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Quotazioni Btp, riassunto delle puntate precedenti

Breve storia del crollo della quotazione dei Btp, da luglio ad oggi. Le cause principali, le aggravanti, e le possibilità di evoluzione futura.

di Marco Delugan 3 ott 2011 ore 10:01
Debito alto e bassa crescita. Il rischio di fallimento della Grecia ad ammassare nubi sui conti d’Italia. Un Governo che fatica a trovare la strada. Breve storia del crollo dei Btp, raccontata da Giacomo Saver.

La timeline del crollo - All’inizio del 2011 molti si aspettavano una ripresa economica e una ripresa dell’inflazione, e questo ha provocato un rialzo generalizzato dei tassi di interesse. Le quotazioni dei Btp hanno quindi iniziato a scendere, soprattutto sulle scadenze lunghe. Poi il prezzo è rimasto abbastanza stabile per qualche mese. A luglio c’è stato il tracollo perché la speculazione ha attaccato in modo molto violento il debito pubblico italiano: sono state soprattutto vendite allo scoperto da parte di hedge fund, fondi che non hanno nessun benckmark da rispettare, non hanno nessun tipo di vincolo e quindi possono anche vendere allo scoperto, cosa che per gli operatori privati e anche per i fondi collocati in Italia non è possibile. Il prezzo dei Btp è precipitato, e così è salito il rendimento.

La speculazione ha avuto inizio dai grossi operatori e poi si è propagata come un’onda lunga anche al resto del mercato che, preoccupato dal possibile downgrade del debito italiano, che era già nell’aria, dall’allargamento dello spread tra il Btp e il Bund tedesco, dal trend che si era messo in atto, ha continuato a vendere i titoli del debito italiano. C’è stato un rimbalzo l’8 di agosto, quando la BCE è intervenuta comprando Btp e facendone risalire il prezzo, ma poi la discesa è continuata.

Speculazione all’attacco - Già da tempo erano stati identificati alcuni paesi, i così detti Piigs – Grecia, Irlanda, Portogallo, Spagna – caratterizzati da alto debito pubblico e bassa crescita e conseguente incerta capacità di ripagare il debito. Da questo gruppo l’Italia era stata tenuta inizialmente fuori perché non presentava dei grossi problemi di solvibilità. Poi la crisi della Grecia ha danneggiato anche l’Italia: se la Grecia viene lasciata fallire, si è pensato, allora è possibile che anche gli altri Stati in difficoltà simili avrebbero subito lo stesso destino. E tra gli altri Stati con problemi di debito e di crescita c’è anche l’Italia. Questo ha fatto cambiare la percezione delle cose, non tanto la realtà fondamentale, ma la percezione della stessa. E’ arrivata la paura, la paura si è trasformata in panico, e il panico si è tradotto in vendite massicce. A tutto questo si è aggiunta una crisi politica e molti hanno cominciato a pensare che il Governo non fosse in grado di fare le riforme strutturali necessarie per risanare in modo duraturo il debito.

Il ruolo della crisi greca - La questione Grecia è molto delicata, perché da un lato si dice che non deve essere lasciata fallire, perché le conseguenze sarebbero disastrose, d’altro canto un eventuale salvataggio potrebbe creare un “rischio morale”. Con rischio morale in economia si intende la possibilità che un comportamento scorretto possa diventare abitudine: più paesi potrebbero dire “benissimo, noi freghiamocene, non mettiamo a posto la finanza pubblica che comunque è un’operazione impopolare che vuol dire aumentare le tasse eccetera, tanto se dovesse mettersi davvero male le autorità monetarie e quelle europee ci salveranno.”

E se la Grecia fallisse? - Aumenterebbe la frangia di "euroscettici", soprattutto in Germania, di coloro che sono contrari al mantenimento della moneta unica. Di chi pensa, in estrema sintesi: “Ma noi paghiamo sempre per tutti? Allora, a questo punto, lasciamo che i paesi in difficoltà falliscano, lasciamo che ritornino alle monete nazionali, e al limite restringiamo l’euro a un gruppo di paesi virtuosi.” Ed ecco che l’Italia fallisce, così Spagna Potogallo e Irlanda, poi rischierà anche la Francia, come una serie di esplosioni a catena.

Cosa potrebbe accadere - Secondo me l’Italia non fallirà. Ma credo che sia necessario muoversi lungo due direttive: la prima è di politica monetaria: la BCE dovrà continuare a stampare moneta e acquistare titoli italiani. D’altra parte bisognerà comunque agire sulle tasse, manovre fiscali forti saranno una condizione per far si che la Banca centrale europea continui a comprare i titoli italiani. La situazione non è facile ma non è neanche drammatica. E’ inutile vendere titoli di Stato. Per ora sono stati pagati tutti, anche gli interessi. Adesso comprerei dei Btp.


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