annoso problema del debito pubblico. Ecco perché un investitore prudente dovrebbe avere nel suo portafoglio una buona 'dose' di BTPi e di OAT€i a difesa di questo possibile nemico.

Quando pensiamo all'enorme debito pubblico italiano immaginiamo un default del nostro Paese, ossia la bancarotta dichiarata che, come un gelido temporale estivo, fredda i risparmi delle persone che vi avevano investito i frutti del proprio lavoro. Una simile evenienza, però, è da scartare. Perché rischiare tumulti popolari e una mezza rivoluzione quando è sufficiente stampare moneta per rimborsare i prestiti contratti? L'effetto collaterale di questa cura, apparentemente indolore, è la creazione di una fiammata inflazionistica da cui ci si può riparare in parte grazie all'utilizzo dei titoli indicizzati.

Le due tipologie più comuni di questo fantastico prodotto finanziario, i BTPi italiani e gli OATE€i francesi, sono molto simili nella sostanza. Si differenziano solo per l'ente emittente e per la periodicità con cui gli interessi sono corrisposti: semestrale per i titoli del Belpaese ed annuale per gli altri.

Come vengono calcolati gli interessi su BTPi e OATE€i
La caratteristica che accomuna questi due diversi strumenti è il particolare meccanismo con cui vengono calcolati gli interessi ed il capitale corrisposti. Si tratta di titoli a tasso nominale variabile, poiché ogni cedola è differente dalle altre in termini di importo, ma a tasso reale fisso. In parole più semplici, gli interessi pagati sono aggiornati continuamente sulla base dell'andamento dell'indice europeo dei prezzi al consumo, tabacco escluso. Mano a mano che i prezzi salgono lieviteranno anche gli interessi nella stessa misura, in modo tale che il potere di acquisto delle somme pagate rimanga costante nel tempo. Possiamo pensare ad un frutto pagato in natura. Ogni anno il risparmiatore riceverà il corrispettivo in denaro necessario ad acquistare un paniere di beni. Ad esempio, per semplicità, un netbook di ultima generazione. Mano a mano che i prezzi del prodotto cresceranno, salirà anche la somma corrisposta, in modo tale da continuare a permettere nel tempo l'acquisto del nostro mini pc.

Stesso discorso per quanto riguarda il capitale rimborsato alla scadenza del titolo. Esso sarà pari al valore nominale rettificato per l'inflazione 'maturata' dal momento dell'emissione sino al momento del rimborso stesso.


Ora è chiaro perché i BTPi e gli omologhi francesi sono strumenti molto potenti per proteggere i nostri risparmi. Il fatto che tutte le somme che essi liquidano siano collegate all'indice dei prezzi fa si che gli interessi corrisposti siano davvero un 'quid' liberamente spendibile. L'indicizzazione del capitale a scadenza, infatti, garantisce la protezione del valore reale dell'investimento. Per questo motivo i titoli indicizzati all'inflazione sono differenti dalle obbligazioni legate all'Euribor. Queste ultime pagano interessi variabili in conformità a un tasso di interesse e non di un indice dei prezzi. In seconda battuta l'indicizzazione riguarda solo le cedole pagate, mentre il capitale a scadenza resta costante.

Nel caso dei titoli agganciati all'inflazione, invece, sia il capitale a scadenza sia gli interessi sono parametrati al costo della vita. Naturalmente tale legame è indissolubile e viene mantenuto anche durante la vita del titolo stesso. Accade pertanto che se il risparmiatore volesse vendere i suoi BTPi o i suoi OAT€i prima della loro naturale scadenza percepirebbe comunque il 'rimborso' dell'inflazione maturata sino a quel momento.

Come funziona l’indicizzazione di BTPi e OATE€i
L'indicizzazione avviene grazie all'utilizzo di appositi coefficienti, che vengono moltiplicati per gli importi reali al fine di ottenere quelli nominali pagati all'investitore. Supponiamo, per fare un esempio numerico, che l'inflazione maturata dal momento dell'emissione del generico BTPi ad oggi sia del 9%. Il nostro titolo proprio in data odierna paga una cedola semestrale dell'1%. Se il titolo fosse un comune BTP a tasso fisso la somma da noi incassata, al lordo dell'imposta sostitutiva, sarebbe stata di 10 euro ogni mille di nominale detenuto. Ma poiché il nostro strumento finanziario è indicizzato, occorrerà moltiplicare tale valore per il coefficiente di indicizzazione pari, nel nostro caso, a 1,09. In questo modo la cedola sarà pari all'1,09% lordo. Se il semestre successivo il coefficiente sarà salito a 1,10 anche gli interessi saranno 'lievitati' nella stessa misura. Lo stesso procedimento si applica, naturalmente, per determinare il capitale a scadenza.

Il funzionamento dei titoli indicizzati all'inflazione è molto interessante e complesso allo stesso tempo. Comprenderli a fondo richiede uno studio approfondito, ma essere al corrente della loro esistenza ed efficacia nel tutelare davvero i nostri risparmi è indispensabile per chiunque voglia realizzare un investimento sicuro.

Giacomo Saver
http://www.segretibancari.com

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