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IRPEF seconde case: sette esempi concreti

Alcuni esempi utili a chiarire i dubbi sulle modalità di applicazione o non applicazione dell’IRPEF per le seconde case. Perché a volte la legge non basta.

di Antonello Scrimieri 19 set 2014 ore 11:45

Secondo l’art. 9 del DL 23/2011 sulle seconde case sfitte va pagata, oltre all’Imu, anche l’Irpef. Più in dettaglio: chi possiede un immobile ad uso abitativo non locato, ubicato nello stesso Comune in cui si trova l’abitazione Principale e su cui già grava l’Imu, dovrà aggiungere al reddito imponibile Irpef il 50% della rendita catastale dell’immobile posseduto e non locato.  Ma la realtà è spesso più complessa di quanto rappresentato a livello legislativo. Per chiarire come vengono trattati dalla legge molti dei casi che almeno in parte sfuggono alla stringata definizione data sopra, abbiamo preparato sette esempi tratti dalla vita reale.

LEGGI ANCHE: Sulle seconde case sfitte si deve pagare anche l’Irpef

Primo caso – il più elementare: un contribuente possiede due immobili, uno destinato ad abitazione principale ed una seconda casa libera e sfitta, situati in due Comuni diversi. L’abitazione principale è esente comunque dall’IRPEF ed, essendo dimora, è esente anche dall’IMU o è assoggettata alla mini IMU. La seconda abitazione è soggetta ad IMU e non dovrà pagare l’IRPEF, in quanto è situata in un Comune diverso da quello dell’abitazione principale.

Secondo Caso – elementare: un contribuente possiede l’abitazione principale ed una seconda casa sfitta nello stesso Comune. Per le regole citate nel caso precedente per l’abitazione in cui abita non vi sono imposte, mentre per la seconda casa bisognerà pagare l’IMU, l’IRPEF e le addizionali su una base imponibile pari al 50% della rendita catastale rivalutata.

Terzo Caso – prestiamo attenzione: ora un contribuente possiede nello stesso Comune l’abitazione principale e un immobile concesso in comodato a un parente, ad esempio un figlio o ad un genitore. In questo esempio bisogna prestare attenzione alla scelta del Comune in materia di IMU.  Se il Comune per l’anno 2013 assimila gli immobili concessi in comodato d’uso ad abitazioni principali, questa seconda casa diventa esente dall’IMU ma di conseguenza sarà assoggetta all’Imposta sui Redditi delle Persone Fisiche sull’intera rendita rivalutata. Qualora invece il Comune abbia richiesto la mini IMU, l’immobile concesso in comodato tornerebbe a pagare l’IRPEF con la regola del 50% della rendita catastale rivalutata. Infine, come la regola generale vuole, se l’immobile sconta l’IMU come immobile a disposizione, l’IRPEF si applica sul 50% del valore dell’abitazione.

Quarto Caso – controlliamo le nostre conoscenze acquisiste: un contribuente possiede l’abitazione principale in un Comune e un altro immobile che viene concesso in comodato in un altro Comune. Se l’immobile concesso in comodato viene assoggetto ad IMU come seconda casa o a mini IMU se assimilato ad abitazione principale non si applica l’IRPEF essendoci IMU e mancando il requisito territoriale. Se invece il Comune, dell’immobile concesso in comodato, assimila suddetta casa ad abitazione principale esentando completamente il contribuente da IMU, il nostro contribuente dovrà pagare l’IRPEF sul 100% della rendita rivalutata dell’immobile concesso gratuitamente, in virtù dell’assenza della sostituzione IMU-IRPEF.

Quinto Caso – Caso chiarito anche dall’Agenzia delle Entrate: un contribuente risiede in un Comune in una casa non di sua proprietà, si potrebbe ipotizzare indifferentemente una locazione, o un comodato o semplicemente nell’immobile del coniuge. Lo stesso contribuente però è proprietario di un immobile vuoto in un altro Comune. Sulla seconda casa lui pagherà l’IMU ma non dovrà pagare l’IRPEF. La stessa regola vale se l’immobile fosse concesso in comodato d’uso, assimilato o non assimilato ad abitazione principale e fosse assoggetto a mini IMU o ad IMU. L’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che, anche nel caso in cui l’immobile concesso in comodato fosse assimilato ad abitazione principale e non assoggettato IMU, varrebbe l’esenzione ai fini IRPEF poiché non vivendo in una casa di sua proprietà, non ha usufruito di alcuna agevolazione prima casa e può tranquillamente indicare in dichiarazione dei redditi l’immobile come abitazione principale con la conseguente esenzione IPREF.

Sesto Caso – Controlliamo se abbiamo compreso il chiarimento dell’Agenzia: il nostro contribuente residente in un Comune, ma non in una abitazione di proprietà, è al tempo stesso proprietario di una casa sfitta sempre nello stesso Comune. L’immobile a disposizione paga l’IMU e di conseguenza non paga l’IRPEF. Per quanto detto nel quinto caso anche se l’immobile fosse concesso in comodato gratuito a un parente, prescindendo il trattamento IMU, varrebbe l’esenzione dall’IREPF in quanto l’immobile potrebbe comunque risultare abitazione principale del parente.

Settimo Casocittadini italiani residenti all’estero iscritti all’AIRE: il contribuente che possiede la doppia residenza e dispone di un immobile di proprietà in Italia pagherebbe l’IMU evitando così l’imposizione IRPEF. Qualora il Comune assimili l’immobile dei residenti all’estero ad abitazione principale, l’abitazione in questione diventa esente IMU venendo così a mancare l’effetto di sostituzione e divenendo obbligatoria l’IRPEF. In ultimo qualora l’assimilazione ad abitazione principale comportasse l’obbligo di pagare la mini IMU, il contribuente non dovrà più versare l’IRPEP per l’effetto sostitutivo.

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