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Come investire in un periodo di tassi crescenti

Una strategia di investimento obbligazionario per approfittare della futura crescita dei tassi di interesse.

di Marco Delugan 20 giu 2011 ore 14:53
Meglio le obbligazioni che le azioni. Preferire quelle a tasso variabile, ma una quota di tasso fisso è ancora utile. E durate finanziarie non troppo lunghe. E’ questa la ricetta di Giacomo Saver, consulente finanziario indipendente e collaboratore di AbcRisparmio.

Dottor Saver, a suo, parere i tassi di interesse continueranno a crescere?

Intanto farei una distinzione tra tassi ufficiali e tassi di mercato. I tassi Bce sono saliti e verosimilmente saliranno ancora, ma sono tassi ufficiali che vanno a impattare sui tassi a brevissimo termine come l’Euribor e su strumenti a scadenza di massimo un anno. Poi ci sono i tassi a più lunga scadenza che sono invece dettati dal mercato. E su queste durate non è immediato il legame con i tassi ufficiali. I tassi di mercato si muovono sulla base di aspettative. E in questo periodo si verifica un paradosso, e cioè che i tassi a scadenza più lunga di un anno sono già saliti. Detto questo non posso fare delle previsioni su dove andranno i tassi perché questo non lo sa nessuno. Posso dire, però, che vista la struttura attuale dei tassi sulle varie scadenze, è più facile che i tassi a breve salgano piuttosto che capiti il contrario.

Come investire in un contesto come l’attuale?

Secondo me in questo periodo è più che mai opportuno restare sul reddito fisso - obbligazioni a tasso fisso o variabile - e meno sull’azionario, perché aspettative di tassi in crescita possono avere effetti negativi sulle quotazioni di borsa, e le borse sono già a un livello di guardia, i trend vanno indebolendosi. E, restando sulle obbligazioni, meglio un portafoglio sbilanciato sul tasso variabile e meno sul tasso fisso: 60% tasso variabile e 40% tasso fisso. Come durata consiglio di stare sempre entro i 7 anni, perché andando ad allungare troppo le durate si assume un rischio di tasso: durate finanziarie troppo lunghe possono penalizzare in caso di vendita prima della scadenza naturale del titolo. E impensabile che un investitore privato tenga 30 anni un titolo in portafoglio, quello può farlo un investitore istituzionale. Stando invece su scadenze tra i cinque e i sette anni l’impatto della variazione dei tassi sui prezzi è abbastanza contenuto, e d’altro canto è un periodo anche abbastanza breve per il quale uno può anche aspettare la scadenza.

Come suddividere un portafoglio tra le diverse durate finanziarie dei titoli?

Sulla durata io utilizzo un parametro molto empirico. Suddivido l’importo che voglio dedicare ai titoli a tasso fisso in 5 parti uguali e poi lo investo su scadenze crescenti da uno a cinque anni. Così definisco un portafoglio non speculativo, che si auto liquida nel senso che ogni anno ne scade una parte che può essere reinvestita. Questo rispetto alla parte fissa. Rispetto alla parte variabile invece non credo ci siano problemi proprio perché i prezzi di questi titoli oscillano molto poco, e quindi anche in caso di vendita anticipata non si corrono grossi rischi. Quindi le obbligazioni a tasso variabile si possono prendere tutte a durata lunga - cinque o sette anni al massimo, comunque - soprattutto se sono indicizzate all’Euribor, che è un tasso molto reattivo alle mosse della Bce, e hanno quindi prezzi molto più stabili.

Meglio le obbligazioni indicizzate all’Euribor che quelle indicizzate all’inflazione?

Son due cose totalmente diverse. I titoli indicizzati all’inflazione riparano da un rialzo dei tassi causato da un rialzo dei prezzi, da una situazione in cui i tassi di interesse reali sono stabili, e una contemporanea situazione inflativa, di prezzi in crescita. Nel caso invece in cui l’economia si surriscaldi e la banca centrale dovesse aumentare i tassi reali, i titoli indicizzati all’inflazione prenderebbero una bella legnata.

Lei in questo periodo preferirebbe titoli indicizzati all’inflazione o all’Euribor?

Li preferirei entrambi. Nel senso che io vedo i titoli indicizzati all’inflazione come una sottocategoria dei titoli a tasso fisso, quindi quel 40% a tasso fisso si può suddividere ulteriormente, la metà tasso fisso - Btp, per capirci - e metà in titoli indicizzati all’inflazione. E l’altro 60% quasi tutto indicizzato all’Euribor e una piccola parte in Cct indicizzato al tasso dei Bot. Anche se il Bot è meno reattivo dell’Euribor, l’indicizzazione ai Bot è molto utile nel caso in cui dovessero esserci, come sta accadendo adesso per la Grecia, timori di un default dell’Italia, allora i tassi salirebbero alle stelle, perché si alza il premio per il rischio, e avere un Cct indicizzato ai Bot è meglio che avere un titolo agganciato all’Euribor.

Riassumiamo le indicazioni date da Giacomo Saver per un portafoglio obbligazionario adatto all’attuale fase finanziaria:

- 20% titoli obbligazionari a tassi fisso;
- 20% titoli obbligazionari indicizzati inflazione;
- 40% titoli indicizzati Euribor;
- 20% titoli indicizzati tasso Bot.
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