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I fondi comuni di investimento

Anche i piccoli risparmiatori possono differenziare investimento e rischio

di Enzo Bocca 26 mag 2010 ore 10:51
Articolo a cura di Nafop.org

L’apparizione dei fondi comuni d’investimento molti anni orsono, ha rappresentato senza dubbio una delle più grandi rivoluzioni nella finanza: non solo nei mercati entravano grandissimi attori capaci di influenzarli, ma soprattutto i piccoli e medi risparmiatori potevano accedere a una reale, efficace diversificazione dell’investimento e del rischio che in precedenza era riservata solo ai grandi patrimoni.

Da quei primi progenitori, sono nati nel tempo nuovi strumenti sempre più differenziati e sofisticati. Ci limiteremo qui a esaminare Fondi d’investimento tradizionali, Sicav ed ETF, dimenticando la loro specificità “giuridica” e differenziandoli solo quando sia necessario per le scelte operative. Tralasceremo invece alcune categorie così diverse da richiedere una trattazione a parte, prima fra tutte gli hedge funds.

Una prima, importante distinzione è da farsi tra fondi aperti e chiusi. I fondi chiusi si caratterizzano per il numero “chiuso” dei sottoscrittori e per un orizzonte d’investimento predefinito, diciamo cinque/sette anni. Sono strumenti utilizzati prevalentemente in ambito immobiliare o per supportare operazioni di private equiy. Abitualmente non sono quotati e uscirne prima della scadenza è affare laborioso e quasi sempre oneroso. Sono investimenti per i quali è indispensabile saper valutare il progetto che sostengono: la maggior parte dei risparmiatori non li ha mai utilizzati e difficilmente li utilizzerà in futuro.

I fondi d’investimento aperti e le Sicav sono contenitori che investono il denaro raccolto da un gran numero di sottoscrittori in strumenti finanziari, di solito azioni e obbligazioni. Il loro valore riflette quello degli strumenti che detengono, rettificato dei costi e talvolta delle imposte. D’abitudine sono negoziabili giornalmente.

Fondi azionari – Investono in azioni. Possono essere piuttosto generalisti o molto specializzati, su un Paese, un’intera area, o particolari settori economici. Per il risparmiatore si tratta di un investimento molto simile a quello azionario diretto. Ma con due differenze: innanzitutto la diversificazione dell’investimento è molto alta e dunque il livello di rischio è minore; in secondo luogo le masse gestite da un fondo sono tali che ci si può permettere l’utilizzo di un bravo gestore, capace di scegliere meglio di noi.

Fondi obbligazionari – Anche qui valgono le stesse considerazioni , ma dobbiamo allargare un po’ il discorso. Chi acquista direttamente obbligazioni pensa che riavrà i suoi soldi alla scadenza (se l’emittente intanto non fallisce) e dunque ritiene di non essere soggetto ai rischi e alle fluttuazioni dei mercati azionari. Invece un fondo obbligazionario fluttuerà in permanenza, come un azionario, perche reagirà alle variazioni nei tassi e nella fiducia dei mercati sulla solvibilità delle emittenti: a mio giudizio si tratta di una visione più corretta delle cose, ma è una visione diversa da quella alla quale molti sono abituati. Strumento interessante, anzi fondamentale, ma da maneggiare con conoscenza di causa. Anche qui la scelta è molto ampia: si può scegliere sulla base del tipo e della rischiosità degli emittenti, sulla lunghezza del debito, sulle aree ecc.

Fondi monetari - quando lo sono veramente ( e non sempre succede ) sono ottimi strumenti per il parcheggio della liquidità. Molto meglio dei BOT e dei pronti contro termine, perché non occorre attendere scadenze: sono la versione moderna del “materasso”.

Fondi bilanciati – mixano azioni e obbligazioni in percentuali definite dal regolamento del fondo e/o dal gestore. Io non li utilizzo, preferisco selezionarmi i migliori ingredienti e cucinare il piatto a mio piacimento, cambiando i dosaggi ogniqualvolta opportuno.

Attenzione anche alla valuta. Non conta quella in cui sono espresse le quotazioni. E’ necessario sapere in quale moneta sono quotati i titoli inclusi nel fondo e se il fondo attua o meno la copertura del rischio di cambio. Intendiamoci, non sto dicendo che si debba investire solo in euro, anzi da qualche mese è vero il contrario. Bisogna sapere cosa si sta facendo.

I costi sono un altro elemento importante. Gli intermediari da sempre tendono a nasconderli, anche se formalmente oggi comunicano il TER. A parte le commissioni di ingresso e uscita, per fortuna sempre meno applicate, ci sono altri costi ricorrenti, impacchettati e nascosti nella quota giornaliera. In realtà sono elevati e vanno in gran parte a remunerare la rete di vendita, persino quando non c’è. Per azionari, bilanciati e obbligazionari si è spesso tra l’1% - 2% e oltre: difficile battere il benchmark con questa palla al piede. Inoltre, soprattutto in Italia, la grande maggioranza dei fondi, al di la di quello che dice, pratica una gestione passiva, ovvero traccia solo l’indice di riferimento, senza cercare performance migliori o rischi minori.

Questo ci porta dritti al confronto con gli ETF, l’ultima moda. In effetti si tratta di strumenti che si limitano a replicare gli indici di riferimento, a costi contenuti. Inoltre sono sempre negoziabili in borsa, dunque dovrebbero permettere un controllo migliore sul prezzo. Nella pratica le cose non stanno sempre così: tra i numerosissimi ETF, pochi sono davvero efficienti. La pratica consulenziale mostra che quando si desideri far acquistare o vendere rapidamente importanti quantità ci si trova sovente davanti a mercati poco “spessi” con il rischio di un’operatività non realizzabile o costosa. Inoltre, quando si mettano in classificazioni omogenee fondi ed ETF per valutarli rigorosamente sotto l’aspetto del rischio e della performance netta, spesso si scopre che nelle prime posizioni emergono ancora Fondi tradizionali, quelli che fanno una buona gestione attiva. E sono spesso fondi esteri.

Fondi ed ETF ci danno un’arma potentissima: la possibilità di definire la strategia e di farla poi realizzare dai migliori gestori : il buon investitore è colui che sa scegliere, da solo o aiutato dal suo consulente, dove andare e con chi.

Ricordatevi: non esistono buoni investimenti, ma solo buoni investitori.


Per approfondimenti:

La gestione collettiva del risparmio

I fondi comuni di investimento

Gli ETF: cosa rappresentano e su cosa investono


Enzo Bocca – partner B&I Consulting
Studio associato Nafop


logonafopArticolo a cura della
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