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Ior, la banca del Vaticano

Cinque miliardi di euro il patrimonio gestito. La maggior parte fa capo a soggetti del mondo religioso. Ma non mancano zone d’ombra nei conti della banca vaticana

di Carlo Sala 19 giu 2012 ore 10:33
Ammonta a circa 5 miliardi di euro il patrimonio gestito dal Vaticano attraverso la sua “banca centrale”: l’Istituto Opere Religiose più noto come Ior. Per l’80% - secondo un analisi compiuta all’inizio di quest’anno dal Moneyval Committee del Consiglio d’Europa per appurare se l’istituto fosse utilizzabile da chi vuole riciclare denaro – il denaro gestito dallo Ior fa capo a fondazioni, ordini religiosi, conferenze episcopali, collegi e monasteri sparsi ovunque nel mondo sia giunto il cristianesimo.

Creato nel 1942 dal Papa Pio XII, lo Ior impiega attualmente un organico di 130 persone ed è guidato da un direttore generale, scelto tra professionisti del mondo bancario, e rende conto a un consiglio di amministrazione composto da cardinali. Situato in un Paese sovrano, la città del Vaticano, offre ai propri correntisti rendimenti annui molto interessanti: tra il 4% e il 12%, netti (perché lo Stato pontificio non ha tasse), anche se talora gli stessi correntisti possono essere chiamati a un obolo per quelle che sono le finalità statutarie per le quali lo Ior – che non ha fini di lucro e quindi non ha azionisti - è stato creato: sostenere le opere di carità della Chiesa cattolica, come decise dal suo capo, il Papa.

Per aprire un conto presso la banca vaticana occorre infatti essere un prete o una suora, un nunzio o un dipendente (anche pensionato) della Città del Vaticano. Trentatremila i correntisti (altre stime ipotizzano però che siano invece 44mila), tra di loro non figura il Papa: chi assurge al rango di Pontefice deve infatti spogliarsi dei propri averi terreni. Tra i laici, possono aprire un conto i diplomatici accreditati presso la Santa Sede e quanti abbiano ricevuto onoranze pontificie e siamo pertanto stati ammessi in quella che viene denominata “la famiglia del Pontefice”. La più parte dei correntisti, quasi metà (15.000) sono sacerdoti: 1.600 dei quali vescovi e 210 cardinali (anche Joseph Ratzinger aveva un suo conto, fino al 2005 quando da cardinale fu chiamato al soglio pontificio).  Forse perché, come diceva Indro Montanelli, mentre Alcide De Gasperi andava in chiesa per parlare con Dio, il Divo Giulio ne approfittava per parlare col prete, un conto Ior – si legge in “Vaticano Spa” (ed. Chiarelettere) di Gianluigi Nuzzi – risulta intestato anche ad Andreotti.  Un peccato quasi veniale, rispetto a quanto – secondo il Corriere della Sera – accertò un paio d’anni fa la Procura di Catania: attraverso lo Ior Antonino Bonaccorsi, fratello del boss Vincenzo condannato con sentenza definitiva per associazione mafiosa, era riuscito a «ripulire» 300mila euro di provenienza illecita facendoli depositare sul conto aperto dal figlio prete, don Orazio, presso lo stesso istituto vaticano.

Per distribuzione geografica la parte del leone la fa l’Europa: i correntisti sono per due terzi dell’Italia, seguiti da quelli di Polonia, Francia, Spagna, Germania. Ci sono poi 2.700 fondi di congregazioni africane e dell'America del Sud.  

Carlo Sala
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