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Ancora in calo il credito al dettaglio. Aumenta il rischio Italia

Flessione di prestiti e mutui. Rischiosità in aumento, ma rimane sotto controllo

di Marco Delugan 17 lug 2009 ore 10:07

Crisi economica vuol dire soprattutto incertezza. E l’incertezza, in questi casi, fa coppia con il timore che le cose possano andare per il peggio.  Così si tira la cinghia, tutti, e anche le banche a loro modo lo fanno. I dati sul mercato del credito al dettaglio lo dimostrano: nei primi sei mesi di quest’anno la domanda di prestiti personali e finalizzati sono calati del 6% rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso; e in calo sono anche i mutui immobiliari, -23,4% le nuove erogazioni nel primo trimestre 2009, che mostrano però una timida ripresa negli ultimi mesi. Aumenta ancora il rischio creditizio. Resta però un punto a favore per l’Italia, e non piccolo: il rischio rimane basso, almeno in relazione alle principali nazioni avanzate. Ne abbiamo parlato con Enrico Lodi, Direttore di Credit Bureau Services di CRIF, società specializzata nei sistemi di informazioni creditizie, di business information e di supporto decisionale.

Quanto è aumentato, negli ultimi anni, il rischio creditizio in Italia e qual è il suo livello rispetto a quello degli Stati Uniti e di altri paesi europei?
«Rispetto a quanto è stato registrato in altri Paesi, in particolare in quelli anglosassoni, dalle ultime rilevazioni risulta che tutti gli indicatori di rischio relativi alle famiglie italiane, sia per i mutui sia per il credito al consumo, presentano un peggioramento rispetto al recente passato, pari ad alcuni decimali di punto. Ma anche sotto la pressione della crisi finanziaria ed economica, il rischio di credito in Italia conserva un profilo tra i migliori nei paesi avanzati: sia come valori assoluti, sia come trend di peggioramento».

Quali sono e come vengono elaborati gli indici di rischio creditizio?
«Per valutare la qualità del credito gli intermediari creditizi utilizzando diverse fonti valutative ed informative, alle quali ciascun intermediario applica le proprie politiche di credito. Tra queste vi sono anche le informazioni creditizie, che nel 95% dei casi circa si riferiscono comportamenti di pagamento regolari. In una misura assai modesta, circa il 5% dei casi, riportano comportamenti di pagamento non regolari, i quali vengono convenzionalmente classificati in questo modo: il tasso di insolvenza grave, ovvero il rapporto tra consistenza dei finanziamenti in insolvenza grave - da 3 a 5 rate scadute e non pagate - e totale delle consistenze; il tasso di insolvenza leggera, ovvero il rapporto tra consistenza dei finanziamenti in insolvenza leggera - 1 o 2 rate scadute e non pagate - e totale delle consistenze; il tasso di sofferenza, ovvero il rapporto tra consistenza dei finanziamenti in sofferenza  - almeno 6 rate scadute e non pagate - e totale delle consistenze; e il tasso di default, o tasso di decadimento, ovvero la percentuale in numero di crediti passati a default con 6 o più rate scadute o passati a sofferenza in 12 mesi rispetto al totale dei crediti in essere e non a default all’inizio di ogni periodo di riferimento».

Come sta andando il mercato del credito nei primi mesi del 2009?
«La crisi finanziaria e la fase recessiva tuttora in atto hanno contribuito a rendere ancora più prudenti i comportamenti degli italiani in merito all’assunzione di impegni finanziari e alla domanda di credito. Analizzando il trend complessivo del primo semestre del 2009, grazie all’esaustività e profondità del Sistema di Informazioni Creditizie di CRIF che raccoglie i dati relativi a 70 milioni di linee di credito, la domanda di prestiti personali e finalizzati fa segnare un -6% rispetto al medesimo periodo del 2008, l’andamento peggiore dell’ultimo biennio. Se infatti il confronto tra i primi 6 mesi del 2008 e lo stesso periodo del 2007 evidenziava ancora una tenuta, con una crescita zero, la differenza appare molto più significativa se si risale al confronto 2007 su 2006, che aveva segnato un +15%. In altre parole, gli italiani si comportano da “formiche” e non da “cicale”: vi è un parziale rinvio a tempi migliori della domanda di nuovo credito, e questo spiega in parte anche la flessione del credito erogato nel segmento retail registrata negli ultimi mesi. In ogni caso è bene sottolineare come il debito delle famiglie italiane in rapporto al reddito disponibile si sia ridotto dal 50% del 2007 al 49% nel 2008, confermandosi molto basso e pari a circa un terzo di quello osservato negli Stati Uniti e nel Regno Unito ed assai più contenuto rispetto al 76% della Francia, all’89% della Germania e al 123% della Spagna».

In che modo le famiglie italiane hanno riorganizzato la propria situazione debitoria per far fronte alla crisi?
«Gli italiani tendenzialmente adottano comportamenti razionali nel ricorso al credito, legati perlopiù a soddisfare esigenze familiari di una certa rilevanza. Il credito è inteso come un modo per anticipare i redditi futuri e per  sviluppare un progetto familiare come l’acquisto della casa, di un’auto,  di arredamento nuovo, e solo molto marginalmente come strumento per “arrivare alla fine del mese”. Inoltre si notano correlazioni significative con variabili proprie della morfologia della famiglia stessa - numero dei componenti, presenza di figli minori, numero di percettori di reddito- che contribuiscono a caratterizzare i bisogni di consumo e le decisioni finanziarie connesse. In questa fase congiunturale, persiste ancora un atteggiamento di prudenza da parte delle famiglie italiane, che preferiscono rinviare i propri acquisti e le correlate richieste di finanziamento. Prudenza che ha esercitato un impatto molto maggiore sulla domanda di prestiti, per la loro caratteristica di credito non legato a un investimento come invece è vissuto dagli italiani quello della casa,  relativamente ai mutui immobiliari. Per quanto riguarda i mutui, a partire dall’autunno 2008 sono aumentati i finanziamenti a tasso fisso anche se il variabile rimane la soluzione preferita. Inoltre, negli ultimi mesi sono risultate in calo le richieste di mutuo con finalità di acquisto di un immobile mentre sono in crescita le richieste di mutui di sostituzione. Per quanto attiene a prodotti più innovativi, come il consolidamento debiti e il prestito di liquidità, stanno sviluppandosi nel nostro Paese; la maturità delle famiglie italiane nell’essere “formiche” è di buon auspicio affinché questi strumenti non vengano male interpretati, come qualche volta emerge dall’esperienza anglosassone».

Il mercato del credito al dettaglio è fortemente legato all’andamento più generale dell’economia. Quando pensate che ci sarà una vera ripresa economica in Italia, e quando una ripresa del mercato creditizio?
«Solo i prossimi dati congiunturali potranno però dire quando potrebbe consolidarsi la ripresa economica, ed è molto difficile fare una previsione. Ad ogni modo, il recente ritorno alla crescita della domanda di alcune forme di finanziamento, in particolare di mutui, potrebbe essere interpretato come un indicatore di maggior fiducia e ottimismo da parte delle famiglie italiane, anche in termini di ripresa dei consumi. Sui prestiti, è invece assai improbabile che la ripresa della domanda da parte delle famiglie anticipi la ripresa dell’occupazione e la riduzione della cassa integrazione, più realisticamente li seguirà».

Marco Delugan
marcodelugan@soldionline.it

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