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Rating etico, il cuore della finanza responsabile

di Andrea Di Turi 27 ott 2010 ore 11:13
Al centro della finanza etica o socialmente responsabile (Sri) ci sono i modelli di rating etico che valutano le performance sociali e ambientali delle imprese. I criteri utilizzati da questi modelli si distinguono in generale fra negativi (o di esclusione) e positivi (o di inclusione). Pur con una base comune, questi modelli presentano delle differenze che vanno considerate per poter effettuare un investimento consapevole in un prodotto di finanza etica.

Rating etico: criteri positivi e criteri negativi


La finanza etica, in origine, era finalizzata ad escludere dall’investimento alcuni settori economici considerati controversi, cioè discutibili dal punto di vista etico. Classicamente, i settori in oggetto erano: armamenti, alcol, gioco d’azzardo, tabacco, nucleare, pornografia, con l’aggiunta del tema dei diritti umani, nel senso che erano escluse dall’investimento le società che facevano affari con Stati in cui i diritti umani non venivano rispettati (ad esempio i regimi totalitari o il Sudafrica dell’apartheid). Via via, sia perché nuove questioni si sono poste all’attenzione dell’opinione pubblica, sia per l’evoluzione della sensibilità collettiva, si sono aggiunti altri criteri di esclusione, quali ad esempio: test sugli animali (si escludono le società che li effettuano), Ogm (tecniche di modificazione genetica su animali o vegetali), prodotti legati alla contraccezione, utilizzo di legname non proveniente da foreste protette.
In una fase successiva della sua evoluzione, la finanza etica ha cominciato ad utilizzare anche criteri positivi, che cioè mirano a inserire, fra le società quotate che possono costituire oggetto d’investimento, quelle che si dimostrano migliori in alcune aree della gestione d’impresa: ad esempio l’impatto ambientale della propria attività, la qualità delle relazioni coi dipendenti, il presidio della catena di fornitura per verificare il rispetto di determinati requisiti di responsabilità sociale. Questi criteri si sono raffinati, nel corso degli anni, e vengono oggi indicati con l’acronimo Esg (environmental, social and governance), che sta ad indicare le tre grandi dimensioni dell’agire d’impresa sulle quali vengono applicati: sociale, ambientale, della governance.

Il rating etico nei dettagli


I modelli di rating etico sono finalizzati ad assegnare ad una società, similmente a quanto avviene con il rating tradizionale che assegna un merito di credito, una sorta di merito di responsabilità sociale o di sostenibilità: valutano, cioè, l’affidabilità di una società in senso non economico-finanziario ma nella prospettiva della responsabilità sociale e ambientale. Per misurare e quindi valutare le performance di una società, vengono utilizzati degli indicatori-chiave di performance, meglio noti con l’acronimo Kpi (Key performance indicator). Per spiegare meglio facciamo alcuni esempi.

Per quanto riguarda la dimensione ambientale, esistono fra gli altri indicatori che misurano il livello di emissioni di CO2 in atmosfera di cui un’impresa è responsabile attraverso la sua attività, il livello di risparmio nei consumi di energia che un’impresa realizza da un anno all’altro, la quantità di energia prodotta da fonti rinnovabili che un’impresa utilizza sul totale dei propri consumi energetici.

In relazione alla dimensione sociale, vi sono indicatori che guardano ad esempio al numero di ore e giornate di sciopero che sono state proclamate nel corso di un anno, alla quantità di personale femminile sul totale del personale presente in azienda, specie nei ruoli decisionali (pari opportunità), al numero di ore di formazione di cui il personale ha fruito grazie a programmi aziendali, al numero e alla gravità degli eventuali infortuni occorsi ai lavoratori.

In relazione alla dimensione della governance, vi sono ad esempio indicatori che guardano al numero di consiglieri indipendenti presenti all’interno del consiglio di amministrazione, al livello di trasparenza nei meccanismi di remunerazione del management, alla presenza di strumenti e meccanismi per la salvaguardia dei piccoli azionisti.

Il numero degli indicatori che vengono utilizzati per esprimere un rating etico può essere anche molto elevato, ad esempio superiore ai 100 indicatori. Alla fine, il rating etico si sostanzia nell’espressione di un giudizio sintetico rappresentato da cifre o lettere (similmente a quanto avviene per il rating tradizionale espresso dalle agenzie internazionali di rating, quali Moody’s, Standard & Poor’s, Fitch o la cinese Dagong).

Si segnalano, per esemplificare, i modelli di rating etico utilizzati da alcuni dei più importanti protagonisti della finanza etica italiana ed europea: Etica sgr, unica società di gestione del risparmio italiana che colloca sul mercato solo fondi etici, Vigeo, che ogni anno elabora lo studio di riferimento sulla diffusione dei fondi etici in Europa, ed Ecpi , che insieme a Ftse Group ha appena lanciato i primi indici azionari etici italiani.

Tali modelli hanno tutti, grosso modo, la stessa struttura. Nel senso che generalmente utilizzano una combinazione di criteri negativi e positivi, escludendo dall’investimento alcuni settori economici e privilegiando le società che, all’interno dei settori ammessi, si distinguono per le performance relative all’ambito sociale o ambientale o della governance, o a tutti e tre gli ambiti. I modelli che non utilizzano criteri di esclusione, cioè che ammettono l’investimento in qualsiasi settore economico, si dice che adottano un approccio di “best-in-class”, col quale selezionano appunto in ogni settore le società che vantano le migliori performance Esg.

Le differenze fra i modelli di rating etico possono portare in alcuni casi a risultati non omogenei, a volte anche in modo manifesto per non dire contraddittorio, il che anche recentemente ha provocato delle perplessità nel mondo della finanza etica. Anche per questo, è stato avviato un progetto, denominato Global initiative for sustainability ratings, che intende definire un modello di rating etico che possa essere condiviso e accettato su vasta scala a livello internazionale.

In ogni caso, sono ormai molteplici le analisi che hanno mostrato come l’investimento condotto secondo criteri non solo economico-finanziari ma anche Esg possa portare particolare beneficio all’investitore, soprattutto nel senso di offrirgli maggiore garanzia e protezione da una serie di rischi non finanziari che generalmente le analisi finanziarie di tipo classico non riescono a cogliere.

Pare opportuno accennare, infine, al fatto che esistono metodologie, griglie di criteri e quindi indicatori per la valutazione non solo delle imprese quotate ma anche degli Stati, che servono nel momento in cui si intende investire in strumenti finanziari come le obbligazioni di Stato (ad esempio i Bot). In riferimento agli Stati, fra i criteri di esclusione più diffusi vi sono l’applicazione della pena capitale e la violazione di diritti umani, civili e politici. Quanto ai criteri d’inclusione, fra i più significativi vi sono il livello di spesa sanitaria, il grado di mortalità infantile, la libertà di stampa, il grado di corruzione della Pubblica amministrazione.



Per approfondimenti:

 

Finanza etica. Cioè?

I fondi etici o socialmente responsabili (Sri)

Indici etici, il “benchmark” della finanza etica

Fondi pensione e finanza etica: affinità elettive



di Andrea Di Turi
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