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Finanza etica. Cioè?

di Andrea Di Turi 13 ott 2010 ore 11:55
La finanza etica coniuga la ricerca del rendimento con l’affermazione di determinati valori, analizzando l’impatto sociale e ambientale delle attività finanziate. Nata nei Paesi anglosassoni, è oggi diffusa praticamente in tutto il mondo. Si è guadagnata uno spazio fra le strategie d’investimento finanziarie e sta “contaminando” la finanza cosiddetta mainstreaming.

Non solo profitto: la Finanza Etica


Se qualcuno si è mai domandato se esista un modo di investire sui mercati finanziari che non guardi solo al rendimento atteso ma che tenga conto anche di altri valori, ebbene questo modo esiste: si chiama finanza etica, nome con cui è più conosciuta in Italia, altrimenti detta finanza socialmente responsabile o Sri (dall’inglese socially responsible investment), finanza sostenibile o finanza Esg, perché basata su considerazioni legate alla dimensione ambientale, sociale e alla governance delle società quotate in Borsa (dall’inglese environmental, social and governance).In che modo si concretizza questa attenzione dell’investimento verso fattori non economico-finanziari? Le modalità principali sono due e fanno riferimento alla tipologia dei criteri che la finanza etica utilizza: da una parte i criteri negativi, o di esclusione; dall’altra i criteri positivi, o di inclusione. I primi escludono la possibilità di investire in imprese che appartengono a settori economici ritenuti controversi dal punto di vista sociale e ambientale. I secondi, invece, indirizzano l’investimento verso quelle società che hanno un’attività particolarmente attenta all’impatto sociale e ambientale provocato.

Breve storia della Finanza Etica


Le domande sul rapporto tra etica e denaro, tra etica e finanza, appartengono alla storia dell’uomo, basti citare il motto latino pecunia non olet. Tuttavia la finanza etica moderna si fa di solito risalire all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, quando a causa soprattutto della guerra in Vietnam furono molti gli investitori che si chiesero se era opportuno, e conforme ai propri valori, continuare a investire i propri risparmi in società che erano in qualche modo collegate ad eventi bellici. La questione era molto sentita in particolare dai grandi investitori istituzionali degli Stati Uniti, in primo luogo dai grandi enti religiosi che investivano parte del loro patrimonio in Borsa per finanziare il proprio operato.

Nacque così nel 1971 il Pax world fund, il primo fondo etico dell’era moderna, che già dal nome tradiva la sua anima pacifista ed escludeva dal cosiddetto “universo investibile” (l’insieme dei titoli nei quali era ammesso che il fondo potesse investire) le società collegate al settore degli armamenti. Le prime esperienze di fondi etici arrivarono invece in Europa, e precisamente nel Regno Unito, che per anni è stato il Paese europeo con la maggior diffusione di prodotti d’investimento etici (oggi superato dalla Francia), verso la metà degli anni ’80. Il primo fondo etico collocato sul mercato britannico fu il Friends Provident Stewardship Fund, nel 1984.

In quegli anni, intanto, un altro grande tema stava diventando particolarmente sentito dagli investitori eticamente orientati ed era quello dei diritti umani, con specifico riferimento al regime di apartheid allora vigente in Sudafrica. I fondi etici, di conseguenza, tendevano ad escludere dai loro investimenti le società quotate che facevano affari in Sudafrica e non mettevano in discussione l’apartheid, che venne in seguito di fatto abolito con la liberazione dal carcere nel 1990 del leader politico anti-apartheid Nelson Mandela.

In Italia la finanza etica arrivò dopo la metà degli anni ’90, quando erano già presenti sul mercato i cosiddetti fondi solidali, che devolvevano cioè parte dei guadagni conseguiti o delle commissioni pagate dai sottoscrittori a favore di progetti di solidarietà e beneficienza, senza però operare alcune selezione etica dei loro investimenti. Nell’estate del 1997, invece, venne collocato il primo fondo a selezione etica degli investimenti, Sanpaolo azionario internazionale etico (oggi Eurizon Azionario Internazionale Etico), che per diversi anni fu uno dei fondi etici più grandi di tutta Europa. Dalla metà degli anni ’90, inoltre, soprattutto in Europa e segnatamente in Germania, acquisì importanza all’interno del movimento della finanza etica l’anima ambientalista, come conseguenza della presa di consapevolezza da parte dell’opinione pubblica della necessità di orientare gli investimenti e lo sviluppo economico complessivo verso comportamenti e pratiche sostenibili, che salvaguardassero cioè l’ambiente.

Oggi tutte e tre le anime, quella pacifista, quella attenta ai diritti umani e quella ambientalista, convivono in molti prodotti di finanza etica. A partire dai fondi comuni d’investimento, prodotto principe utilizzato dalla finanza etica, che presenteremo nella prossima puntata.

Per approfondimenti:

I fondi etici o socialmente responsabili (Sri)


I fondi comuni di investimento


Rating etico, il cuore della finanza responsabile


SRivoluzione, il blog sulla finanza etica


di Andrea Di Turi
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