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Pubblico, gran parola in cui nessuno crede

Un dibattito via web tra un nostro lettore, o lettrice, che si firma “Mari” e Alfonso Scarano, analista finanziario indipendente.

di Redazione ABCRisparmio 26 ago 2011 ore 14:11
Meglio la gestione pubblica di beni e servizi o quella privata? Non è facile rispondere perché è difficile trovare dati che dimostrino una delle due tesi in modo incontrovertibile, e perché spesso il dibattito si arena su pregiudizi ideologici che non aiutano. Di seguito vi proponiamo il risultato di un dibattito via web tra un nostro lettore, o lettrice, che si firma “Mari” e Alfonso Scarano, analista finanziario indipendente e membro del consiglio direttivo AIAF.

Alfonso, lei è senz'altro una persona intelligente e la ringrazio della sua nota che si scontra con la mia, ma sono aperto a capire e per questo la leggo con interesse. Però faccio fatica a capire come il pubblico possa essere meglio del privato quando non c'e' interesse personale, o forzatura dall'alto a spinta all'efficienza, la quale non c'e' perché anche dall'alto non c'e' interesse personale e così via.

Questa frase è oggettivamente contraddittoria e dunque non sta in piedi dal punto di vista logico.... quando si afferma che "quando non c'e' interesse personale", ovvero è falso per principio affermare che ci sia interesse personale e non ci possa essere un interesse oltre che economico anche di soddisfazione, autorealizzazione, sfida alle capacità personali e questo indipendentemente dal LUCRO. Apparirebbe, come se l'uomo - l'uomo cittadino - sia di fatto solo un ente telediretto da motivazioni bassamente venali o costrizioni esterne e non anche da complesse ed intime motivazioni personali. Come del resto la scala di Maslow teorizza da molto tempo. Non pare cogliersi un punto ben descritto nel ragionamento che invece era espresso chiaramente, ovvero che non sia "a priori" una gestione privata migliore di una gestione pubblica e che piuttosto la qualità delle due gestioni derivasse soprattutto dalla qualità e dalle motivazioni delle persone. Così veniva espresso questo concetto: " Il privato non è bello a prescindere, rispetto al pubblico. Anzi, il pubblico, dal punto di vista delle possibilità e nell’efficienza potrebbe avere meno svantaggi rispetto al privato, che invece ha molti più vincoli e molte meno economie di scala, volendo." Paradossalmente il "privato" soprattutto se posizionatosi in oligopolio tende a vivere ed a maggiormente sfruttare la rendita di posizione piuttosto che spingere verso l'efficienza del sistema complessivo... L'Italia ha mostrato con le sue privatizzazioni tutto il peggio che potesse capitare, o no? E allora, era meglio prima e pubblico o ora privato? e se vi erano o vi sono ancora opportunità per privatizzare, non è il caso di porsi delle domande piuttosto che dire - apoditticamente - che privato è bello e pubblico è male?

Il pubblico deve esistere per creare competizione continua così che gli indipendenti crescano sempre di più fuori dalla sfera di monopolio e oligopolio.

Il pubblico, inteso come potere pubblico, deve esistere per moderare e bilanciare le diseguaglianze per la migliore espressione dei cittadini e qui vale ricordare il terzo articolo della nostra meravigliosa costituzione: Art. 3 della costituzione italiana: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese." E va da se che l'azione del pubblico, inteso come politica del potere pubblico deve in primo luogo auto-moderarsi ovvero avversare la propria tendenza alla bulimia di potere.

A seguito il LUCRO legato all'efficienza dovrà essere la spinta maggiore della direzione.

Qui nasce un classico fraintendimento per eccessiva semplificazione e banalizzazione della questione che è invece delicata e complessa. Il "LUCRO" come fa ad essere "sic et sipliciter" ingranaggio della efficienza per dare una "direzione"? Va da se che l'efficienza o l'efficientamento dei sistemi di produzione crea margini, ma perché questi si realizzino occorrono investimenti e genio umano, ovvero creatività e professionalità. Ma in realtà, abbiamo epocale esperienza che l'efficienza di cui la globalizzazione è l'elemento oggi dominante si basa di fatto su dumping sociali ed ambientali e finanziari (leggi tassi di cambio tra monete). Se applicassimo fino in fondo e coerentemente la "filosofia neo-liberista globalizzata", allora l'Italia in presenza di dumping così enormi ed incolmabili è fallita da tempo e non ci sarebbe né possibilità di lavoro, né reddito, né - conseguentemente - né possibilità di consumi. E allora come la mettiamo? Occorre invece che la "direzione" sia coordinata in una attenta e sostenibile "politica economica" neppure a livello nazionale, ma in area euro a livello ormai europeo.

Come si fa a dire che il pubblico può essere meglio quando non è mai capitato (escludendo quelle situazioni economiche oppure obbligatorietà di proporzioni dove esistendo solo il pubblico non c'e' un raffronto col privato).

Pare banale affermare che aziende pubbliche sono esistite, eccome! L'IRI prima delle degenerazione partitica fu un sistema che salvò interi sistemi di produzione, e fu di fatto premessa delle basi per il boom economico del dopoguerra...Anche alcune grandi banche erano pubbliche, non ci si ricorda più. Prima della privatizzazione vi erano le BIN - Banche di Interesse Nazionale, e se facessimo una analisi minimamente approfondita del sistema bancario che fu e che è invece oggi rispetto allo sviluppo economico della nostra nazione, non si potrebbe arrivare alla considerazione che siamo in presenza di una degenerazione del sistema bancario in senso neo-liberista che sta soffocando l'economia reale? Tutto questo sfugge?

Se non è mai esistito non esiste! Non può essere solo una speranza! Come i Troskysti che credono che i mezzi della produzione in mano al pubblico sarebbero la risoluzione dei problemi del mondo! Ma se non è mai esistito non sappiamo se è vero! Oppure i religiosi che credono che se diamo via tutto diventiamo liberi, ma non si è mai vissuto, che ne sappiamo?

Questa frase è poco commentabile perché devia in partigianeria aprioristica infarcita di espressioni e luoghi comuni che sembra abbandonare la logica raziocinante e dialettica.

Quando nell'ambiente pubblico mi vedo una banda di sfigati che non lavora o lavora male.

Il fatto che sia purtroppo vero che spesso si incontrano queste situazioni di malgoverno della cosa pubblica, non ne può seguire logicamente che questo sia ineluttabile, ma che siano degenerazioni perfettamente combattibili, come qualunque degenerazione umana. E' perfettamente immaginabile che in un ente territoriale o in una municipalizzata si possa lavorare con altrettanta passione, stimolo, autorealizzazione che in una impresa privata. Tutto sta nelle persone e nella organizzazione e ... non secondario nella identità e cultura sociale e nelle aspettative e nelle motivazioni.

E che viene da bassezze culturali per cui non può lavorar bene allora mi girano le palle. E infatti me ne sono andato a Los Angeles dove un @#?*%$ come me è diventato il miglior consulente italiano di telecomunicazione: e quando dico un @#?*%$ credici!

Che dire, i miei complimenti! Ma il fatto di aver avuto fortuna e merito in un sistema, può escludere a priori fortuna e merito altrove?

Via il pubblico significa via più tasse possibili e questo significa ABBASSARE I COSTI INFRASTRUTTURALI DELL'ITALIA.

Non sorge neppure il dubbio che i costi possano al contrario aumentare, proprio perché le economie di scala non vengono sfruttate?

(che poi costruiti su servizi di basso livello sono pure una moltiplicazione rispetto alla media di altri governi già alta). Il pubblico fa questo: crea solo clientelismo perché è l'unico sbocco di Lucro personale! Pensaci! E qui ricomincia il ciclo!

Attenzione, qui c'è chiara la contraddizione... se la motivazione è, come scrivi: "crea solo clientelismo perché è l'unico sbocco di Lucro personale!", allora della stessa malattia - per principio - può essere affetto il privato, che del LUCRO. Parole precedenti da il senso logico all'azione di tutto. E il ciclo ricomincia, in realtà, sulla parola LUCRO e non altre... e che era all'inizio del ragionamento il fine ultimo, anche se legato alla "efficienza"... scrivevi infatti: "A seguito il LUCRO legato all'efficienza dovrà essere la spinta maggiore della direzione."

Scusa lo sfogo ma in Italia abbiamo mischiato rin@#?*%$ti alla gente in gamba e i rinco usano la legge della giungla e stanno distruggendo tutto.

In realtà quelli che chiami "rinco" sono l'effetto e non la causa e sono ben distribuiti dovunque, nel pubblico e nel privato. La causa va ricercata nelle motivazioni e nelle aspettative di una nazione... fatta come somma di aspettative di individui, in cui alcuni hanno molta più influenza di altri. E troverai anche molta impreparazione e rinco e clientelismo anche nelle imprese private. Morale. Non è una legge di natura che il pubblico è male ed il privato è bene. Ne convieni, ora?

Alfonso Scarano

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

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