La finanziaria dell’«altra economia»
E' di 94 proposte la Controfinanziaria si Sbilanciamoci!, presentata a Roma nei giorni scorsi. Un’alternativa alle politiche di austerity che si stanno attuando in tutta Europa
di Andrea Di Turi 30 nov 2012 ore 15:42I 29 miliardi dell’”altra” manovra
Anche quest’anno nei giorni scorsi Sbilanciamoci! ha presentato a Roma la sua Controfinanziaria. Dove trovano posto quasi un centinaio di proposte (94 per l’esattezza) su come rivedere la programmazione di entrate e uscite dello Stato. Nel complesso si tratta di una manovra da 29 miliardi di euro (anzi, 29 miliardi e 196 milioni di euro, a essere precisi, come riporta la tabella che chiude il documento).
Ma non è indirizzata solo all’Italia. Perché in realtà intende proporre un altro modo di affrontare la crisi rispetto alla politiche di austerity, succubi dei diktat dei mercati finanziari, che si stanno attuando in tutta Europa. E proporre un’alternativa all’insegna di concetti come: sostenibilità, equità, giustizia sociale, redistribuzione, diritti, cittadinanza, welfare, conoscenza.
Nelle 186 pagine del rapporto della Controfinanziaria, si respira la chiara denuncia dell’impossibilità di proseguire nella rincorsa alla crescita infinita. Quella della produzione di merci, dei consumi indotti da strategie di obsolescenza programmata, dello sfruttamento delle risorse naturali che sta già facendo pagare il conto in termini ad esempio di aumento degli eventi climatici estremi. Per cui uno dei messaggi di fondo è che serve, anzi, è indispensabile e urgente una decrescita, di ciò che è insostenibile, e una crescita di ciò che invece è sostenibile.
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Il cambio di rotta
Il rapporto si apre con la richiesta di un netto cambio di rotta. In molti sensi: cambiare rispetto ai dogmi del neoliberismo (franati clamorosamente con la crisi ma ancora tutti lì) e interrompere ricette che rappresentano una «cura da cavallo che sta uccidendo il cavallo». In particolare si punta il dito contro la speculazione sui mercati finanziari che, nonostante gli immani disastri che ha provocato, continua ad agire. «Si continua a lisciare il pelo ai
mercati finanziari, mentre bisognerebbe fargli il contropelo», dice il rapporto: più chiaro di così.
Si criticano misure come il Fiscal compact, ovviamente, che fissa impegni che per essere rispettati imporrebbero per anni all’Italia manovre lacrime e sangue che è difficile credere potrebbero essere sostenibili. Ma soprattutto ci si interroga sul tipo di sviluppo desiderabile, perché è chiarendosi le idee su quello che si possono definire le politiche conseguenti. E per questo si propone « la costruzione di un’economia diversa fondata sul lavoro, la qualità sociale e i diritti, la sostenibilità ambientale, i saperi» e si sottolinea come serva una «redistribuzione della ricchezza del 10% più agiato a favore del 90% della popolazione che soffre il peso della crisi». Più o meno le istanze di Occupy Wall Street.
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L’Italia non basta
Anche se il focus del rapporto è naturalmente sull’Italia, per un vero cambio di rotta è ormai alla prospettiva europea che occorre guardare. Per cui si analizza anche quello che l’Europa ha fatto negli anni della crisi e sta continuando a fare, per poi indicare una serie di direzioni che possono aprire «un’altra strada per l’Europa».
Ad esempio: ridimensionare la finanza, che «dev’essere messa nelle condizioni di non devastare più l’economia»; integrare le politiche economiche e armonizzare la fiscalità a livello europeo; aumentare l’occupazione, tutelare il lavoro, ridurre le disuguaglianze, perché «i diritti del lavoro e il welfare sono elementi costitutivi dell’Europa»; proteggere l’ambiente; difendere i diritti umani, anche attraverso una riduzione delle spese militari che in epoca di crisi e tagli sembrano ancor più esorbitanti (l’Europa con 316 miliardi di dollari nel 2010 è responsabile di un quinto della spesa militare nel mondo).
Come usare la spesa pubblica per i diritti, l’ambiente, la pace
Nell’ultima parte del documento, dopo una dettagliatissima analisi delle manovre e dei provvedimenti che hanno contraddistinto quest’ultimo anno di governo, e del contesto che si è dunque andato delineando, si indicano le principali misure proposte per cambiare rotta. Suddivise in cinque macro-aree: giustizia e legalità fiscale, ambiente e sviluppo sostenibile, disarmare l’economia e costruire la pace, welfare e diritti, l’impresa di un’economia diversa. Vediamo le misure principali.
Giustizia e legalità fiscale
Tassa sui milionari: come ha fatto Hollande in Francia, si propone un’aliquota Irpef del 75% sui redditi superiori al milione di euro. Gettito addizionale stimato: 1 miliardo e 400 milioni di euro.
Evasione fiscale: fra le misure di contrasto, la reintroduzione del reato di falso in bilancio. E anche il divieto di pagamento in contanti oltre i 300 euro.
Patrimoniale: 5xmille sui patrimoni superiori ai 500mila euro, con correzioni per la progressività. Entrate stimate per l’erario: 10 miliardi e 500 milioni di euro.
Rendite finanziarie: portare la tassazione delle rendite al 23%, «una soglia che accomuna i grandi paesi europei». Entrate stimate: 2 miliardi di euro.
E poi: tassa automobilistica sulle emissioni di Co2, misure fiscali che penalizzino il rilascio del porto d’armi, tassazione aggiuntiva su ville di pregio e castelli.
Ambiente e sviluppo sostenibile
Acqua e bene comune: un caposaldo, che richiama l’esito del referendum del 2011. Si propone di «ripristinare e incrementare a 100 milioni di euro il Fondo per la ristrutturazione e l’ammodernamento della rete idrica nazionale».
Messa in sicurezza del territorio: destinare in bilancio a questo scopo 1 miliardo di euro. Si fa presente come anche il ministro dell’Ambiente Corrado Clini abbia ricordato l’opportunità di un piano di investimenti pluriennale, con una cifra intorno ai 41 miliardi, con questa finalità. Riduzione stanziamenti grandi opere: si propone un cambio di logica, da quella appunto delle grandi opere alla «ottimizzazione delle reti esistenti e del loro uso». Si propone in particolare «la cancellazione del finanziamento di 2,7 miliardi di euro destinato dalla Legge di Stabilità 2013 alle grandi opere».
Mobilità sostenibile: 150 milioni di euro di stanziamento annui per una serie di strumenti come car sharing, piste ciclabili, piani urbani della mobilità. E 90 milioni per promuovere i veicoli elettrici e a metano.
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E poi: un piano nazionale per l’efficienza energetica nella P.A., estendere a tutte le fonti rinnovabili il meccanismo del conto energia, mettere fuori mercato i motori elettrici poco efficienti, spingere sui certificati bianchi (di efficienza energetica), adottare indicatori di contabilità ambientale, attuare la strategia nazionale per la biodiversità, demolire gli “ecomostri”.
Disarmare l’economia, costruire la pace
La riduzione delle spese militari è ovviamente un must: si parla di 4 miliardi di euro di risparmi solo dalla riduzione degli organici delle forze armate. Poi, ovviamente, lo stop ai contestatissimi F3 e la riconversione dell’industria militare a produzioni civili. Per pace e cooperazione internazionale, invece, si chiede un ritorno agli stanziamenti del 2008 (738 milioni) e il finanziamento del Servizio Civile Nazionale con 200 milioni di euro aggiuntivi che permetterebbero a 40mila giovani volontari di partire in servizio il prossimo anno. Infine: la costituzione di un istituto di ricerca nazionale, come hanno altri Paesi, su pace e disarmo.
Welfare e diritti
Qui il numero delle proposte è davvero molto elevato. Ad esempio: piano straordinario per gli asili nido, 2 miliardi di euro per il finanziamento del Fondo Nazionale per le Politiche Sociali e l’introduzione dei Liveas (Livelli essenziali di assistenza), sostegno all’edilizia residenziale pubblica, chiusura dei Cie (Centri di identificazione e espulsione), inserimento scolastico di bambini e giovani di origine straniera, misure contro il sovraffollamento delle carceri. E poi il capitolo sanità, a partire dal reintegro del Fondo Sanitario Nazionale con 1 miliardo e 500 milioni di euro, e quello su scuola e università (edilizia scolastica, borse di studio, alloggi universitari).
L’impresa di un’economia diversa
In quest’ultimo capitolo le proposte sono suddivise tra: lavoro, sviluppo economico, ricerca e altra economia.
Quanto al lavoro, si parla di stabilizzazione dei precari, sostegno ai redditi dei lavoratori, dei disoccupati, delle famiglie, una tassa sulla somministrazione di lavoro interinale per scoraggiarlo su periodi troppo brevi. Quanto allo sviluppo economico, i temi sono quelli del sostegno alla piccola impresa, specie nelle aree svantaggiate del territorio, e di un programma di piccole opere per il Mezzogiorno – sociali, ambientali, urbanistiche – contrapposto alle grandi opere.
Quanto alla ricerca, un’unica misura: sostenere chi assume ricercatori con lo strumento del credito d’imposta.
…e poi l’Altra economia
È la parte del documento che, forse, contiene le idee più capaci di futuro. Nel senso che sono quelle che delineano ambiti, modelli e iniziative tipiche di quella che viene chiamata l’altra economia, cioè un modo diverso di intendere e promuovere l’attività economica, attento al sociale e all’ambiente e non schiavo unicamente della massimizzazione del profitto di breve periodo che è stata fra le principali cause della crisi sistemica in cui ancora ci troviamo.
Distretti di economia solidale: programma pilota, da 15 milioni di euro, per creare 100 distretti di economia solidale in dieci Regioni italiane.
Orti urbani e Gas: altri 15 milioni di euro per sostenere orti urbani e Gruppi di acquisto solidale, per diffondere esperienze di approvvigionamento e distribuzione di beni di consumo primario.
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Sostegno alla finanza etica: si propone la deducibilità fiscale per soggetti che fanno finanza etica svolgendo l’istruttoria sociale e ambientale dei progetti economici da finanziare. Importo previsto: 20 milioni di euro.
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Fondo per l’agricoltura biologica: 60 milioni di euro, collegati alla predisposizione di un Piano d’azione per l’agricoltura biologica, «con lo scopo di incrementare la domanda di prodotto biologico da parte dei consumatori e di migliorare il sistema dell’offerta da parte dei produttori».
Fair trade e Social public procurement: incentivare l’inserimento di prodotti del commercio equo-solidale negli appalti pubblici di scuole, uffici comunali, ospedali e così via. 20 milioni di euro il costo previsto.
Incentivi alla produzione di legno eco-certificato: agevolazioni fiscali per imprese del settore legno e carta che utilizzino materia prima eco-certificata, proveniente dal recupero dei rifiuti, o che abbiano ottenuto certificazioni internazionali.
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Economia eco&equa: una serie di misure che comprendono ad esempio una politica solidale per le aree dismesse, la promozione dei prodotti sfusi e della piccola distribuzione, un utilizzo eco&equo delle terre demaniali, l’introduzione di “etichette parlanti” che informino i consumatori sulle caratteristiche di sostenibilità dei prodotti.
Andrea Di Turi
@andytuit
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