Perché è impossibile liberalizzare le banche
Una delle accuse contro i provvedimenti di liberalizzazione riguardano il sistema creditizio.
di Giacomo Saver 27 gen 2012 ore 09:31Innanzitutto la banca non opera con denaro proprio ma con quello dei clienti. Il suo ruolo è mettere in contatto famiglie e imprese, dove le prime hanno necessità di un canale per investire il loro risparmio, mentre le seconde necessitano di finanziamenti per rendere fluida la gestione. La conseguenza di ciò è che le aziende di credito sono per forza di cose indebitate. Coefficienti di indebitamento 'anomali' per una qualsiasi impresa industriale sono 'normali' per un istituto bancario.
Non solo, ma le banche raccolgono il così detto “risparmio inconsapevole”. Persone prive di particolari conoscenze finanziarie, o più semplicemente risparmiatori che non vogliono rischiare direttamente sui mercati finanziari, vedono nel classico deposito bancario l'investimento sicuro per antonomasia. Per questa ragione il sistema bancario è sempre stato protetto dalla concorrenza al punto da essere definito – con riferimento al caso italiano - la “foresta pietrificata”.
Non dimentichiamo, infine, che fino al 1990 l'esercizio del credito era considerato una funzione di pubblico interesse. Solo con la legge Amato (legge 218/90) esso divenne attività di impresa, come recepito nel successivo Testo Unico del 1993. E' noto che una banca non tiene ferme le disponibilità della propria clientela, ma 'impresta' le stesse a soggetti bisognosi di liquidità. Da ciò segue che solo una parte del totale della raccolta sarà tenuto a disposizione dei depositanti, (la così detta riserva frazionaria), mentre una parte preponderante della stessa sarà investita in prestiti o altre attività fruttifere.
Il punto è che il fallimento di una sola banca, rischierebbe di mettere a repentaglio l'intero sistema. La paura gioca brutti scherzi , e se un numero sufficiente di clienti si recassero presso uno sportello bancario per prelevare anche quest'ultima banca salterebbe e così via la catena metterebbe in ginocchio l'intero sistema finanziario. Infatti, per quale ragione, le banche hanno un istituto centrale (la BCE nel nostro caso) che ne garantisce la solvibilità mentre altri settori dell'industria non sono protetti? L'apertura alla concorrenza, salutare e accolta con entusiasmo in parecchi settori, nel caso delle banche va utilizzata con molta parsimonia. Il rischio concreto è quello di permettere un proliferare di istituti molto piccoli che, una volta spazzati via dal mercato, farebbero collassare l'intero sistema per colpa dell'effetto domino.
Non solo, ma rispetto a una ventina di anni fa le cose oggi sono molto migliorate. A patto di possedere stringenti requisiti patrimoniali e personali stabiliti dalla Banca d'Italia ed essere in possesso di adeguati requisiti di professionalità ed onorabilità, presso che chiunque può aprire una nuova banca. Mentre una volta la vigilanza era di tipo macrostrutturale, ossia all'ingresso con enorme pastoie burocratiche che impedivano l'affacciarsi sulla scena finanziaria di nuovi operatori, oggi le cose stanno in altri termini.
La vigilanza è diventata micro ed è rivolta al singolo istituto. La mancata liberalizzazione, in questi termini, è un finto problema. Per accontentare coloro i quali vorrebbero un'attività bancaria più libera bisognerebbe togliere i requisiti patrimoniali, o renderli minimi al fine di favorire l'ingresso massiccio di nuovi banchieri. Questo, però, rischierebbe di mettere in ginocchio il sistema finanziario che è vitale per il corretto funzionamento dell'economia reale.
Semmai occorrerebbe promuovere una cultura finanziaria in modo tale da rendere le persone consapevoli ed informate nella loro nuova veste di “consumatori di prodotti bancari e finanziari”. Oggi la trasparenza è molto elevata: esistono i fogli informativi analitici, i prospetti informativi e quant'altro e, spesso, tutte queste informazioni sono disponibili direttamente sui siti web degli istituti. Con un minimo di preparazione tecnica e di buona volontà il cittadino – investitore può confrontare le offerte migliori, spostare agevolmente i suoi risparmi da un istituto ad un altro e cogliere ciò che di meglio il mercato offre.
Ancora una volta, il vantaggio per il cliente non sta nell'intervento governativo di tipo “maternalistico”, ma nella formazione e nel costante aggiornamento. Anche se si tratta di un semplice conto corrente o deposito bancario.
Giacomo Saver
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