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Cos’è la successione ereditaria?

La successione ereditaria è quel processo giuridico che comporta il trasferimento del patrimonio ereditario dal soggetto defunto al suo, o ai suoi, successori.

di Nicola Marsella 17 giu 2011 ore 10:25
La successione ereditaria comporta il trasferimento del patrimonio ereditario dal soggetto defunto (de cuius) al suo successore (o ai suoi successori). Per patrimonio ereditario si intende l’insieme dei rapporti patrimoniali attivi e passivi trasmissibili che fanno capo al defunto al momento della sua morte. Dunque, l’eredità comprende non solo i beni e i crediti di cui è titolare il de cuius  al momento della morte, ma anche i suoi debiti.  

Quando si succede?

La sostituzione nella titolarità del patrimonio avviene per mortis causa ossia il presupposto della successione è il decesso del soggetto titolare del patrimonio che viene devoluto in base alle modalità previste dalla Legge.
Quest’ultima disciplina, infatti, i diversi casi in cui ci si può trovare al momento dell’apertura della successione (art. 456 del codice civile: “la successione si apre al momento della morte, nel luogo dell’ultimo domicilio del defunto”), al fine di conseguire il passaggio del patrimonio ereditario e regolare anche i differenti interessi del defunto, dei suoi familiari, dei suoi creditori e dello Stato.

Testamento

L’interesse del defunto di definire il destino dei suoi beni, quando è ancora in vita, avviene tramite un atto chiamato testamento. La legge però prevede un limite alla libertà di disporre della sorte dei suoi beni rappresentato dal riconoscimento di una quota di patrimonio definita “legittima” in capo ai familiari legati al testatore entro un certo grado di parentela. Allo stesso tempo, la Legge prevede una disciplina specifica in caso di una successione in assenza di testamento cd. “successione intestata”.

Accettazione eredità

Dopo l’apertura della successione, che permette di definire la legge da applicare in base al domicilio del defunto, il successore indicato nel testamento o quello che in base al grado familiare è legittimato a succedere deve accettare l’eredità per assumere la qualità di “erede”. Il periodo che intercorre tra l’apertura della successione e quello dell’accettazione viene definito “giacenza dell’eredità”: in questo periodo il chiamato a succedere non dispone dei beni ma può compiere atti di conservazione degli stessi fino alla nomina, d’ufficio o su istanza di qualsiasi interessato del patrimonio ereditario, di un curatore. L’accettazione dell’eredità può essere espressa, tacita o presunta e il diritto si prescrive in 10 anni. In caso di minore o di persona incapace l’accettazione deve avvenire solo con beneficio d’inventario. Si precisa che l’effetto dell’accettazione dell’eredità da parte del chiamato alla successione risale al momento nel quale si è aperta la successione (art. 459, codice civile): per esempio, se il de cuius muore il 10 aprile 2010 e il chiamato alla successione accetta il 20 giugno 2010 l’accettazione retroagisce alla data di apertura della successione quindi al 10 aprile 2010.

Chi può succedere?

La legge richiede che il chiamato alla successione per essere definito capace di succedere si trovi in determinate condizioni al momento dell’apertura della successione:

Art. 462-Capacità delle persone fisiche. “Sono capaci di succedere tutti coloro che sono nati o concepiti al tempo dell’apertura della successione. Salvo prova contraria, si presume concepito al tempo dell’apertura della successione chi è nato entro i trecento giorni dalla morte della persona della cui successione si tratta. Possono inoltre ricevere per testamento i figli di una determinata persona vivente al tempo della morte del testatore, benché non ancora concepiti”.

Ci sono alcuni casi in cui colui che dovrebbe ereditare viene considerato inidoneo a subentrare nei rapporti di cui era titolare il defunto per motivi di incompatibilità morale (indegnità) o per espressa previsione testamentaria (diseredazione). Nel primo caso, l’indegno è chiamato alla successione ma viene escluso, anche su richiesta degli altri eredi, con apposita pronuncia del Giudice; nel secondo caso, possono essere esclusi unicamente quei soggetti che per Legge non sono definiti successori legittimari.

Diverso è il caso del chiamato alla successione che rinuncia o non può accettare l’eredità: rientrano l’istituto della rappresentazione, consistente nel subentro dei discendenti (rappresentati) al posto e nel grado del loro ascendente (rappresentato), qualora quest’ultimo sia un figlio/a oppure un fratello o una sorella del defunto; e quello dell’accrescimento, ammesso nel caso non sia possibile applicare l’istituto della rappresentazione,  che comporta l’attribuzione in modo proporzionale della quota del rinunziante agli altri successori. La legge prevede che il fenomeno dell’accrescimento si applichi sia in caso di successione testamentaria, qualora il testatore abbia previsto più eredi, per quote dello stesso valore, e non abbia indicato un sostituto,  sia in caso di successione intestata.

Nicola Marsella
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