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Bikenomics: la crisi sconfitta dalle 2 ruote?

Più biciclette che automobili. Sono questi i dati di vendita relativi al 2012. E se la bicicletta potesse contribuire alla nascita di nuove attività economiche e di nuovi lavori?

di Erica Venditti 10 giu 2013 ore 11:58

Erasmo D’Angelis, sottosegretario al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, durante la 13-esima conferenza nazionale sul Mobility Management e la mobilità sostenibile a Bologna, presenta un dato davvero interessante: in Italia si vendono più biciclette che automobili.

Un fenomeno importante e di rilievo in quanto non si verificava da ben 48 anni, praticamente una generazione, ma non è del tutto corretto parlare di ritorno al passato, in quanto un tempo le famiglie che possedevano un’auto, considerata lusso, erano pochissime, oggi sembra invece un cambiamento di rotta, una volontà e forse anche una necessità. Già perché il tasso di penetrazione, ossia il numero di automobili presenti in circolazione nel nostro Paese, caso per altro unico in Europa, è pari al 62% sulla popolazione, conteggiando anche i neonati.

Il fenomeno è interessante per più aspetti, da un lato perché indica un cambiamento di stile e di abitudini degli italiani, determinati probabilmente, in buona parte, dalla crisi economica in atto che ha ridotto il potere di acquisto, portandoli di nuovo ad apprezzare le due ruote, e dall’altro perché segnala quanto sia diventato oneroso in Italia essere proprietari di un’automobile.

Per questa ragione il boom delle bici pare essere determinato non solo da una questione di convenienza ma da una necessità delle famiglie, che devono far quadrare i conti per arrivare alla fine del mese, e hanno deciso quindi di tagliare su carburante, ormai arrivato alle stelle, assicurazioni, tra le più care d’Europa, bollo, revisioni periodiche e parcometri. Tutte spese divenute insostenibili o comunque molto “pesanti” sul bilancio famigliare.

D’Angelis osserva che “Nelle nostre città è in atto una rivoluzione silenziosa sulle due ruote. C’è un vero e proprio boom dell’uso della bicicletta come mezzo di trasporto cittadino quotidiano, dovuto anche alla crisi, e per la prima volta in 48 anni la bici ha superato l’automobile come vendite: nel 2011 i veicoli immatricolati in Italia sono infatti 1.748.000 circa e le biciclette 1.750,000, nel 2012 i veicoli 1.400.000 e le biciclette 1.650.000“.

Molti Comuni – prosegue D’Angelis -, nonostante i tagli, “stanno incoraggiando la nuova mobilità urbana ecologica. Ma sono allo studio del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti anche misure innovative per incentivare l’uso della bicicletta e collegare sempre più le piste ciclabili sicure agli itinerari casa-lavoro-scuola, garantendo sicurezza stradale. E’ la strada giusta anche per aumentare la qualità dell’aria, la qualità della vita degli italiani, l’attrattività e la competitività delle nostre città uniche al mondo. Bisogna superare anche la storica debolezza della normativa di riferimento nazionale per la progettazione di piste ciclabili risalente al 1999 che presenta diverse lacune di tipo tecnico. E stabilire finalmente norme moderne di finanziamento di interventi per la mobilità ciclistica e quindi per la realizzazione di piste ciclabili recuperando risorse statali adeguate”.

La domanda pare sorgere spontanea, serviva davvero una crisi economica per far tornare gli italiani ad apprezzare la bici e dimenticare l’auto utilizzata ormai anche solo per comprare il pane sotto casa a 50 metri? Probabilmente sì.

L’Associazione dei Consumatori però teme, visto che il Governo di punto in bianco dopo la presunta decisione della Fiat di abbandonare l’Italia, sta promuovendo l’utilizzo delle biciclette a scapito quindi del settore automobilistico, che l’esecutivo possa decidere di fare cassa anche sulle due ruote.

Qualcuno ha già anche azzardato ad una possibile tassa di possesso e di circolazione della bicicletta, e conseguente assicurazione obbligatoria per il ciclista che il Governo prontamente s’inventerà per adeguarsi al nuovo mezzo di trasporto scelto dagli italiani.

Effettivamente il dubbio può subentrare, nel momento in cui sempre più italiani, esausti dalle spese eccessive, inizieranno ad eliminare le auto a favore della bicicletta, ipotesi non poi così remota visti i dati, e lo Stato inizierà ad incassare sempre meno soldi dal mercato automobilistico e dalle assicurazioni; dove potrà poi colpire gli italiani?

Se invece questo fosse evitato, siamo certi che la bicicletta in futuro potrebbe dare nuovo slancio all’economia, come?

La bicicletta, com’è già stato riscontrato ad esempio in America, non offre solo benefici in termini di salute o per la riduzione dell’inquinamento, ma offre anche un canale efficace in termini di contributo all’economia, soprattutto quella locale. In America è stato già infatti coniato il termine Bikenomics, derivante appunto dalle due parole inglesi bike, che vuol dire bicicletta, ed economics, economia.

Due le ragioni principali: la bici da un lato conduce, per le motivazioni ampliamente spiegate sopra, a risparmiare e quindi ad aumentare il reddito a disposizione delle famiglie per i consumi locali. In secondo luogo, è stato dimostrato che muovendosi in bici si apprezzano maggiormente i negozi vicini alla propria residenza, consentendo così il rilancio dei negozietti spesso “schiacciati” dai grandi supermercati.

Si pensi che in uno Stato medio-grande degli USA, il Wisconsin, uno studio parla di una bike economy, di un impatto economico, turistico in primis, della bicicletta, che da solo vale 1,5 miliardi su base annua per lo Stato.

Bicicletta in sintesi significa più denaro che resta nella comunità, meno soldi spesi per benzina, assicurazione e acquisto dell’auto, utilizzati invece per l’acquisto di altri beni o semplicemente per mangiare una pizza fuori casa, quei piaceri magari ormai dimenticati a causa delle ristrettezze economiche.

La bicicletta incoraggia le persone a fermarsi per guardare le vetrine, molto più di quanto non faccia l’automobile, anche perché è più semplice cercare parcheggio. Questo in sintesi quanto emerso da uno studio del Dipartimento dei Trasporti di New York, che afferma appunto che i ciclisti tendono a fare acquisti nei negozi locali più di una volta al mese, per questo, investire nella costruzione di nuove ciclabili significherebbe investire nell’economia locale.

E altri studi dimostrano come intorno a piste ciclabili di percorrenza più lunga possa nascere un indotto di piccole attività economiche, creando così occupazione e reddito.

Riuscirà l’Italia anziché tassare i ciclisti ad incentivare con la messa in costruzione e/o in sicurezza delle piste ciclabili un’economia, che davvero avrebbe bisogno di una spinta per ripartire?

Erica Venditti


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