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Tasse su redditi e consumi personali: le proposte dei partiti per il voto

Monti vuole ridurre l’Irpef, Berlusconi prevede 2 aliquote, Bersani aspetta di recuperare le somme evase al fisco. Tutti a rincorrersi per presentare l’offerta più allettante

di Carlo Sala 28 gen 2013 ore 10:30
Abbastanza chiari in tema di tassazione sul patrimonio, a partire dall’Imu sulla casa, partiti e candidati premier in corsa per le elezioni del 24-25 febbraio sono invece più fumosi quando si tratta del prelievo fiscale sui guadagni, sui redditi, delle persone. Tutti d’accordo, in un rincorrersi reciproco nello sforzo di presentare l’offerta più allettante, che la pressione fiscale attuale sia eccessiva e vada alleggerita, nel momento in cui devono fornire i dettagli e le cifre del proprio piano di riduzione legano il proprio impegno all’evolvere e al migliorare del quadro economico complessivo e dello stato dei conti del Paese.

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Monti: Irpef (e forse Iva) giù dell’1%
- Secondo il premier uscente “Bisogna ridurre la tassazione che grava sul lavoro e sulle imprese e parallelamente ridurre la spesa. Serve un alleggerimento della situazione per le famiglie numerose. C’e’ bisogno di un sistema sanitario migliore e di un sistema fiscale che consenta la ridistribuzione del reddito dai più ricchi ai più poveri”. Mario Monti riparte da una sua incompiuta: alla fine del 2012 voleva già ridurre di un punto percentuale il prelievo Irpef sulle 2 fasce di reddito più basse (fino a 15mila e fino a 28mila euro, salva ovviamente la no tax area per redditi inferiori ai 10mila euro l’anno), ma l’intento saltò per far sì che il rincaro dell’Iva introdotto a partire da luglio 2013 fosse di un punto percentuale anziché 2. Mentre lascia intuire di essere a favore del quoziente familiare – di un prelievo fiscale che distingua tra single, coppie e genitori/famiglie con figli a carico (misura molto gradita al mondo cattolico, in funzione di sostegno alla famiglia) – Monti sembra incline peraltro anche a bloccare quel rincaro dell’1% dell’Iva da luglio decretato dal governo Monti-ABC (Alfano, Bersani, Casini) alla fine dell’anno scorso. “Con il taglio delle spese pubbliche è possibile una riduzione dell’Irpef e il congelamento dell’aumento dell’Iva” ha dichiarata, senza però specificare come, quando e di quanto la spesa pubblica dovrebbe migliorare in misura tale da consentire la riduzione delle imposte dirette e indirette.

Berlusconi: 2 sole aliquote Irpef - La ricetta del capo della coalizione Pdl-Lega (cui sono associati, Monti, Destra e Fratelli d’Italia) è la solita di sempre, quella che spunta fuori a ogni tornata elettorale ma che poi non si è mai tramutata in realtà: 2 sole aliquote Irpef, al 23% e al 33% - a fronte delle 5 fasce odierne: 23% (fino ai 15mila euro, con esenzione dal prelievo per redditi fino ai 10mila euro l’anno), 27% (fino a 28mila euro), 38% (fino a 55mila euro), 41% (fino a 75mila euro) e 43% (oltre i 75mila euro). Berlusconi non ha specificato quale soglia di reddito verrebbe ricondotta a un prelievo del 23% e quale di conseguenza a un’esazione pari al 33%, ha invece promesso la riduzione di 5 punti percentuale della pressione fiscale complessiva in Italia (oggi stimata tra il 44,3% e il 45,2%) nell’arco di 5 anni – un punto in meno per anno insomma – comprensiva dell’azzeramento dell’Irap (gravame stimato in 33 miliardi) da attuarsi anch’esso gradualmente in 5 anni, a partire dalle piccole-medio aziende. Preciso almeno sui tempi, Berlusconi resta generico sul programma di alleggerimento della spesa pubblica che è l’altra faccia della medaglia della riduzione delle tasse: Non è che la pressione fiscale si abbassi con bacchetta magica, bisogna ridurre le spese dello Stato”.

Bersani: Irpef minima al 20% - Il leader del Pd propone la formula 20-20-20 (20% di prelievo sui redditi, sui capital gain e sui redditi d’impresa). Ma mentre è chiaro su un’aliquota Irpef minima del 20%, più bassa dunque di 3 punti rispetto all’attuale, quando parla di “un po’ più di progressività” non specifica se intenda mantenere le 5 aliquote attuali o rivedere i redditi tassati secondo un’aliquota piuttosto che un’altra. Più concentrato sui temi di Imu e patrimoniale, il candidato premier di Pd e Sel (nonché Psi e Centro democratico), si è focalizzato soprattutto sulla polemica col Pdl, accusato di aver aumentato la spesa pubblica e di conseguenza la pressione fiscale, e sulla lotta all’evasione fiscale: “La pressione fiscale è molto alta perché l’evasione fiscale è molto alta e aumentare le tasse significa farle pagare ai soliti. Bisogna dunque combattere l’evasione fiscale. Credo che gli italiani non si aspettino che noi aumentiamo le tasse. Se teniamo la spesa sotto controllo è possibile dire che ogni euro recuperato da una maggiore fedeltà fiscale può andare a riduzione delle tasse”.


Giannino, Grillo e Ingroia - Fare per Fermare il declino che candida a premier Oscar Giannino punta a ridurre la spesa pubblica del 6% in 5 anni e di diminuire la pressione fiscale nello stesso arco di tempo del 5% attraverso l’eliminazione dell’Irap (alleggerendola di 15 miliardi, cioè praticamente dimezzandola, entro il 2015) la riduzione del prelievo Irpef per un importo pari a 30 miliardi (con innalzamento della no tax area a 12mila euro annui entro il 2015 e a 15mila euro annui entro il 2018) e blocco del rincaro dell’Iva (dal 21% al 22%) che dovrebbe scattare da questo luglio.
Decisamente deficitaria, sotto il profilo propositivo, la proposta del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, che pure lamenta un’eccessiva pressione fiscale e ancor più una sciagurata gestione del relativo gettito, Antonio Ingroia candidato premier per Rivoluzione civile ha una visione più legalitaria che contabile. Mentre propone carcere e confisca dei beni per gli evasori fiscali, la linea “meno tasse per i più deboli, più tasse per i più ricchi” enunciata dal magistrato in aspettativa resta generica e non mette bene a fuoco l’idea appena abbozzata di detassare le tredicesime.

Carlo Sala
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