Tobin Tax: 6 miliadi di euro l’anno per l’Italia
E’ questo il gettito che la tassazione sulle transazioni finanziarie potrebbe garantire all’Italia. Sarebbero 57 i miliardi a livello complessivo. Ma il caso Svezia suggerisce prudenza
di Carlo Sala 3 lug 2012 ore 11:03LEGGI ANCHE: Tobin tax, la tassa che infiamma l’Europa: sì, no, perché
Con aliquote pari allo 0,1% per azioni e obbligazioni e 0,01% per i derivati – ma le indicazioni dell’eurovertice, sulla falsariga di un provvedimento predisposto dalla Commissione europea, devono ancora essere formalizzate – la tassazione sulle transazioni finanziarie (Ttf) dovrebbe consentire un gettito complessivo di 57 miliardi di euro l’anno. Ma se le stime sono per loro natura aleatorie, il precedente storico non è di grande conforto: la Svezia introdusse una misura del genere nell’84 e registrò un gettito inferiore del 75% alle attese, tanto che 8 anni dopo la sua introduzione ritirò il provvedimento. Non a caso, all’eurovertice del 28-29 giugno la Svezia ha affiancato una Inghilterra preoccupata di non danneggiare la City nel fronte del no al Ttf.
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Londra, senza alcuna Tobin Tax, versa già all’erario 5 miliardi di euro prelevati sulle operazioni di Borsa. E infatti con motivazioni identiche a quelle inglesi anche Malta, Lussemburgo, Olanda e (più titubanti) Irlanda e Repubblica Ceca e Slovacchia si sono schierate per il no alla Tobin Tax (che nella sua versione originaria, lanciata giusto 40 anni fa dall’economista americano James Tobin, era limitata alle operazioni sui cambi valutari). Apripista del provvedimento su scala europea tanto con Nicholas Sarkozy che con Francois Hollande, la Francia prevede invece un gettito di soli 1,1 miliardi dal provvedimento che l’Hotel Matignon ha introdotto lo scorso febbraio, ma imputa tale risultato complessivamente scarso al fatto che a detta di tutti quel provvedimento è una versione estremamente blanda ed edulcorata di un’autentica Tobin Tax (da cui Oltralpe ci si aspetterebbe qualcosa come 8 miliardi di gettito): le obbligazioni sono state infatti esentate dal prelievo, per non penalizzare le emissioni di titoli pubblici.
La socialista greca Anni Podimata ha sostenuto che il Ttf sia in linea con le attese del 66% della popolazione dell’Unione e su questa base a maggio il Parlamento europeo ha approvato a stragrande maggioranza (487 sì contro 152 no e 46 astensioni) lo schema approntato lo scorso settembre dalla Commissione europea. Ma il provvedimento è passato, ora all’eurovertice, solo grazie alla disponibilità con cui i governi di Italia, Germania, Francia, Spagna, Polonia, Finlandia, Grecia, Austria, Slovenia e Belgio hanno assicurato quel quorum minimo di almeno 9 Paesi aderenti senza il quale la Ue non può varare misure neppure a efficacia ristretta (ai soli sottoscrittori). E il gettito che ne conseguirà è ben lontano da quell’ottimistica previsione di 450 milioni di dollari l’anno che la stessa commissione Barroso aveva stimato nel caso di un’aliquota allo 0,05% che nessuno si è sentito di mettere nero su bianco (nel documento poi votato a Strasburgo le aliquote sono appunto dello 0,1% e dello 0,01%).
Tra i derivati sfuggiranno alla nuova misura fiscale i Cds “nudi”: mentre negli Usa si ipotizza di sottoporli a una tassazione elevatissima (25%), la Ue lo scorso autunno li ha messi al bando a partire dal prossimo novembre come freno a uno degli strumenti finiti in prima fila sul banco degli imputati della speculazione.
Carlo Sala
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