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L'euro è uno strumento, una convenzione. Se non funziona si deve cambiare

La fine dell'euro è stata annunciata ancor prima della sua nascita. Martin Feldstein, dell'università di Harvard, scriveva già nel 1997 sulla rivista "Foreign Affairs" che una moneta senza Stato non può sopravvivere lungo

di Massimo De Muro 14 giu 2013 ore 15:26
In collaborazione con http://www.iltrovalibri.it/

La forte crisi economica che sta attanagliando e distruggendo la capacità di spesa delle famiglie italiane, ha trovato un capro espiatorio: l’Euro. Sino a poco tempo fa, chiunque esprimesse un’opinione che in qualche modo mettesse in discussione la sacralità della Moneta Unica veniva additato come blasfemo o profanatore del bene pubblico.

Oggi, dopo soli dieci anni la situazione è completamente cambiata, e le timide rimostranze di qualche economista prima considerato folle, stanno diventando dei cori che per forza vocale superano anche i polmoni dei Bersaglieri. Mai come ora l’Euro è a rischio implosione, senza una variazione sostanziale delle regole che ci legano alla moneta unica, che permettano ai cittadini degli stati debitori di allentare il clima di austerità in cui sono costretti a vivere, dal volere dei governi del Nord Europa o paesi creditori, la strada sembra segnata.

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Purtroppo sembrano molto limitati gli spazi di manovra entro cui ci si possa muovere per convincere i Paesi come Germania, Svezia, Norvegia a rinunciare a pezzi di sovranità. Questa divisione è percepita anche al di fuori del continente, e spinge gli investitori internazionali a spostare gli investimenti altrove. Questo a discapito anche dei paesi ricchi del nostro continente. Per assurdo questo fatto non convince i governati dei paesi rigorosi a modificare il loro atteggiamento in senso più collaborativo, ma li porta ad avere una visione ancora più drastica, portandoli a chiedere ancora più rigore nei confronti dei paesi meno virtuosi. Vien da pensare che lo strumento che ci siamo dati non funzioni, e quindi si traggano le conclusioni.

morire-di-austeritaMORIRE DI AUSTERITA'
L. Bini Smaghi
Democrazie europee con le spalle al muro

«L’austerità, decisa nell’emergenza, è frutto dell’incapacità dei sistemi democratici di affrontare tempestivamente, e con misure adeguate, i problemi che stanno attanagliando i paesi avanzati. La cura non è però efficace. Genera malcontento e alimenta forze disgreganti all’interno della società, favorendo la nascita di movimenti populistici e mettendo a rischio la democrazia stessa.»

La crisi ha prodotto effetti drammatici sul tessuto economico e sociale dei paesi europei. L’aspetto economico, pur rilevante, è solo il sintomo di un problema più ampio. La crisi è soprattutto politica. Riflette l’incapacità delle democrazie occidentali di risolvere problemi accumulati da oltre un ventennio. Chi è eletto democraticamente fa fatica a prendere decisioni impopolari che possono comprometterne la rielezione. L’emergenza diventa così il motore dell’azione politica e il modo per giustificare le manovre correttive di fronte agli elettori, con la conseguenza che la cura - tardiva e varata sotto la pressione dei mercati - diventa ancor più dolorosa e impopolare.

L'AUTORE Lorenzo Bini Smaghi membro del Comitato esecutivo della Banca centrale europea dal 2005 al 2011, è visiting scholar all’Università di Harvard e all’Istituto Affari Internazionali. Con il Mulino ha pubblicato «L’euro» (20094), «Chi ci salva dalla prossima crisi finanziaria?» (2000); con Rizzoli «Il paradosso dell’euro. Luci e ombre dieci anni dopo» (2008).

Massimo De Muro


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