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Goldman Sachs: la versione di Greg

La lettera di dimissioni di Greg Smith da dirigente di Goldman Sachs ha destato scalpore. Come uscire dai mali della finanza di cui la banca americana sembra esserne diventata un’icona?

di Marco Delugan 21 mar 2012 ore 10:00
Mercoledì 14 marzo il New York Times ha pubblicato l’ormai famosa lettera di Greg Smith, dirigente di Goldman Sachs. Lettera di dimissioni, in cui Smith denunciava il degrado della cultura e della pratica aziendale che, a suo dire, avrebbe perso il senso del rispetto del cliente perseguendo al suo posto il solo obbiettivo del guadagno, anche a costo di danneggiarlo. Ne abbiamo parlato con Alfonso Scarano, analista finanziario indipendente e collaboratore di AbcRisparmio.

Ingegner Scarano, cosa pensa di questa lettera?

Tutto ciò che è ragionevole è ragionevole, e questa lettera lo è. Ma leggendola viene da chiedersi perché un personaggio del sistema si sia rivoltato contro il sistema stesso in una forma così plateale. Verrebbe poi da chiedergli: te ne sei accorto solo adesso? E se te ne sei accorto solo adesso e sei così ragionevole oggi, cosa ha fatto scattare tutto questo, semplicemente che la dose è giunta al massimo? Perché una lettera del genere qualifica Goldman Sachs come un’icona dei mali della finanza. Mali che non possono essersi presentati solo negli ultimi mesi.

Quali sono, sono secondo lei, i punti più importanti della lettera?


La cosa più scandalosa dal punto di vista americano è tradire la fiducia del cliente, di chi ti porta il denaro. E chiamarli pupazzi, poi, credo sia una cosa molto significativa, perché la lingua rappresenta la realtà, e definisce la realtà. Non è semplicemente irriverente, ma è ridurre i clienti a fantocci inanimati. La logica è quella di disumanizzare la relazione e quindi renderla più gestibile a te che la tratti in maniera industriale, perché così sparisce la realtà che dietro il pupazzo c’è qualcuno a cui si spilla denaro che magari farà per lui la differenza tra vivere un’anzianità decente oppure no.
 
Se Greg Smith dice la verità, quali sono le cause di questa degenerazione?

Dal punto di vista pratico, il punto fondamentale è stato eliminare le regole che avevano ripristinato un degno servizio bancario dopo la crisi del ’29, che possono essere sintetizzate nella separazione tra banca commerciale e banca d’affari. E poi eliminare le borse come entità di trasparenza pubblica e farle diventare private; accettare le dark side e lo shadow banking, e cioè tutto quello che non è regolamentato e diventa la banca ombra, flussi finanziari che sfuggono a qualsiasi controllo. In un contesto in cui, tra l’altro, le banche possono entrare nel dettaglio della vita finanziaria, e non solo, delle persone con una invadenza quasi da “grande fratello”. Dal punto di vista politico è stato il trionfo del neoliberismo della scuola di Chicago per cui si dovevano eliminare tutte le barriere al libero movimento del denaro. E da quello filosofico, l’idea che far soldi a qualsiasi costo fosse il miglior motore della crescita economica e della diffusione della ricchezza. Tutte scelte che nel volgere di non molti anni hanno dimostrato di non funzionare.

Come fare per uscire da tutto questo?

Bisognerebbe fare grande trasparenza, bisogna entrare in quelle stanze e tirare fuori tutto. Trasparenza vera: questi sono abituati a pagare fior di soldi per darla a bere, per far credere al mondo che gli asini volano. Non è vero che sarebbe troppo complicato, si può capire tutto, tutto è ricostruibile. E’ il credere che quei cassetti non potranno essere mai aperti che crea un delirio di onnipotenza, e il solo fatto di aprirli o di poterli aprire cera molta più responsabilità. E poi tornerei a separate in maniera netta la banca commerciale dalla banca d’affari. La banca commerciale è la parte socialmente rilavante - raccoglie il risparmio e lo presta a imprese e persone -, deve essere salvaguardata e nel caso anche nazionalizzata se i privati non sono in grado di gestirla in maniera efficace ed efficiente.

La Comit di Mattioli, negli anni ’30, ad esempio, era una banca pubblica, ma Raffaele Mattioli è stato un raffinato banchiere, un vero banchiere. L’Iri è degenerata perché è stata occupata dai partiti, ma l’Iri, come origine, è stata un’ancora di salvataggio di pezzi del sistema produttivo italiano e delle banche che altrimenti sarebbero saltate. In Italia abbiamo avuto casi di intervento pubblico efficaci e lungimiranti. Potremmo rispolverarli.

Marco Delugan
Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.

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