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Come dichiarare i redditi prodotti all’estero

Regole in continua evoluzione. Ogni anno il legislatore apporta delle modifiche e delle misure più restrittive al fine di disincentivare l’uscita di capitali dal territorio italiano.

di Antonello Scrimieri 4 giu 2012 ore 10:23
Al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi il contribuente deve verificare la tipologia dei redditi posseduti nell’anno d’imposta. Tra le categorie di reddito previste all’art. 6 del D.p.r. 917 del 1986 (redditi fondiari, redditi di lavoro dipendente, redditi di lavoro autonomo, redditi d’impresa, redditi di capitale, redditi diversi) possono rientrare:

1) redditi esenti;
2) soggetti a ritenuta a titolo d’imposta o ad imposta sostitutiva;
3) redditi prodotti all’estero.
 
Il legislatore italiano oltre a dare definizione delle diverse categorie di reddito specifica quali redditi dover dichiarare e quando indicarli. Viene subito esplicitata l’obbligatorietà di inscrivere nel proprio modello di dichiarazione i redditi prodotti all’estero e le somme ivi depositate, anche se infruttifere.

Le norme sui redditi di provenienza estera sono in continua evoluzione e ogni anno il legislatore apporta delle modifiche e delle misure più restrittive su tali proventi al fine di disincentivare l’uscita di capitali dal territorio italiano.

Solitamente vi è un ricorso agli investimenti esteri da parte di contribuenti che tendono ad eludere il fisco e per non lasciare traccia di questi redditi li portano in zone a fiscalità agevolate; ma esistono anche risparmiatori che ricercando tassi più vantaggiosi spostano le proprie somme in zone differenti dall’Italia.

Per far emergere i redditi della prima categoria citata e per tutelare le somme dei secondi la norma vigente impone di compilare il quadro RW del modello UNICO per i soggetti che detengono somme all’estero.
 
Il quadro RW è un quadro non reddituale della dichiarazione annuale in cui devono essere indicati i dati relativi a determinate operazioni con l'estero, istituito dall'emanazione del d.l. n. 167 del 28 giugno 1990.

La sua finalità è quella di assicurare il controllo dei movimenti finanziari con l'estero e di contenere l'uso del contante, che non serve ai fini del calcolo del reddito imponibile ma solo ad evidenziare, ai fini fiscali, i dati inerenti alle seguenti operazioni:

1) trasferimenti da e verso l'estero di denaro, certificati in serie o di massa o titoli attraverso non residenti, senza il tramite di intermediari residenti;
2) investimenti all'estero o attività estere di natura finanziaria attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia;
3) trasferimenti da, verso e sull'estero che nel corso dell'anno hanno interessato gli investimenti all'estero e le attività estere di natura finanziaria.

L’ammontare dei trasferimenti effettuati nel corso dell’anno devono avere un importo non inferiore complessivamente a 10.000 euro.

Si ricorda che gli obblighi di dichiarazione non sussistono, invece, per le attività affidate in gestione o in amministrazione alle banche, alle SIM, alle società fiduciarie, alla società Poste italiane e agli altri intermediari professionali a condizione che i redditi siano riscossi attraverso l’intervento di un intermediario residente sul territorio nazionale.

Dovranno essere riportati gli investimenti, ovvero i beni patrimoniali collocati all’estero indipendentemente dalla effettiva produzione in Italia di redditi di fonte estera imponibili nel periodo d’imposta e attività estere di natura finanziaria ovvero quelle attività da cui derivano redditi di capitale o redditi diversi di natura finanziaria di fonte estera. Queste attività vanno indicate nella Sezione II del presente modulo in quando potenzialmente produttive di redditi di fonte estera imponibili in Italia.
 
Dopo aver indicato le somme e le attività di fonte estera il legislatore attraverso il quadro RM provvederà a far rientrare nella base imponibile i profitti e i proventi derivanti di queste attività, recuperando a tassazione somme non accertabili dalle Amministrazioni Finanziarie locali.

Relativamente ai redditi ed alle plusvalenze da indicare in questo quadro va tenuto presente il diverso trattamento tributario agli stessi applicabile a seconda che siano o meno conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali. Se percepiti nell’esercizio di imprese commerciali, le somme, sono di regola assoggettati a tassazione ordinaria e inserite tra le componenti finanziarie del reddito di impresa.

Se percepiti al di fuori dell’esercizio di imprese commerciali, le somme, sono di regola assoggettati a tassazione separata e vanno indicati in questo quadro, nei redditi relativi al periodo di imposta in cui sono percepiti.

Il contribuente ha, peraltro, la facoltà di optare per la tassazione ordinaria, barrando la relativa casella posta nella Sezione interessata. Così operando il contribuente in via autonoma ricalcola le imposte dovute, e pagherà le dovute somme all’Erario per profitti percepiti all’estero.

Antonello Scrimieri
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