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Come investire? Attenzione alla crescita reale

Dell’economia, ma anche dell’azienda a cui state pensando

di Marco Delugan 29 giu 2010 ore 14:47
Diversi sono gli stili di investimento finanziario. Ma per chi non vuole affidarsi a pratiche troppo rischiose, meglio fare attenzione alle reali potenzialità di crescita delle aziende, e delle loro economie, alla fase del ciclo economico in cui si trovano a operare.

Stili di investimento - Sapete padroneggiare le onde dei mercati finanziari come farebbe un surfer con quelle del mare? Bene, allora fatelo. Ma per chi non è avvezzo a pratiche di questo tipo, a rischiare tutti i giorni sulle montagne russe della borsa, meglio affidarsi a strategie più quiete, a ottiche di più lungo periodo, parametri più “riflessivi”. Una possibilità è quella di concentrarsi sulla crescita reale delle aziende – e dell’economia – e tentare di guadagnare partecipando a questa.

Prevedere la crescita dell’economia o di un’azienda è cosa molto difficile: tra scienza e arte, ma a volta sembra pura stegoneria azzecarci, o fortuna sfacciata, è una pratica dal fascino irresistibile, ma dai risultati a dir poco scarsi. Comunque sia, proviamo a mettere qualche punto di riferimento, concetti che aiutino a snebbiare un po’ lo scenario, a smarcarsi dal senso di totale incertezza che può cogliere i non addetti ai lavori.

La crescita economica – John Maynard Keynes l’economia l’ha descritta così: Y=C + G + (X-M) + I. Con Y che rappresenta la ricchezza complessivamente prodotta, C che rappresenta i consumi delle famiglie, G la spesa pubblica, X le esportazioni, M le importazioni, I gli investimenti delle imprese. Y, il reddito complessivamente prodotto dall’economia, dipende dall’andamento delle variabili che stanno alla destra del segno “=”. Esempio: se crescono i consumi, aumentano le vendite delle aziende, che impiegheranno più lavoro per produrre, investiranno in nuovi macchinari; e il tutto ritornerà poi a spingere consumi, lavoro, investimenti, eccetera…

In linea di massima consumo (C) e spesa pubblica (G) sono le componenti più grandi, ma anche le più stabili, nelle economie moderne. Le si può stimolare in diversi modi: detassazione, credito al consumo, spese militari, ma difficilmente si potranno attivare cicli sostenibili per queste vie. Più spesso accade che siano gli investimenti delle imprese e la crescita delle esportazioni ad attivare cicli economici di una qualche rilevanza.

E così, almeno in parte, si spiega la diversa velocità tra economie occidentali da un lato, e Cina e India, dall’altra. Mentre le prime tentano faticosamente di tenersi su un sentiero di crescita stimolando C e G, le seconde spingono con decisione su investimenti ed esportazioni.

Quindi, che fare per partecipare alla crescita economica dei paesi che la stanno vivendo? Certamente una buona diversificazione internazionale del portafoglio nei paesi dove è attivo il ciclo degli investimenti può dare buoni risultati. Attenzione, però: capita che mercati finanziari di paesi così detti emergenti dipendano fortemente dai capitali esteri, che possono volarsene via per vari motivi, e lasciar tutti in braghe di tela. Non solo: a volte i paesi in via di sviluppo hanno mercati finanziari poco evoluti, con regolamentazioni approssimative, e questo è un altro elemento di rischi
da considerare con attenzione.

Quindi: economie in crescita e trainate dal ciclo degli investimenti, con forte mercato interno e mercati finanziari abbastanza evoluti.

Il ciclo economico – Il timing dell’investimento è molto importante: la scelta di tempo, quando comperare e quando vendere. E qui entra in gioco il concetto di cliclo economico, il susseguirsi di fasi di crescita e fasi di contrazione economica. Perché la crescita reale di un’azienda potrà esserne condizionata.

Secondo il famoso economista Joseph Shumpeter i cicli economici osservabili si possono suddividere in tre categorie: di breve periodo, della durata di circa 3 anni; di medio periodo, dai 3 ai 9 anni; e di lungo periodo, che possono manifestarsi ogni due o tre cicli di medio periodo.

Ma quali variabili considerare, quali dimensioni dell’economia osservare per individuarli, magari in anticipo, e sfruttarli opportunamente per investire al meglio? Il sistema economico e finanziario è diventato via via più complesso col passare del tempo. Globali e interconnessi, sottoposti al potere di “mani forti” e agli effetti dei così detti “shock esogeni”, i mercati sono diventati sempre meno prevedibili, almeno per quanto riguarda il breve periodo.

Meglio concentrarsi, quindi, sul ciclo di medio periodo che di solito si svolge così: una fase di crescita che può durare 3 o 6 anni; una di recessione che può durare da 1 a 3 anni. Il termine "depressione" viene utilizzato per periodi di crescita negativa lunghi, dai 3 ai 5 anni; il termine "recessione" lo si usa per periodi di crescita negativa breve, dopo due mesi col segno meno. Senza avere la pretesa di dare indicazioni precise sul riconoscimento delle diverse fasi del ciclo, le principali variabili economiche si comportano generalmente così.

Fase di espansione

Domanda di beni e servizi in crescita
Crescente utilizzo della capacità produttiva
Comparsa di pressioni inflazionistiche
Tassi di interesse in aumento
Riduzione della disoccupazione

Fase di contrazione

Domanda di beni e servizi in calo
Riduzione dell’utilizzo della capacità produttiva
Riduzione pressioni inflazionistiche
Tassi di interesse in calo
Aumento disoccupazione

Ma basta seguire i dati macroeconomici per un po’ di tempo per scoprire che il loro andamento è molto meno coerente e lineare di quanto previsto dalla teoria. E’ anche bene tenere presente che la globalizzazione, la finanziarizzazione spinta dell’economia, le possibilità di intervento di Stato e autorità monetarie, rendono tutto più complesso da interpretare. Quindi: tenete presenti le indicazioni che avete appena letto, ma metteteci anche una buona dose di buon senso. Esempio: se la disoccupazione rimane alta, non credete a chi vi racconta che la crisi è finita!

La crescita delle aziende – Partecipare alla crescita vuol dire anche saper valutare la reale capacità dell’azienda su cui si investe di produrre valore, di generare dividendi e utili. Vediamo brevemente i punti principali.

La qualità del prodotto o del servizio offerto - Se un’azienda produce cose – o servizi – che il mercato desidera, e che si può immaginare desidererà anche in futuro, se lo fa secondo processi produttivi efficienti, accettabili secondo la legge, ma anche secondo la cultura del tempo - si pensi all’importanza che la questione ambientale ha assunto negli ultimi decenni, e anche a quella delle relazioni con i lavoratori nei paesi dove una multinazionale può andare a produrre – allora può essere una buona azienda su cui investire.

L’efficienza della gestione aziendale
- Uno dei parametri più adatti a sintetizzarla e l’Ebitda. Earnings Before Interest, Taxes, Depreciation and Amortization (Ebitda) vuol dire i guadagni dell’azienda calcolati prima di aver pagato o riscosso gli interessi della gestione finanziaria, di aver pagato le tasse, del calcolo del deprezzamento dei macchinari o della contabilizzazione delle rate dell’ammortamento. E’ il risultato della sua gestione caratteristica, del mestiere che fa, alla fine. A parità delle altre condizioni, che vedremo a breve, meglio scegliere un’azienda che ha un Ebitda più
alto. Ottimo, poi, per confrontare tra loro i risultati di aziende che operano nello stesso settore: chi ha l’Ebitda più alto, è più bravo.

La redditività dell’azienda - Vuol dire quanto guadagna chi vi ha investito i propri soldi. I parametri che si usano per misurarla sono il rapporto tra gli utili e il prezzo dell’azione; i dividendi distribuiti e il prezzi dell’azione; ma può essere importante conoscere la variazione degli utili per azione. Per capire questo si può usare il Cagr (Compound Annual Growth Rate).

L’equilibrio finanziario - E' l’indebitamento complessivo in rapporto con il patrimonio netto. Meglio evitare chi è troppo indebitato.


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Marco Delugan
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