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Cinque domande sul rischio odierno nei fondi azionari concentrati

Con i mercati azionari in balia della volatilità che imperversa dalla Cina all’Europa, il rischio di gestione è diventato una priorità massima. Ma i portafogli concentrati superano la prova del rischio

di Redazione ABCRisparmio 30 lug 2015 ore 16:03

Di Mark Phelps, Chief Investment Officer—Concentrated Global Growth di AB-AllianceBernstein

I portafogli concentrati sono un modo molto diffuso di investire con forte convinzione nei titoli azionari. Tuttavia, molti investitori temono che focalizzarsi su un ristretto numero di azioni possa renderli più vulnerabili a un inasprirsi della volatilità. Queste cinque domande possono aiutare a stabilire se ciò sia vero.

1. Un portafoglio azionario concentrato è più vulnerabile a una correzione del mercato rispetto a un portafoglio diversificato?

Non necessariamente. Basandoci sulla nostra esperienza, e sugli studi accademici, riteniamo che i portafogli concentrati possano effettivamente attutire i danni derivanti da una correzione di mercato. Poiché i gestori di tali portafogli hanno molto di più da perdere rispetto ai gestori di portafogli diversificati qualora una singola azione registrasse una performance inferiore, essi tendono a focalizzarsi molto di più sul rischio guadagno delle singole quote investite e del portafoglio.

La nostra ricerca sulle strategie azionarie USA supporta questa tesi. Seguendo i criteri dello studio di Cremers e Petajisto* abbiamo scoperto che il gestore medio concentrato sugli azionari USA, che detiene non oltre 35 azioni in un portafoglio, ha subito meno perdite gravi rispetto ai portafogli diversificati nei mercati ribassisti. Questo ha reso più facile recuperare le perdite nella fase di rientro. Di conseguenza, le strategie concentrate hanno segnato maggiori rendimenti a tre anni rispetto alle strategie tradizionali attive e passive sul decennio oggetto di studio, mentre, durante i peggiori tre anni, i portafogli concentrati hanno subito cali minori rispetto agli altri portafogli attivi e passivi.

2. Perché un portafoglio concentrato non è più vulnerabile agli eventi imprevedibili di mercato?

I portafogli che detengono piccoli pacchetti di azioni hanno per definizione una active share molto alta e si discostano notevolmente dal benchmark. Si tratta di un aspetto positivo qualora brutte soprese facessero tremare i mercati.
Il benchmark espone gli investitori ai settori volatili, specialmente quando i mercati sono in calo. Per fare un esempio, il settore dell’energia e quello dei finanziari sono notoriamente instabili. Quindi, costruire un portafoglio che sia meno esposto a questi settori dovrebbe proteggere contro la vulnerabilità nei mercati in difficoltà.

Durante la crisi dei prezzi del petrolio, scoppiata l’anno scorso, un portafoglio diversificato con ponderazioni più vicine al benchmark molto probabilmente avrà una maggiore esposizione al settore dell’energia di un portafoglio concentrato. Mentre nelle attività finanziarie, secondo noi, molti titoli puramente bancari sono troppo rischiosi per un portafoglio concentrato, semplicemente perché è troppo difficile prevedere i profitti che sono legati alle incertezze del contesto futuro dei tassi.

3. Significa che un portafoglio concentrato rimarrà escluso da un forte recupero del settore?

È vero che a volte i settori volatili guidano il mercato, ma crediamo che nel lungo periodo sia meglio focalizzarsi su pochi investimenti selezionati che offrono strade alternative per acquisire un’esposizione selettiva a un recupero del settore. Per esempio, alcuni mercati finanziari o società di gestione patrimoniale hanno, secondo noi, un’intensità di capitale molto più bassa rispetto alle banche pure e, spesso, un miglior potenziale di rendimento determinato dalle tendenze contingenti dei loro settori.

Per ottenere risultati a lungo termine è più prudente focalizzarsi su azioni che hanno dimostrato di generare remunerazioni costanti nei periodi positivi e in quelli negativi, anziché rivolgersi a settori sovrappesati che sono maggiormente soggetti a instabilità.

4. Come si può gestire, con così poche azioni, il rischio geografico in un portafoglio globale?

Quando i gestori di portafogli concentrati si focalizzano soprattutto su azioni a tema specifico, è importante controllare l’esposizione a livello regionale. Le decisioni sulla scelta dei titoli devono inoltre assicurare che la somma delle parti di un portafoglio globale sia bilanciata e posizionata in modo appropriato in funzione del quadro macroeconomico.

Oggi gli USA sono avvantaggiati da una domanda relativamente forte mentre affrontano gli effetti nelle esportazioni di un dollaro forte. Al contrario, il Giappone sta deliberatamente indebolendo la propria valuta nello sforzo di dare un impulso all’economia e stimolare l’inflazione salariale. Un portafoglio concentrato può riflettere questi trend focalizzandosi soltanto su quelle società statunitensi esposte a una ripresa dei consumi con solida crescita dei profitti e sugli esportatori giapponesi che mettono in circolazione liquidità a vantaggio degli azionisti. Questo aiuta a creare una protezione valutaria naturale, senza usare derivati o vendite allo scoperto. Quando le valute si muovono un portafoglio concentrato può trarre vantaggio da tali dinamiche modificando la rotta attraverso pochi aggiustamenti strategici invece di smuovere grandi quantità di partecipazioni.

5. Qual è oggi il rischio maggiore di un portafoglio concentrato?

Il trambusto nei mercati cinesi e la recente escalation della crisi del debito Greco, aggravata dal timore di un contagio attraverso l’Europa, attualmente costituiscono i principali rischi per qualsiasi gestore azionario globale.

Tuttavia, siamo convinti che una delle maggiori sfide attuali per gli investimenti concentrati sia quella di trovare il modo di includere la protezione contro i ribassi, dati i movimenti di mercato cui abbiamo assistito all’inizio di quest’anno. I segmenti difensivi dei mercati azionari globali, quali i beni di prima necessità e le azioni di reddito, sono costosi, quindi potrebbero non essere così efficaci nel proteggere i risultati durante una fase ribassista. Nei portafogli concentrati, dove un ristretto numero di società difensive svolge un ruolo vitale nella gestione del rischio, questa situazione potrebbe intaccare gli ammortizzatori contro la volatilità.

Per risolvere il problema bisognerebbe individuare società difensive in crescita. Per esempio, riteniamo che le società di servizi per le imprese o le aziende fornitrici di beni primari abbiano valutazioni più interessanti in grado di offrire una crescita a lungo termine e una protezione contro i ribassi. Analogamente, privilegiamo azioni con una crescita solida e costante e che, in più, adottano una buona politica di restituzione dei profitti agli azionisti, rispetto alle azioni costose la cui caratteristica principale è quella di offrire reddito.

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.
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