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La vita dei documenti: quali conservare e per quanto tempo

Fatture, ricevute e dichiarazione dei redditi fanno parte di quel cumulo di documenti che ognuno di noi conserva. Ma ci sono delle scadenze oltre le quali diventano cartastraccia

di Francesca Secci 7 gen 2019 ore 17:20

Quasi chiunque ha un angolo della casa in cui ripone tutti i documenti di vario genere. Spesso vengono accumulati scontrini, ricevute fiscali, pagamenti dell’affitto, ricevute delle bollette, fatture, dichiarazioni dei redditi e così via. Ma qual è la loro vita media? Esiste un tempo massimo oltre il quale diventano superflui e si possono tranquillamente buttare? Naturalmente sì.

 

PERCHÈ LE FATTURE SI CONSERVANO

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Sebbene non ci sia nessuna legge che obblighi il soggetto a conservare tutti i documenti esistenti (tranne quelli che recano una scadenza e che quindi devono essere messi da parte), è consigliabile conservare per un certo periodo di tempo quella categoria di incartamenti nei quali rientrano gli scontrini, le fatture, le ricevute fiscali di avvenuto pagamento e così via.

In questo caso si ha una prova di avvenuto tangibile e immediata per qualsiasi accertamento fiscale.

In secondo luogo la conservazione delle fatture, per chi le riceve, è utile ai fini di detrazione o per qualche altro beneficio fiscale.

 

“VITA” DEI DOCUMENTI

Ci sono alcuni documenti che vanno sempre conservati, come ad esempio gli atti notarili di compravendita di un immobile, sentenze emanate da un tribunale di qualsiasi tipo, i diplomi scolastici o la laurea, i referti, gli atti di matrimonio o divorzio, ogni tipo di referto medico.

Ci sono documenti che si possono conservare circa 6 mesi, come le fatture e ricevute di ristoranti e alberghi.

Se il documento in questione non riporta delle scadenze, normalmente va conservato per tre anni:

  • Bollo auto
  • Fatture di fornitori, professionisti
  • Cambiali

Il tempo di conservazione aumenta a cinque anni per:

  • Ricevute relative a pagamenti di imposte
  • Bollette relative alle utenze domestiche
  • Multe: il termine di prescrizione di 5 anni vale solo per le violazioni accertate dalla polizia stradale o dai carabinieri (come ad esempio le sanzioni per eccesso di velocità in autostrada), mentre per quelle rilevate dal Comune, solitamente attraverso i vigili urbani, il termine di prescrizione è di 2 anni 
  • Affitto e spese condominiali
  • Dichiarazione dei redditi: la dichiarazione dei redditi deve essere conservata insieme ai documenti pertinenti per cinque anni. Se la dichiarazione invece non è stata presentata, il dipartimento delle imposte estenderà la possibilità di controlli fino a sette anni

Infine, le ricevute del pagamento del canone RAI, bollette relative a telefoni mobili ed estratti conto bancari hanno una durata più lunga di 10 anni.

Se si tratta di cartelle esattoriali pagate, il termine di prescrizione dipende dal tipo di tributo.

Per fare un esempio, se il pagamento si riferisce a IRPEF, IVA o Irap, è necessario conservare la ricevuta per dieci anni. Se si riferisce a tasse locali come Imu, Tasi e Tari, è necessario conservarle per 5 anni, mentre se si tratta di una tassa sui veicoli 3 anni.

 

COME RECUPERARE FATTURE E RICEVUTE

Se abbiamo bisogno di una ricevuta di avvenuto pagamento ma nel cassetto dei documenti non riusciamo a rinvenirlo, niente paura. Se il pagamento è avvenuto in banca occorre rivolgersi all’istituto di credito presso il quale si è effettuato il pagamento e richiedere la documentazione. È probabile che la richiesta del duplicato sia un servizio a pagamento.

Per consultare il pagamento avvenuto delle imposte, è sufficiente andare sul sito dell’agenzia dell’entrate, nella sezione cassetto fiscale. In questa sezione è possibile consultare i vecchi 730.

 

Foto: Poolphoto Stephan Schuetze/Bild Zeitung via Getty Images

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