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Titoli indicizzati: caratteristiche e rischi

I titoli indicizzati sembrano essere la panacea per tutti, perché il loro interesse si adegua continuamente alle nuove condizioni di mercato. Ma presentano delle criticità che è bene conoscere.

di Giacomo Saver 14 lug 2011 ore 14:14
Quando si parla di indicizzazione si intende un'obbligazione o un titolo di stato che paga i propri interessi (ed eventualmente il capitale alla scadenza) in base all'andamento di un parametro o indice finanziario semplice quale, ad esempio, il tasso euribor o l'indice dei prezzi al consumo. Dopo aver esaminato ognuno dei due principali tipi di indicizzazione, andremo a fondo sui loro difetti e potenziali rischi.

Indicizzazione finanziaria

Il meccanismo sulla cui base un bond corrisponde interessi variabili può essere di tue tipi: finanziario o reale. Nel primo caso ad essere coinvolte saranno solo le cedole pagate durante la vita del titolo, il cui valore sarà uguale a quello di un parametro finanziario maggiorato di un “quid” che in gergo tecnico è definito spread. Fanno parte di questa categoria i CCT, i cui interessi sono pari al rendimento dei BOT semestrali maggiorati dello spread, i CCTeu le cui cedole variano in base al tasso Euribor e molte obbligazioni private. Il vantaggio di questi strumenti consiste nella variabilità degli interessi, che sono sempre in linea con quello che il mercato offre nel momento del pagamento. A differenza dei titoli a reddito fisso, i bond indicizzati permettono di adeguare la remunerazione offerta al risparmiatore sulla base dei tassi di mercato a breve termine. Per questa ragione il loro prezzo di mercato è più stabile, a parità di durata, di quello di un bond a tasso costante che, non potendo modificare la remunerazione periodica offerta, subisce oscillazioni di prezzo piuttosto violente in entrambe le direzioni, a seconda del movimento dei tassi di mercato.

Oltre alla considerazione ovvia che i titoli ad indicizzazione finanziaria generano interessi modesti durante le fasi di ribasso nei tassi di interesse, essi presentano due rischi “nascosti”.
-- 1) Alcune emissioni non pagano alcuna maggiorazione rispetto al parametro di riferimento. Ci sono, ad esempio, dei bond privati che liquidano gli interessi al tasso euribor “pulito”. Ci sono anche delle obbligazioni bancarie che addirittura offrono uno spread negativo, ossia rendono di meno del parametro finanziario cui gli interessi stessi sono agganciati. Per questo è opportuno informarsi bene e valutare caso per caso l'acquisto con estrema attenzione, perché anche all'interno di una categoria di investimento “sicura” si celano delle trappole. Un attento esame delle condizioni è però sufficiente a stanarle, anche in assenza di una cultura finanziaria approfondita.
-- 2) Le cedole sono agganciate ai tassi di interesse a breve termine. Poiché non esiste un unico tasso ma una “scaletta” di tassi rapportata alla durata dell'investimento, difficilmente i rendimenti di un titolo a 8 anni e quelli di un titolo con durata biennale coincideranno. Senza scendere in profondità di questo argomento, è opportuno rilevare che un eventuale rialzo dei tassi a lungo termine in assenza di un incremento di quelli a breve termine, danneggerà i detentori di bond indicizzati, poiché la loro remunerazione non crescerà in modo adeguato.

Indicizzazione reale

I titoli ad indicizzazione reale, invece, differiscono da quelli appena esaminati per tre ragioni. In primis perché la loro indicizzazione è di tipo moltiplicativo e non additivo (non c'è uno spread che si somma al parametro di riferimento, ma c'è un coefficiente per il quale il parametro stesso deve essere moltiplicato). Inoltre l'indicizzazione in questo caso non riguarda solo gli interessi corrisposti durante la vita del titolo, ma anche il capitale rimborsato a scadenza. Infine, il parametro sulla cui base capitale ed interessi saranno corrisposti non è un tasso di interesse, ma un indice dei prezzi.

Quali sono i rischi dei titoli ad indicizzazione reale?

Dall”equazione di Fisher” sappiamo, con approssimazione, che il rendimento di un'attività finanziaria è pari al suo rendimento “reale”, maggiorato del tasso di inflazione. Il mercato finanziario determina il livello dei tassi “reali” mentre il mercato dei beni determina il livello dei prezzi e quindi l'inflazione. Se i prezzi crescono e i tassi reali di mercato restano costanti, a salire saranno solo i tassi nominali (o totali), con la conseguenza che a perdere valore saranno i titoli a tasso fisso ma non quelli indicizzati all'inflazione. Questi ultimi, infatti, rispondono ad un incremento dei prezzi con un pari incremento degli interessi pagati e del capitale a scadenza, cosicché ne sterilizzano gli effetti. Supponiamo ora che i tassi di interesse nominali crescano perché sono saliti i rendimenti reali di mercato, mentre l'inflazione è rimasta costante. In questo caso anche i titoli indicizzati all'inflazione subiranno una riduzione nel loro valore di mercato, in maniera analoga (ma più marcata) di quanto succede con i titoli a tasso fisso.

Consideriamo, ad esempio, due titoli decennali. Il primo paga una cedola “reale” del 3% annuo, mentre il secondo una cedola nominale fissa del 5,06%. Il tasso di interesse reale è del 3%, l'inflazione del 2% e il tasso nominale del 5,06%. In questa situazione entrambi i titoli quoteranno il 100% del valore nominale. Immaginiamo ora che i tassi reali crescano di un punto percentuale, passando dal 3% al 4%. Il prezzo del titolo a tasso fisso scenderebbe a 92,52 con una perdita del 7,48% mentre il titolo indicizzato scenderebbe a 91,89 con una perdita dell'8,11%.

Conviene acquistare i titoli ad indicizzazione reale solo se si è relativamente certi e fiduciosi di mantenerli fino alla loro scadenza. Mentre i bond ad indicizzazione finanziaria presentano quotazioni abbastanza stabili e rischi di disinvestimento anticipato contenuti, le obbligazioni reali presentano alcuni rischi che è bene non sottovalutare. L'indicizzazione è una “scatola” il cui contenuto varia molto. Considerare tutti i titoli a tasso variabile ugualmente sicuri è un errore che può costare caro.

Giacomo Saver
http://www.segretibancari.com
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