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Tassazione rendite finanziarie: gli effetti della riforma

Quando la nuova tassazione sulle rendite finanziarie sarà introdotta, ad essere penalizzati saranno soprattutto gli strumenti finanziari rischiosi e i bond a lunga scadenza.

di Giacomo Saver 25 lug 2011 ore 10:31
Il passaggio dal 12,50% al 20% di tassazione avrà effetti limitati sui portafogli dei clienti che hanno investito in obbligazioni.

La riforma della tassazione delle rendite finanziarie spaventa gli investitori in titoli di stato e in obbligazioni, che temono un'ulteriore sforbiciata ai rendimenti percepiti. Nella realtà dei fatti l'imposta non avrà effetti disastrosi se i titoli in portafoglio hanno una scadenza non troppo lunga, come suggerisco nella strategia spiegata nell'ebook l'investimento perfetto.

Per comprendere gli effetti della tassazione sulle attività finanziarie occorre fare una premessa e comprendere, in poche parole, come si 'forma' il prezzo di un'azione o di un'obbligazione. Poiché dal punto di vista strettamente finanziario un titolo non è altro che una successione di pagamenti distribuiti negli anni a venire, dato un tasso di rendimento richiesto dal mercato pari a r, il prezzo di uno strumento finanziario sarà semplicemente il valore attuale dei suoi pagamenti futuri (interessi o dividendi e valore di rimborso).

In formula avremo:

formula-valore-attuale


dove CFt è il flusso di cassa netto pagato dal generico titolo al tempo t, ed r il tasso di rendimento netto richiesto dal mercato. Ho sottolineato l'aggettivo 'netto' perché esso racchiude l'essenza del nostro discorso. Per non appesantire troppo i calcoli, prendiamo il caso di un'azione che per sua stessa natura è priva del valore di rimborso. Il suo prezzo sarà pari al dividendo netto D rapportato al tasso di rendimento r:

formula-valore-prezzo-azione

Ipotizziamo che il dividendo, prima della sua tassazione (o prima dell'inasprimento dell'aliquota) sia pari a 20 ed il tasso di rendimento sia dell'8%. Il valore di quell'azione sarà pari a 250 euro.

Ora l'introduzione dell'imposta (o la maggiorazione dell'aliquota esistente) altro non farà che ridurre il dividendo netto, mentre il tasso di rendimento resterà costante. Supponiamo che sul dividendo sia introdotta un'imposta del 20%. Il suo valore netto scenderà pertanto a 16 euro ed il prezzo dell'azione passerà da 250 euro a 200 euro, registrando un ribasso del 20% ossia pari alla stessa aliquota.

Questo fenomeno, noto in Scienza delle Finanze come “ammortamento del tributo”, avrà ripercussioni pesanti sulle azioni e sui titoli a lunga scadenza e a tasso fisso. Poiché il rendimento che il mercato richiede non sarà cambiato, una riduzione del flusso di cassa pagato dal titolo genererà una corrispondente riduzione del prezzo di mercato dello strumento finanziario che sarà tanto più marcato quanto più lunga sarà la vita residua dello stesso.

La prima considerazione da fare, quindi, è che a subire le maggiori conseguenze negative dall'incremento della tassazione saranno gli azionisti, gli investitori in fondi azionari ed in strumenti a lunga scadenza a tasso fisso che già avevano in portafoglio. Per un investitore “nuovo” che acquisti quegli stessi strumenti dopo la modifica della tassazione non cambierà nulla, perché il prezzo al quale egli effettuerà l'investimento sarà adeguatamente ribassato. Il mercato avrà ammortizzato, cioè annullato, gli effetti della tassazione.

La seconda considerazione riguarda la durata degli investimenti. Tanto più uno strumento finanziario è a lunga scadenza, tanto maggiori saranno gli effetti della tassazione perché:

-- 1) se il risparmiatore vende subito il titolo realizza una perdita consistente rispetto ai valori del giorno precedente la modifica del regime fiscale
-- 2) se detiene lo strumento finanziario per tutta la sua lunga durata residua, percepirà un tasso di interesse decurtato dall'imposta e quindi il suo rendimento effettivo alla scadenza ne uscirà “ferito”.

E veniamo al rimedio. Quando la nuova tassazione sulle rendite finanziarie sarà introdotta, ad essere penalizzati saranno soprattutto gli strumenti finanziari rischiosi e i bond a lunga scadenza. Il consiglio di limitare la durata residua dei titoli obbligazionari in cui si è investito entro il limite di 5/7 anni resta quindi più che mai valido.

Giacomo Saver
http://www.segretibancari.com

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