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Le forme negoziali

Conosciamo in questo articolo nel dettaglio le tipologie delle forme di previdenza complementare accessibili ai lavoratori con caratteristiche professionali comuni

di Jonathan Figoli 17 apr 2009 ore 11:35

Articolo a cura di ProfessioneFinanza.com

Il secondo pilastro è rappresentato dalla previdenza complementare ad adesione collettiva ovvero da quelle forme di previdenza rivolte a coloro che presentano una vera e propria caratteristica professionale comune. Le due principali forme di secondo pilastro sono rappresentate da un “fondo chiuso o negoziale” (in Italia ad oggi sono poco meno di una cinquantina di cui 3 sono fondi territoriali perché rivolti ai lavoratori residenti in Trentino Alto Adige, Val d’Aosta o Veneto, fra questi fondi negoziali quelli che presentano la maggior diffusione in termini di potenziali aderenti sono senz’altro il Fonchim ed il Cometa) che è un fondo rivolto a quei lavoratori che hanno come caratteristica professionale l’aver sottoscritto un contratto collettivo nazionale del lavoro (CCNL), oppure da un “accordo aziendale” al quale possono aderire solamente coloro che sono dipendenti di una medesima azienda.

Entrambe queste forme sono rivolte a lavoratori dipendenti (esistono un paio di fondi negoziali rivolti a lavoratori autonomi ma non hanno ottenuto successi rilevanti) e sono istituite a seguito di una accordo fra datore di lavoro e rappresentanze sindacali (negli accordi aziendali l’accordo potrebbe essere sottoscritto dal datore di lavoro e da un insieme i dipendenti, nel qual caso si parlerebbe di accordo plurimo ma non sarebbe vincolante per la destinazione del TFR in caso di silenzio assenso nel semestre dedicato alla scelta sulla sua destinazione).

Questo accordo, in quanto forma di secondo pilastro, deve obbligatoriamente prevedere la determinazione di tre contributi specifici:


  1. il primo è il “contributo lavoratore” che deve essere stabilito in forma percentuale sulla retribuzione lorda del lavoratore stesso (spesso la percentuale da destinare può essere decisa dal lavoratore stesso comunque all’interno di limiti ben definiti che partono da un minimo, solitamente l’1%, e arrivano fino ad un massimo, difficilmente superiore al 7%);
  2. il secondo riguarda il “contributo datore di lavoro” anche questo calcolato sulla retribuzione lorda ma solitamente concordato in misura fissa attorno all’1 o 2% (esistono casi in cui sono previste percentuali anche maggiori oppure accordi aziendali che prevedono che questo contributo sia proporzionale a quello scelto dal lavoratore stesso);
  3. il terzo è la percentuale di TFR da destinare a questo fondo complementare che deve ammontare obbligatoriamente al 100% per tutti quei lavoratori iscritti all’Inps successivamente alla data del 29 aprile 1993 (clicca qui per un approfondimento) ovvero per i cosiddetti “Nuovi iscritti” mentre per i cosiddetti “Vecchi iscritti” ovvero coloro che erano già iscritti all’Inps a quella data, bisogna distinguere due casi: se l’accordo collettivo era già esistente alla data del 01/01/2007 allora la percentuale può essere quella liberamente stabilita dall’accordo stesso (spesso varia attorno al 30%); mentre se l’accordo è avvenuto successivamente al primo gennaio 2007 oppure se si tratta di un “Fondo Pensione Preesistente” ovvero istituito prima della formale istituzione delle forme di previdenza complementare con il decreto legge n°124 del 1993 che si sia adattato alla normativa vigente per continuare a ricevere contribuzioni, la percentuale di TFR può essere stabilita solo su un valore superiore al 50% (leggi qui per un approfondimento).
Considerando il fatto che le forme di secondo pilastro devono prevedere almeno una percentuale di TFR ed il fatto che non è possibile destinare il TFR a due o più forme di previdenza complementare (al massimo può essere suddiviso, ma solo in alcuni casi e per i “vecchi iscritti”, fra una forma di previdenza complementare e la permanenza in azienda) e facile capire come si possa essere aderenti ad una sola forma di secondo pilastro (ad esempio il lavoratore metalmeccanico del Trentino dovrà decidere se aderire al Cometa oppure, in alternativa, al Laborfonds).

L’adesione a un fondo negoziale o ad un fondo in accordo collettivo presenta il gran vantaggio di prevedere una contribuzione da parte del datore di lavoro, e quindi una sorta di monetina che qualcun altro versa per il lavoratore nel suo salvadanaio previdenziale, la quale, in tutte le altre forme previdenziali, non è detto che ci sia in quanto non è assolutamente obbligatoria. Attenzione a non cadere nelle indicazioni di alcuni commerciali “spinti”! La percentuale del versamento datore di lavoro NON è paragonabile alla percentuali di un rendimento! Il contributo datore è sulla retribuzione lorda, il rendimento è da considerarsi su quanto versato per cui se il contributo del datore fosse pari al contribuito del lavoratore stesso sarebbe da considerarsi come un rendimento del 100%... trovatemelo un fondo pensione capace di rendere così bene in un anno…



Jonathan Figoli
Jonathan.Figoli@professionefinanza.com
http://www.professionefinanza.com/
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