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Come salvare l’euro secondo Joseph Stiglitz

L’austerità non ha mai salvato nessuno dalla crisi economica. Quello che servirebbe alla zona euro è una profonda riforma dei fondamenti finanziari e di politica economica

di Marco Delugan 18 dic 2013 ore 14:37
L’euro doveva portare crescita, prosperità e unità politica in Europa, e invece sta portando stagnazione, instabilità e divisioni. Ma l’euro può ancora essere salvato, a patto che l’eurozona sappia riformarsi. A scriverlo è Joseph Stiglitz, in un articolo pubblicato il 4 dicembre sul sito internet Project Syndicate.

Le cause della crisi dell’euro sarebbero, secondo l’economista premio Nobel statunitense, le politiche di austerità economica e finanziaria che l’Europa si è auto imposta come condizione per il passaggio al sistema della moneta unica. E per l’accesso al sistema dei paesi che vogliono entrarci.

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joseph-stiglitzMolte di queste condizioni, scrive Stiglitz, riflettono la dottrina economica neo liberale prevalente ai tempi della concezione della moneta unica. Si credeva allora che un’inflazione bassa fosse necessaria - e forse anche sufficiente - per garantire crescita e stabilità; che l’indipendenza delle banche centrali fosse l’unica via per assicurare la credibilità del sistema monetario, che debito e deficit bassi avrebbero assicurato la convergenza economica dei diversi paesi dell’eurozona; e che un mercato comune, dove persone e capitali potevano muoversi liberamente, avrebbe assicurato efficienza e stabilità.

Ma nessuna di queste ipotesi si è poi dimostrata corretta.

In fase di crisi economica, sostiene Stiglitz, le politiche di austerità fiscale non aiutano i paesi in difficoltà a uscirne.

Nessun paese è mai uscito dalla depressione economica attraverso l’austerità. Storicamente, solo poche nazioni sono state così fortunate da avere esportazioni così alte da compensare il calo della domanda interna dovuto alla diminuzione della spesa pubblica, e così compensare gli effetti negativi delle politiche di austerità. Ma le esportazioni europee sono aumentate di poco dal 2008 in poi. E con una crescita globale così tiepida come quella attuale è difficile pensare che le esportazioni potranno salvare Usa ed Europa.

Punto centrale del discorso di Stiglitz è la disoccupazione. Secondo un recente studio della Federal Reserve - la banca centrale americana - un tasso di disoccupazione alto e protratto nel tempo avrebbe un effetto negativo sulle possibilità di crescita economica. E l’Europa ha più disoccupati degli Stati Uniti.

Come dire: poco lavoro, poco reddito, poca domanda di consumi, pochi investimenti, bassa crescita economica.

Unica possibilità per salvare l’Euro - e qui viene la parte interessante - sarebbe una profonda riforma dell’Eurozona declinabile in questi punti:

Una vera unione bancaria, con supervisione, assicurazione dei depositi, soluzioni ai problemi comuni per tutta l’area; senza questo, il denaro continuerà a fluire dai paesi più deboli ai più ricchi;

Una qualche forma di assicurazione dei debiti pubblici degli stati, come gli Eurobond: con un rapporto debito/pil inferiore a quello degli Stati Uniti, l’eurozona potrebbe prendere a prestito a tassi di interesse reali negativi. I bassi tassi di interesse permetterebbero di liberare risorse per stimolare la crescita economica rompendo il circolo vizioso esistente tra austerità e debito pubblico, che rende quest’ultimo via via meno sostenibile a causa della flessione del prodotto interno lordo;

Una politica industriale che renda possibile ai paesi meno ricchi di recuperare terreno rispetto ai più ricchi; questo vuol dire rivedere gli attuali parametri, che possono essere considerati inaccettabili intromissioni nel funzionamento del libero mercato;

Una banca centrale il cui operato sia focalizzato non solo sul controllo dell’inflazione, ma anche sullo stimolo della crescita economica, dell’occupazione e sul mantenimento della stabilità finanziaria;

Sostituire le politiche di austerità che non stimolano la crescita con politiche di investimento sulle persone, la tecnologia e le infrastrutture.
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