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Eppela, il crowdfunding italiano

Arte, tecnologia, design, innovazione sociale. Eppela è un nuovo modo di trovare le risorse per realizzare idee imprenditoriali. Ma non solo.

di Marco Delugan 3 ago 2011 ore 09:58
Al punto di incrocio tra internet, comunità online, reti sociali e un modo diverso di fare economia, il crowdfunding si presenta come una nuova opportunità di raccolta di risorse per realizzare idee, dal design alla politica. Eppela è il primo progetto italiano in questo ambito. Ne abbiamo parlato con Nicola Lencioni, suo .

Cosa vuol dire esattamente crowdfunding?

Da crowd, folla, e funding, raccolta di capitali: il crowdfunding è un metodo di raccolta di risorse economiche realizzato tramite la rete internet, dalla “folla” legata ai social network. E’ un termine che in Italia è ancora poco conosciuto. Il problema principale, oggi, è farne capire le potenzialità al grande pubblico. Il primo esempio importante di crowdfounding è stato Kickstarter, una piattaforma internet nata nel 2004 negli Stati Uniti. Il massimo storico finanziato da Kickstarter è stato di 984mila dollari, non poco. Se poi prendiamo anche la campagna elettorale di Obama, allora arriviamo a cifre molto più alte. Obama è stato uno dei primi ad utilizzare un sistema di crowdfunding per la raccolta di fondi per una campagna elettorale.

E il progetto finanziato da Kickstarter cosa riguardava?

Riguardava una persona molto giovane, non raggiungeva i 30 anni, che aveva inventato un cinturino di orologio, senza orologio, per portare l’i-pod nano della Apple al polso. Invece della clip che si portava sulla camicia o sulla giacca, si sarebbe potuto utilizzare quel cinturino, che poi è stato chiamato i-watch. Il nostro eroe ha messo il suo progetto su Kickstarter, ha raccolto tonnellate di ordini, i finanziamenti necessari, ed è riuscito a realizzare la sua idea. Come avrai visto sul portale, uno non rischia nulla. Tu fai il progetto e lo proponi. Non hai un investimento di produzione, pre-produzione, stoccaggio, materiali, eccetera, ma dopo che hai raccolto la cifra minima necessaria hai l’obbligo di realizzare il tutto in poco tempo. 

Budget e data di scadenza del periodo di raccolta li stabilisce chi propone il progetto?

Quando un creativo ci presenta un progetto, lo esaminiamo assieme. Se va bene così com’è lo mettiamo sul portale, altrimenti lavoriamo col proponente sulla fattibilità, sulla cifra richiesta e sui tempi di raccolta fondi. E’ ovvio che se una persona vuole fare un cortometraggio cinematografico e chiede solo 500 euro, forse non ha idea di cosa vuol dire fare un girato. 

Fate una selezione dei progetti che vi arrivano?

Non tutti i progetti passano sul portale. Eppela è partito con una selezione di quanto arrivato nella fase di preparazione. Adesso stiamo faticando perché siamo un paese di creativi e ci arriva veramente di tutto. A volte è anche uno spasso. C’è chi ha inventato il Facebook per Milano, e chi vuol comprare la casa a Barcellona, e vuol dare in cambio le settimane di affitto omaggio a chi gli da un contributo, perché si è innamorato di una ragazza spagnola bellissima. 

E poi ci sono le ricompense per chi decide di contribuire a un progetto

Sì, ed è un passaggio molto importante. E’ lì che nasce veramente il sistema di crowdfounding, ed è lì che nasce quello che noi chiamiamo un nuovo mercato. E cioè la possibilità di mettere in atto uno scambio non esclusivamente monetario: non ti ridò i soldi con interessi, ti ridò delle altre cose, quello che tante volte non è acquistabile, “un pezzetto dell'idea da tenere con sé: un oggetto, un'emozione, un biglietto, un libro, un abito, un CD, un quadro, un DVD, un invito, un posto in prima fila...”, come è scritto su una delle pagine online di presentazione di Eppela

La community di Eppela partecipa alla definizione del progetto?

Sì. Chi da un contributo a un progetto ha il diritto di entrare nella pagina di discussione del progetto stesso. E quindi può mettere i suoi commenti, che sono visti dal creativo. Può anche scrivergli direttamente. Se si vede che su 50 donatori, 40 chiedono la stessa cosa, è ovvio che ci sarà un interesse da parte del produttore a far sì che questa richiesta venga accolta. 

Non c’è solo una raccolta di fondi, quindi, ma c’è anche una raccolta di idee

Più che una raccolta idee, una possibilità di ascolto. La community, o comunque l’interazione con il consumatore, sta alla base delle eventuali modifiche da fare prima di cominciare veramente a produrre. E’ come il focus group che le aziende fanno prima di lanciare un prodotto. Ascolti prima il mercato, e in funzione delle esigenze che esprime definisci meglio il prodotto. 

Come le è venuta l’idea di Eppela?

Ho letto un articolo su Kickstarter e sono rimasto folgorato. In passato ho fatto studi artistici e sono sempre stato a contatto con persone che avevano idee, ma non i soldi per realizzarle. Poi come imprenditore ho conosciuto le banche che se hai i soldi te li danno e se non li hai non te li danno. Così l’idea del crowdfunding mi è sembrata una grande opportunità per tutte le situazioni di questo tipo. Noi guadagniamo il 5% di quanto viene finanziato, che è irrisorio rispetto al lavoro che stiamo facendo oggi. Ma solo l’idea di ascoltare delle idee creative e vedere qualcuno che riesce a realizzarle, ci appaga tantissimo. Per ora è un secondo lavoro, anche perché abbiamo altre tre aziende e vediamo Eppela come un investimento a lungo termine. 

In Italia internet è ancora usato poco, può essere un punto debole per il progetto Eppela?

Sì, è usato poco, ma ci sono dei fatti che fanno pensare. Ad esempio siamo i primi utilizzatori dei tablet pc. Siamo i primi al mondo per acquisto di smartphone. La legge sulla privacy è stata cambiata e quindi il wi-fi dovrebbe decollare più velocemente. Però non usiamo le carte di credito e preferiamo usare il denaro contante. Siamo grandi utilizzatori dei social network, ma in maniera ludica, quindi Facebook e non Linkedin. Segnali contraddittori, di un sistema in evoluzione. Ma forse non è quello il punto. Mi spiego. Su Eppela abbiamo oggi una ventina di progetti, ma la maggior parte è fermo o ha raccolto cifre veramente piccole. E’ anche vero che siamo partiti da solo due mesi e non si può pretendere di fare chissà ché in così poco tempo. Però, quando diciamo ai creativi di fare un video, perché il video funziona meglio di un testo scritto per la presentazione di un progetto, oppure chiediamo la traduzione del testo in inglese perché internet ti permette di raggiungere anche persone al di fuori dei confini italiani, e ti senti dare risposte evasive, oppure vedi persone che hanno messo su Eppela un progetto interessante ma non hanno fatto l’auto promozione, allora capiamo che i vincoli maggiori sono lo spirito di iniziativa e la capacità di utilizzo dei social network. Un creativo americano mette un progetto su Kickstarter e il giorno stesso lo posta su Facebook e su tutti gli altri social network, sui propri blog, o apre un blog apposta, mette il proprio video su Youtube e incomincia una attività promozionale a costo zero, e spesso raggiunge risultati interessanti Questo atteggiamento in Italia ancora non c’è. 

Forse è troppo presto per fare un bilancio su Eppela, ma quali sono le sue impressioni sulle prospettive del crowdfunding in Italia dopo due mesi di attività?

Direi che siamo ancora indietro dal punto di vista culturale, come paese. In Italia manca un po’ lo spirito imprenditoriale. Manca l’allenamento a far muovere il cervello in maniera imprenditiva. Eppela potrebbe essere anche una piccola palestra che spinge a pensare a come fare per raggiungere i propri obbiettivi. Se la si capisce realmente, Eppela può essere una grande opportunità per i creativi italiani. Noi vogliamo il dialogo tra produttore e mercato potenziale. Vogliamo facilitare questo contatto, non solo la raccolta di fondi. Noi vogliamo che la gente sappia che da sola ce la può fare. Che si attivi per realizzare i propri sogni.

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