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La rivoluzione del microcredito

Un meccanismo che viene da lontano. Si basa sulla fiducia e sulla responsabilità delle persone. Intervista a Vittorio Pelligra, autore del libro Microfinanza

di Massimo De Muro 9 lug 2013 ore 11:28
La microfinanza rappresenta una rivoluzione culturale più che economica, e antropologica ancor prima che politica. Intervista al professor Vittorio Pelligra, docente dell’Università di Cagliari, ricercatore di Economia politica.

Stiamo raccogliendo numerose adesioni e molti incitamenti a continuare. Si allunga la schiera di coloro che sono stufi di essere portati in giro per il naso, da questi "politicarioti" (crasi tra politici ed Escariota), che in questo momento di prolungata crisi, ancora una volta dimostrano di non voler fare l'unica cosa possibile: tagliare i costi dello stato. I "politicarioti" continuano a rimbalzare da una tribuna televisiva all'altra con fare prosaico e dire prosopopeico, che cosa si deve fare per uscire da questo pantano. E noi ancora più forte chiediamo, COME, deve arrivare uno di questi "pezzi da 40milaeuromese" e dirci COME pensa di fare, in quale modo un cittadino qualunque può andare in banca e ottenere un minimo di credito per poter lavorare. 

Un suggerimento arriva da un docente dell’Università di Cagliari, il professor Vittorio Pelligra, ricercatore di Economia politica e cofondatore di micro.Bo, Associazione onlus per lo sviluppo della microfinanza.

Professore, il problema principale delle piccole e medie imprese è il credito ed il rapporto con le banche. La mancanza assoluta e prolungata di liquidità ha praticamente inchiodato l’economia a tutti i livelli. Nel suo libro lei propone come soluzione quella del “Microcredito”. Come funziona?
Il microcredito è un meccanismo che viene da lontano, dal Bangladesh. Il suo inventore Muhammad Yunus il "banchiere dei poveri" e premio Nobel per la pace 2006 lo ha sperimentato con successo nel suo paese, dove milioni di famiglie attraverso le sovvenzioni del microcredito hanno potuto avviare attività economiche capaci di cambiare loro l’esistenza. Il suo funzionamento è semplice e facilmente riproducibile, perché non ha bisogno di contratti e regolamenti. Si basa sulla fiducia e sulla responsabilità delle persone che si uniscono per fondare un nucleo di microcredito.

In che senso?

Per poter accedere al microcredito non servono garanzie di buon pagatore o fidejussioni o garanti, basta formare un gruppo di almeno cinque persone, e stringere un patto di fiducia e assistenza tra questi. La banca stanzierà una cifra che può essere anche di 10.000 euro a testa, fissando il credito a tassi di mercato e avendo come garanzia l’assicurazione che tutti e cinque rispetteranno le scadenze. Se uno solo dei cinque viene meno all’impegno, manca nei confronti dell’istituto, ma prima ancora nei confronti dei suoi associati, che perderebbero per colpa sua il diritto al microcredito. Con questo meccanismo in molti paesi anche meno strutturati del nostro, si è riusciti a creare movimento economico là dove c’era solo il deserto economico.

E se prendono i soldi e scappano?
Le cifre concesse non istigano la mala coscienza, e poi condannano i loro colleghi all’esclusione tombale. Mi sembra che non ne valga la pena. E poi si deve tornare a promuovere la fiducia.

Esistono in Italia istituti che propongono questa soluzione?
Stiamo lavorando per questo, al momento ci sono alcuni istituti come le BCC che si stanno muovendo per cercare di utilizzare il denaro raccolto direttamente sul territorio, e stanno cercando di applicare il principio del microcredito.

Nel suo libro Microfinanza lei spiega come utilizzare questo meccanismo?
Si molto chiaramente, spiego che nella reciprocità, una relazione di sostegno può promuovere la fioritura delle potenzialità e non avvilire la dignità dei beneficiari. Su questo punto si gioca la sfida culturale del microcredito, sulla capacità di guardare al creditore come ad un potenziale partner, un alleato, non uno sfortunato da aiutare o, nel peggiore dei casi, un opportunista pronto a prendere il denaro e a scappare. Una sfida che - come illustra il volume in modo dettagliato - abbraccia la prospettiva della libertà e riconosce nel credito e nei servizi finanziari dei potenti moltiplicatori di opportunità, degli strumenti di inclusione sociale ed economica, dei promotori dell'intraprendenza e delle capacità umane.

Grazie professore, grazie per averci fornito un COME. Noi siamo stufi di sentire solo dei COSA. Tutte le persone dotate di una minima cifra cognitiva, ogni giorno possono fare elenchi interminabili di COSA si dovrebbe fare. Siamo pieni di COSA, e siamo alla ricerca, e daremo spazio e ascolteremo solo più a chi porterà dei COME. 

microfinanzaMicrofinanza
di ANDREONI A., PELLIGRA V.
editore il Mulino

GLI AUTORI
Antonio Andreoni, dottorando in Economia dello sviluppo presso l'Università di Cambridge, è stato co-fondatore di micro.Bo, Associazione onlus per lo sviluppo della microfinanza.

Vittorio Pelligra è ricercatore di Economia politica nell'Università di Cagliari. Tra le sue pubblicazioni: "Imprese sociali. Scelte individuali e interessi comuni" (Bruno Mondadori, 2008) e "I paradossi della fiducia" (Il Mulino, 2007).

Massimo De Muro

 


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