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La pensione pubblica

L’investimento nella previdenza complementare è una vera e propria necessità ma non si può comprendere al meglio senza conoscere il funzionamento della previdenza pubblica

di Jonathan Figoli 17 apr 2009 ore 10:33

Articolo a cura di ProfessioneFinanza.com

Il sistema previdenziale italiano nasce ancor prima dell’unità d’Italia e si evolve fino al secondo dopoguerra dove vengono messe le basi dell’attuale sistema pensionistico obbligatorio. Quel momento storico è stato caratterizzato una situazione demografica contraddistinta da poche persone in età avanzata, molte persone in piena età lavorativa - per di più in un periodo di boom economico - e tante nuove nascite, i cosiddetti baby boomers, che rappresentavano la futura nuova forza lavorativa.

E’ facile capire come, con questa panoramica, la soluzione ideale per garantire un beneficio a tutti i soggetti in gioco fosse optare, come del resto è stato fatto nel 99% di Paesi al mondo, per un sistema a ripartizione. Questo sistema si basa sul fatto che le risorse necessarie per elargire le prestazioni ai pensionati vengano prese direttamente, con un semplice cambio di destinazione, dai contributi accantonati direttamente dai lavoratori nel medesimo periodo.

Questa soluzione ha iniziato a far emergere le proprie debolezze quando all’allungarsi della vita media si è affiancato il calo delle nascite degli anni ’80 e ’90; queste considerazioni hanno correttamente portato a valutare come, ferme restando le situazioni iniziali, sarebbe stato difficile mantenere il sistema in equilibrio nel lungo periodo, soprattutto in Italia, unico fra i principali Paesi al mondo che alla prestazione di vecchiaia, ovvero il riconoscimento al diritto ad una prestazione pensionistica al raggiungimento di una determinata età anagrafica, ha affiancato anche la prestazione di anzianità, ovvero il diritto ad una prestazione pensionistica riconosciuta a seguito di un determinato numero di anni di anzianità contributiva, che solo con la riforma Dini del 1995 è stato innalzato ad almeno 35 anni.

Per compensare a questo disequilibrio sono partite, dai primi anni novanta, una serie di riforme che hanno puntato a modificare il sistema di calcolo della prestazione pensionistica puntando al passaggio di una quantificazione basata sui redditi degli ultimi anni lavorativi, propria del sistema retributivo, verso la considerazione di tutti i contributi effettivamente versati durante l’arco dell’intera vita lavorativa, il sistema contributivo.


Jonathan Figoli
Jonathan.Figoli@professionefinanza.com
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