Per una rivoluzione fiscale
“Pour une révolution fiscale”, pubblicato in Francia nel gennaio 2011, ha raggiunto le 50.000 copie, un’enormità per un testo di questo tipo. Intervista a Enrico Minelli curatore dell’edizione italiana
di Massimo De Muro 30 gen 2014 ore 11:22Professor Minelli, perché l’impianto fiscale italiano si basa sul reddito da lavoro e impresa e non si tocca mai quello finanziario. Qual è il motivo storico?
Noi siamo un paese di manifatturieri, non disponiamo di materie prime e le dobbiamo acquistare a credito. Per trasformarle e farle diventare prodotti servono i capitali di cui non disponiamo o che le poche famiglie della finanza italiane non vogliono impiegare, per questo dobbiamo reperire il denaro sul mercato, quello straniero il più delle volte. A questo proposito dobbiamo rendere invitante e conveniente l’investimento nelle nostre industrie. L’unico metodo che conosciamo è quello di rendere le rendite finanziarie impermeabili alla tassazione.
Per quale motivo avete pensato di tradurre e presentare il libro “Pour une révolution fiscale” un testo tecnico di un economista francese agli sfiduciasti lettori italiani?
Questo libro è stato pubblicato in Francia nel gennaio 2011, e in poco tempo ha raggiunto le 50.000 copie, che per un testo di questo tipo è un’enormità. Ad aprile dello stesso anno il testo è stato messo sul sito www.revolution-fiscale.fr, e in meno di quattro mesi più di 300.000 persone avevano simulato la loro personale riforma fiscale. Questa scelta di informazione si è talmente allargata da aver costretto gli analisti, le parti politiche, le parti sociali e tutti i commentatori a prendere una posizione sulle tante proposte arrivate. Non so se le proposte sono diventate disegni di legge, ma sicuramente molti spunti sono arrivati e hanno colpito nel segno. Se anche noi riusciremo a far ragionare i nostri concittadini, è possibile che si riesca a creare una coscienza sociale simile a quella francese.
La disuguaglianza di trattamento fiscale all’interno dell’Unione Europea è stata amplificata dall’euro?
Nell’Unione Europea il rapporto medio tra tassazione e prodotto interno lordo (PIL) è attorno al 40% mentre nei paesi del nord Europa si raggiunge anche il 50%. Italia e Francia hanno aliquote che sono attorno al 42-44%. Purtroppo i servizi che offrono i paesi del nord Europa ai loro cittadini sono talmente tanti e di rara efficienza, da rendere la pressione sui redditi reali della persona più lieve rispetto ai paesi del meridione europeo. Il nostro debito pubblico, sommato all’alto costo che hanno i servizi gravati molte volte dalla corruzione, obbligano i dirigenti a richiedere aiuti aggiuntivi per poter garantire pensioni, sanità, istruzione ecc…
Avrebbe senso uscire dall’Euro?
Nessuno è in grado di dare questa risposta, sarebbe tutto nelle mani del mercato. Chi ipotizza catastrofi inflattive dovrebbe fare i conti con il fatto che non abbiamo più la possibilità di stampare moneta, e quindi di svalutarla per rendere più agevoli gli scambi e per immettere denaro liquido sul mercato. Queste operazioni normalmente vengono fatte per rendere più agevoli gli scambi con gli altri paesi. Tenga presente che noi non abbiamo problemi con la vendita all’estero, anzi è la nostra miglior risorsa. Come vede le due parti in commedia sono entrambe sostenibili e criticabili allo stesso tempo, quindi una previsione in questo senso avrebbe più o meno il peso che avrebbe una previsione economica fatta dal Mago Otelma.
PER UNA RIVOLUZIONE FISCALE
Un'imposta sul reddito per il XXI secolo
di Camille Landais, Thomas Piketty, Emmanuel Saez
tradotto da Massimo Bordignon ed Enrico Minelli
di Massimo De Muro
www.iltrovalibri.it
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