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Prestiti tra privati: cos’è e come funziona il social lending

Dare e ricevere prestiti facendo a meno delle banche

di Marco Delugan 1 giu 2011 ore 10:25

Prestiti tra privati. Se vogliamo essere chic, prestiti peer to peer, che poi vuol dire da pari a pari. Prestiti senza banche. E ancora, social lending. Dove? Su internet, luogo che da sempre dimostra affinità con ciò che è collettivo, comunitario, reticolare. Di questo nuovo modo di prestare e di prendere a prestito abbiamo parlato con Mariano Carozzi, amministratore delegato di Prestiamoci, il primo progetto interamente italiano di social lending.

Cos’è e come funziona Prestiamoci?
E’ un sito dove si incontrano persone che hanno voglia di investire e persone che hanno necessità di prestiti per consumi o progetti di lavoro. Così com’è adesso, il progetto è online dal gennaio del 2010. Prestiamoci è anche una finanziaria iscritta all’Albo della Banca d’Italia. Come finanziaria partecipiamo ad ogni finanziamento con circa il 10% del totale prestato, facciamo l’analisi dei richiedenti, il così detto credit scoring, cioè la valutazione della capacità di chi riceve un prestito di ripagarlo. E poi è una community con circa 7mila iscritti.

Di questi 7mila iscritti, quanti sono quelli attivi, che chiedono ed erogano prestiti?
Quelli che hanno ricevuto prestiti sono, a oggi, 110, e quelli che hanno prestato sono 159. Ma i prestatori potenziali, che si sono dichiarati disponibili a prestare, sono circa 300, e i richiedenti in lista d’attesa, molti di più. La selezione dei progetti da finanziare è molto dura: in media diamo i soldi a uno su otto.

E la valutazione dei richiedenti come avviene?
Attraverso l’assegnazione di un punteggio, il così detto credit score. Un punteggio che si fonda su tre pilastri. Il primo riguarda la storia creditizia dei richiedenti: cerchiamo di capire, cioè, se sono affidabili, se hanno ripagato regolarmente i prestiti ottenuti in passato. Si basa sui dati raccolti dal Crif, il sistema di informazioni creditizie più utilizzato in Italia da banche e finanziarie. Ma questo non ci basta, anche perché c’è un sacco di gente che non ha mai chiesto un finanziamento e non ha uno score di questo genere. La pensionata, ad esempio, che deve cambiare la porta blindata e non ha i soldi perché ha la pensione troppo bassa e non ha mai chiesto un finanziamento perché in banca non glielo danno ha uno score pari a zero e in base a questo tipo di valutazione non verrebbe finanziata.

E allora come fate?
Cerchiamo informazioni su internet, anche. Ma ci basiamo soprattutto su quello che ci racconta delle sue abitudini, anche di quelle di spesa, che deve rifare la porta perché ha paura, che ha fatto l’insegnante per tanti anni, che non ha mai avuto problemi di debiti, eccetera. E sulla base di tutte queste informazioni noi elaboriamo altri punteggi, e valutazioni di tipo qualitativo. E decidiamo se assegnare il prestito oppure no. Se il progetto viene accolto il richiedente apre un blog, spiega il progetto alla community, riceve suggerimenti e, se tutto va bene, anche i soldi di cui ha bisogno.


Ci vuole spiegare meglio questa fase?
Il primo progetto che ha avuto un blog era quello di un papà che voleva comprare una Station Wagon, l’Alfa 159, perché gli arrivava il terzo figlio. E allora sono partiti commenti tipo “io sono alfista, i soldi te li diamo di sicuro”, oppure “ma no prendi la Multipla, la 159 va troppo forte”. Non è che nel blog si faccia analisi strutturale di prestiti, lì la gente racconta le sue esperienze, dice le sue opinioni, da consigli. A volte chiede ulteriori spiegazioni e così contribuisce ad arricchire il set di informazioni a disposizione. Poi i soldi arrivano in due maniere. In parte dalle scelte dell’algoritmo di ottimizzazione per diversificare il rischio. E dalle persone che decidono di mettere una quota nel finanziamento. Una volta arrivati al 90% del finanziamento richiesto, noi mettiamo il restante 10%. Questa fase dura 15 giorni lavorativi. Se dopo 15 giorni dalla presentazione sul blog il progetto non è stato finanziato completamente, viene tolto da sito. Potrà essere ripresentato, riveduto e migliorato, per un massimo di due volte.

Voi conoscete anche direttamente la persona?
No, facciamo tutto online.

Quali sono i principali vantaggi per chi partecipa?

Chi presta sa che corre dei rischi, e sa che questi rischi sono pagati. Oggi il tasso di equilibrio è il 7%, non poco, fissato dal consiglio di amministrazione in base al tasso free risk, più un premio al rischio. Per ridurre il rischio, poi, ogni cifra prestata viene divisa in 30 quote, e queste quote vengono distribuite sui diversi progetti in parte in modo automatico, attraverso un algoritmo, e in parte secondo le scelte di chi presta. Oltre al tasso di interesse, ci sono poi vantaggi minori, come sapere cosa vanno a finanziare i soldi che prestiamo, e partecipare a una modalità di finanziamento attenta ai risvolti sociali e ambientali di quello che finanzia. Noi, ad esempio, non finanziamo tutte quelle attività esclude dai fondi etici. E chi riceve un prestito si trova a doverlo ripagare a tassi di interesse decisamente convenienti.

Quanto durano i finanziamenti?
Per ora abbiamo due prodotti con durata di 36 mesi e di 12 mesi. Chi riceve deve cominciare a ripagare già dal mese successivo all’inizio del finanziamento. E’ una cosa che piace a chi presta, perché da subito comincia a ricevere indietro qualcosa. E magari dopo due mesi ha già una quota con cui fare un altro investimento, con un meccanismo di revolving che è molto apprezzato.

E se uno a un certo punto smette di ripagare il debito?
Abbiamo una società di recupero crediti che lavora con banche primarie e che lavora anche per noi.

Tipologia dei vostri prestiti?
C’è un limite massimo, di 25mila euro per ogni finanziamento. Per tipo di spesa al primo posto ci sono le cure mediche: il dentista, ad esempio, che nessuno finanzia. Poi formazione e istruzione. E viaggi e vacanze, computer, elettrodomestici, matrimoni.

Attività produttive?
Sì, anche. Una delle caratteristiche di Prestiamoci, che lo rende diverso da tutti gli altri servizi simili nel mondo, è che finanziamo anche le partite Iva. C’è un metodo di scoring specifico per i progetti di impresa. Anche in questi casi il limite è 25mila euro.


Su quali informazioni si basa la valutazione di questi progetti?
Cerchiamo capire cosa la gente vuol fare, e come vuol spendere i soldi, come ha strutturato il progetto. Insomma, non sono casi in cui si chiede un business plan. Anche perché in situazioni di questo tipo non c’è netta divisione tra impresa e famiglia, e sarebbe complicato districare le cose. Il furgone per il figlio è anche il furgone con cui si faranno i trasporti per l’impresa. Preferiamo finanziare storie che abbiano un senso e una coerenza. Storie che possano reggere alle domande che farebbe un Venture Capital a cui chiedi dei soldi, il vicino di casa se gli chiedi di poter parcheggiare la macchina nel suo garage, e il capo del personale se dovesse assumerti nella sua azienda. Domande che sono anche un po’ fastidiose. E forse meglio fare così che chiedere una busta paga.

Vi è capitato di dover escludere richieste perché troppo alte?
Sì. Tanto per dare una cifra, le richieste di prestiti sono state per 6 milioni di euro, ne abbiamo dati 500mila. La maggior parte delle richiese sono sopra i 25mila euro, e soprattutto su progetti imprenditoriali. Per questo vogliamo vedere se possiamo alzare un po’ questo limite, senza alzare il rischio.

Cosa guadagna e cosa rischia Prestiamoci?

Guadagniamo in tre modi. Il primo è la tessera per entrare a far parte della community. Si paga una sola volta e vale per sempre. La tessera è prevista, a regime, per clienti e prestatoti. Ad oggi è a metà prezzo, obbligatoria solo per chi richiede prestito. Poi siamo una finanziaria, mettiamo il 10% in ogni progetto, e quindi guadagniamo dalla remunerazione di quel progetto. E speriamo di poter vendere, un giorno, prodotti accessori. Ci piacerebbe arrivare a dire “ti finanziamo se compri quel computer col software open source, ne abbiamo trovati 100.” Una specie di gruppo d’acquisto finanziato.  Ci guadagneremmo tutti quanti ed è un modo consapevole di gestire l’economia.

Ipotesi di sviluppo di Prestiamoci…
Questa primavera abbiamo raggiunto quello che ci sembrava il punto di fine del test. Abbiamo cominciato a fare un pochino di pubblicità. E siamo convinti che questo sarà l’anno in cui potremmo cominciare ad avere risultati interessanti. Nulla di paragonabile al mondo delle finanziarie, però ci piacerebbe triplicare quello che abbiamo fatto fino adesso entro la fine dell’anno. Diciamo che per ora c’è un gap tra la curiosità per noi e il considerarci un’alternativa credibile. Situazione tipica di tutte le iniziative nuove. Entro questa estate pensiamo di festeggiare i primi 10mila iscritti alla community.

Qual è il profilo socio culturale tipico della vostra community?

Tendenzialmente abbastanza giovani, e molto internet. Clienti di gusti difficili, diciamo. Utenza molto preparata.

Proviamo una sintesi finale: quali sono i passi che deve fare chi cerca un prestito su Prestiamoci?
Deve iscriversi alla community, mandarci un progetto, presentarsi e darci il permesso di accedere ai dati Crif che lo riguardano. Noi valutiamo il progetto e diciamo sì o no. Se è no, spieghiamo anche perché. A questo punto il progetto può essere migliorato e ripresentato, ma al massimo due volte. Se il progetto viene accolto, va sul sito e viene aperto un blog. La community a quel punto valuta, fa domande e da suggerimenti. Una parte dei soldi arriveranno in maniera automatica, da un algoritmo che distribuisce i fondi disponibili, gli altri li mettono le persone della community a cui il progetto piace. Noi ci impegniamo a finanziare il 10%. Ottenuto il prestito, bisogna poi ripagarlo. Fine.

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