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“Cambiamo la finanza”: Banca Etica chiama la politica

Una petizione, cinque punti sui quali chiedere ai politici altrettante risposte. Magari da inserire nei programmi di governo. Per cambiare la finanza e l’Italia

di Andrea Di Turi 18 gen 2013 ore 11:32
Non è la “solita” agenda con cui leader e partiti politici e movimenti sono ormai usi elencare i punti principali del loro programma quando arriva il momento delle elezioni. Anche perché a proporla non è un soggetto che ha l’ambizione di raccogliere voti, bensì un istituto di credito.

LA BANCA PER LA FINANZA ETICA - Si tratta di Banca Popolare Etica, l’istituto di credito nato nel ’99 a Padova che ha fondato la sua storia sull’uso responsabile del denaro, la finanza etica, il sostegno a un modo di intendere le imprese (in primo luogo le imprese sociali) e lo sviluppo che dà importanza alla dimensione sociale e ambientale oltre che a quella economica.

L’iniziativa che la banca ha lanciato è una petizione, intitolata: “Cambiamo la finanza per cambiare l’Italia!”. Una serie di domande, queste sì rivolte a chi si candida a guidare il Paese nei prossimi cinque anni, sui temi che sono cari alla banca patavina, profondamente collegati allo scoppio, all’evoluzione e alle possibili vie d’uscita dalla crisi epocale in cui ci troviamo: i temi di un’altra finanza possibile, che sia davvero al servizio dell’uomo e di uno sviluppo sostenibile. Come la finanza dovrebbe in realtà essere, perché quella è la sua originaria e prioritaria funzione: trasferire risorse da dove sono in surplus a dove mancano ma servono. Non fare più soldi possibile nel più breve tempo possibile.

UNA FINANZA DIVERSA PER UNO SVILUPPO DIVERSO - Perché partire dalla finanza e perché chiedere alla politica? La risposta è semplice. E si può leggere direttamente sulla pagina web della petizione, che è anche richiamata sul blog di Banca Etica.

Il motivo è che sono state le «distorsioni di una finanza sempre più lontana dai cittadini e dalle imprese», si legge, a costituire la fonte principale della crisi scaturita nel 2007-2008. Per cui è dalla finanza che si deve ripartire per trovare le soluzioni alla crisi e soprattutto per impostare un modello di sviluppo che riduca per quanto possibili le patologie, i rischi di un sistema finanziario andato sostanzialmente fuori controllo.

Ma chi può rimettere in sesto la macchina che è andata fuori giri? Ovviamente la politica, le forze politiche, i governi nazionali e gli organismi di governo sovranazionali. Perché è proprio la politica che alla finanza speculativa «non ha saputo imporre regole trasparenti». Anzi, in anni e anni in cui è prevalsa l’idea che la deregulation fosse più efficace delle regole, la politica ha permesso per non dire incentivato la grande finanza a porre in essere le pratiche e i comportamenti che hanno inevitabilmente condotto alla crisi. (LEGGI ANCHE: Agire dal basso contro la finanza casinò)

CINQUE PUNTI - Una chiamata alla responsabilità: questa è in sostanza, per la politica italiana che si avvicina alle elezioni, la petizione di Banca Etica. Che si articola su cinque punti, sui quali chiede agli esponenti politici altrettante risposte. Magari da inserire proprio nelle “agende” di cui si diceva.

Tobin tax. Il presidente di Banca Etica, Ugo Biggeri, non ha certo fatto mistero che la Ttf-Tassa sulle transazioni finanziarie varata dal governo italiano a suo giudizio – ma anche la Campagna ZeroZeroCinque ha espresso praticamente la medesima opinione - non è stata soddisfacente  rispetto alle attese. Per cui la domanda è: chi si candida a governare, ci rimetterà mano? (LEGGI ANCHE: Tobin tax, la tassa che infiamma l’Europa: sì, no, perché)

Paradisi fiscali. Si sa che sono un po’ il “buco nero” della finanza mondiale. Il regno del riciclaggio di denaro sporco. La patria delle immense ricchezze che i “Paperoni” del pianeta lì depositano per sfuggire agli artigli del fisco, che almeno in parte con la tassazione le redistribuirebbe invece alla collettività. Ma se pretendere che siano i responsabili di governo di un solo Paese a rimuovere la bandierina dei paradisi fiscali dal planisfero è pura illusione, si chiede almeno a chi governerà in Italia se si impegnerà per ostacolare i capitali italiani che prendono la via dei paradisi fiscali. E per ridurre la presenza in quei lidi delle società controllate dal Tesoro. (LEGGI ANCHE: Cosa sono i paradisi fiscali)

Azionariato popolare. È una battaglia su cui Banca Etica ha già lanciato tempo fa una petizione che ha superato le 10mila sottoscrizioni: si chiedeva di de-tassare i piccoli risparmiatori, reintroducendo nel Ddl Stabilità (la legge finanziaria) l’esenzione dall’imposta di bollo per gli investimenti fino a 1.000 euro, per non penalizzare l’azionariato diffuso, bella e concreta dimostrazione di democrazia economica. La proposta ora viene rilanciata.

Etica & finanza. La ragione di esistere per Banca Etica: coniugare finanza ed etica, praticare quella finanza etica che ancora per troppi, al di là di ogni evidenza, equivale a un “ossimoro”. E invece è una realtà che funziona, se le banche etiche, non solo in Italia, sono state capaci di ottenere performance di tutto rispetto proprio negli anni della crisi. Allora la domanda è: proseguendo magari sulla strada avviata esentando i fondi etici o Sri (socialmente responsabili) dall’applicazione della Tobin tax italiana, si farà qualcosa per farla crescere, questa finanza etica, a cominciare da una definizione normativa che finalmente la riconosca? E ci sarà l’impegno a separare l’attività di banca commerciale dall’attività di trading? Si ricorda che su quest’ultimo punto ci sono gli auspici anche di «autorevoli commissioni indipendenti». (LEGGI ANCHE: La Finanza Etica in otto passi)

Basilea per il sociale. L’ultimo punto, si va un po’ sul tecnico. Si chiede un impegno a rivedere i famosi accordi di Basilea, quelli che fissano i requisiti patrimoniali per le banche. In modo che non vengano con essi penalizzate – guarda caso – proprio le banche etiche e cooperative, cioè quelle più vicine alle imprese sociali e a quel Terzo settore che dal sistema bancario viene tradizionalmente guardato con sospetto e soprattutto poco ascoltato e compreso. Anche qui si sottolinea come vi siano rapporti ufficiali prodotti dalla Ue, nello specifico il rapporto Liikanen, che promuovono questo tipo di banche per la loro capacità di risposta alla crisi.

LA DOMANDA CHE VIENE DA WEB - Arriveranno le risposte? Lo si saprà nei prossimi giorni e settimane che ci separano dalla tornata elettorale. Già ora si può però dire una cosa: che la petizione di Banca Etica, lanciata solo pochi giorni fa, sta riscontrando un successo importante, essendo già stata sottoscritta online – al momento in cui questo articolo viene pubblicato – da oltre 4.600 persone. È la domanda per una finanza più etica e al servizio dell’uomo che viene dal web.



Andrea Di Turi
@andytuit

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