Cuneo fiscale: cos’è e perché tagliarlo
Ne sentiremo parlare nei prossimi mesi. Perché il taglio del cuneo fiscale fa parte del programma del nuovo governo. Vediamo cos'è e perché tagliarlo.
di Marco Delugan 10 set 2019 ore 11:49Il taglio del cuneo fiscale è una delle priorità del nuovo governo Pd-M5S. E dovrebbe trovare spazio nella prossima legge di bilancio.
Il Pd vorrebbe realizzarlo con un sistema di detrazioni fiscali. Tale sistema ingloberebbe anche il bonus Renzi, da estendere anche ad altre categorie di contribuenti oltre a quelle già interessate, come gli incapienti da un lato, e fino ai redditi fino ai 55mila euro dall’altro. Un’operazione che avrebbe bisogno di coperture stimate intorno ai 5 miliardi l’anno.
I 5 Stelle sembrano invece pensare di più a un taglio della tassazione sulle imprese, con una riduzione del contributo Naspi e di quello per la disoccupazione agricola. Chiedendo però “in cambio” una legge sul salario minimo garantito. Per questa seconda manovra, le coperture necessarie sarebbero tra i 4 e i 5 miliardi.
Ma cos’è il cuneo fiscale, e cosa vuol dire ridurlo?
CUNEO FISCALE: SOMMARIO
- Cos'è
- Effetti
- Per rapporto di lavoro
- In italia
- Chi ne sopporta il peso
- Perchè tagliarlo
- Livello ottimale
COS’E’ IL CUNEO FISCALE
Il cuneo fiscale è la differenza tra il costo del lavoro sostenuto dalle imprese e la retribuzione netta percepita dal lavoratore. La differenza tra le due voci è data dalle imposte che datori di lavoro e lavoratori pagano al fisco, agli enti previdenziali e agli enti pensionistici. E cioè dalla somma dell’imposta sul reddito (IRPEF), dai contributi sociali a carico del lavoratore e da quelli a carico del datore di lavoro. Può essere anche visto come la differenza tra lo stipendio lordo e lo stipendio netto.
Il cuneo fiscale non deve essere confuso con il costo del lavoro, che è dato dalla somma della retribuzione lorda del lavoratore e dei contributi sociali a carico del datore di lavoro.
EFFETTI SULL'ECONOMIA
In economia politica, il cuneo fiscale è un concetto più ampio rispetto a quello appena visto. E riguarda l’effetto sui prezzi e sulle quantità scambiate di beni e servizi quando su questi viene applicata una tassa. In termini molto generali, se al prezzo di un bene (o di un servizio) viene applicata una tassa, per i consumatori il prezzo pagato sale, quello ricevuto dai produttori scende, e la quantità scambiata sul mercato diminuisce. Le proporzioni di queste variazioni dipendono poi da altre variabili, prime fra tutte l’elasticità della domanda di un bene al variare del prezzo.
Ma senza entrare nei particolari della teoria economica, si può sostenere che la tassazione sulla retribuzione del lavoro contribuisce ad aumentare i costi per le imprese, a ridurre il salario netto, e a diminuire la domanda di lavoro.
Tutto questo a parità delle altre condizioni. I soldi che lo Stato raccoglie con l’imposizione fiscale vanno però a produrre servizi pubblici e prestazioni sociali di diversa natura, tra cui le pensioni. Prestazioni che possono a loro volta contribuire alla domanda di beni e servizi, facendo a loro volta crescere l’economia e il lavoro.
Per valutare se il cuneo fiscale sia troppo alto o troppo basso, serve quindi capire la quantità e la qualità dei servizi pubblici offerti dallo stato. Come sia strutturato il sistema fiscale complessivo. Gli effetti sull’economia della spesa pubblica. E quanto spenderebbero imprese e lavoratori se dovessero acquistare quei beni e quei servizi sul libero mercato. Insomma, la questione è abbastanza complessa.
CUNEO FISCALE PER TIPO DI RAPPORTO DI LAVORO
Come abbiamo appena visto, il cuneo fiscale grava sia sui lavoratori che sui datori di lavoro. Sui datori di lavoro grava parte dei contributi sociali. Vediamo adesso quali tasse pagano i lavoratori per tipologia di rapporto di lavoro.
Sui lavoratori dipendenti gravano l’IRPEF, le addizionali comunali e regionali e i contributi previdenziali. Sui lavoratori autonomi e sui liberi professionisti gravano le stesse tasse con l’aggiunta dell’imposta sul valore aggiunto (IVA).
IL CUNEO FISCALE IN ITALIA
Secondo gli ultimi dati ISTAT, che riguardano il 2015, il cuneo fiscale è al 46% del costo del lavoro. Questo vuol dire che al lavoratore rimane il 54% di quanto il datore di lavoro paga per le sue prestazioni lavorative.
Dati più recenti arrivano dall’OCSE. L'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) è una organizzazione di studi economici che comprende 36 paesi sviluppati ad economia di mercato. Tra gli scopi dell'organizzazione ci sono il confronto tra le diverse esperienze politiche e la soluzione di problemi comuni alle diverse economie.
Gli ultimi dati OCSE sul cuneo fiscale dei Paesi membri li si trova nel rapporto Taxing wages 2019, pubblicato l’11 aprile dello stesso anno. I dati riguardano il 2018. I dati raccolti in Taxing wages 2019 riguardano il cuneo fiscale di un lavoratore di reddito medio e senza carichi familiari. E che quindi non gode degli eventuali contributi, deduzioni o detrazioni fiscali per familiari a carico.
Tra i Paesi Ocse, l'Italia risulta al terzo posto, con un cuneo fiscale al 47,9%. Davanti all'Italia ci sono Germania (49,5%) e Belgio (%2,7%). Appena dietro all'Italia ci sono Francia e Austria, entrambe al 47,6%. La media Ocse è del 36,1%. Il Paese con il cuneo fiscale più basso è il Cile, con il 7,0%.
Il cuneo fiscale italiano è composto per il 16,7% da imposte sul reddito (IRPEF) e per 31,2% di contributi previdenziali. Questi ultimi ricadono per il 24,0% sul datore di lavoro e per il 7,2% sul lavoratore.
CHI NE SOPPORTA IL PESO
Il peso del cuneo fiscale viene portato sia dai lavorrtori che dai datori di lavoro. Ma chi ne porta di più? Il Centro Studi Assolombarda ha rielaborato i dati OCSE, rapportando il cuneo fiscale alla retribuzione netta del lavoratore. E poi distinguendo quanto del cuneo fiscale è a carico del datore di lavoro e quanto è a carico dell'impresa. Il risultato è nel grafico che segue.
(Immagine tratta dal sito di Assolombarda)
Come si vede dalla tabella, la parte del cuneo fiscale a carico di imprese e lavoratori varia da paese a paese. E questo anche nei casi di cunei dalla dimensioni simili. Come nel caso di Italia e Germania, ad esempio: in Germania il peso a carico delle imprese è chiaramente minore.
PERCHE' TAGLIARE IL CUNEO FISCALE
La tassazione sul lavoro riduce le risorse a disposizione di imprese e lavoratori. Ma permette la produzioni di servizi pubblici e l’erogazione di prestazioni previdenziali. Già questo rende delicate le scelte sulla sua riduzione o sul suo aumento. Aggiungendo le considerazioni appena fatte sulla diversa distribuzione del carico su lavoratori e datori di lavoro, la faccenda si complica ancora di più.
Riducendo la parte a carico dei lavoratori, infatti, è possibile che crescano i consumi. Riducendo quella a carico delle imprese è invece possibile che aumentino gli investimenti. Ma quando si tratta di economia le cose non sono mai semplici. E gli effetti appena ricordati finiscono col dipendere da molte altre cose. Tra le più importanti ci sono le aspettative sul futuro. Un’impresa, ad esempio, difficilmente investe se vede un futuro grigio per il proprio mercato, anche se ha i soldi per farlo. Ed è probabile che con aspettative di reddito non positive un consumatore preferisca risparmiare il reddito aggiuntivo piuttosto che spenderlo.
Per quanto riguarda la situazione italiana, a favore di un taglio del cuneo fiscale rimane il fatto che le tasse sono ritenute troppo alte da quasi tutti i soggetti sociali e politici. E dati i vicoli alla spesa pubblica imposti dall'Unione Europea, lasciare le risorse là dove vengono prodotte (lavoro e impresa) rimane una delle poche carte giocabili per stimolare la crescita economica.
ESISTE UN LIVELLO OTTIMALE DEL CUNEO FISCALE?
Non esiste però un livello del cuneo fiscale che possa essere considerato ottimale. Il cuneo fiscale, infatti, dipende dall’intera politica fiscale di un Paese, che a sua volta dipende dalla struttura e dalle funzioni assegnate allo Stato. Il peso del cuneo fiscale, come l’intero sistema di tassazione, va piuttosto confrontato alla qualità della spesa pubblica e al suo contributo alla ricchezza complessiva di un Paese, come disponibilità di beni e servizi e qualità della vita.
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