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Srl semplificata e i mini-bond delle Pmi previsti dal decreto sviluppo

Le nuove società potranno essere create con una partecipazione di un solo euro e costi legali, per imprenditori under 35, limitati all'imposta di registro e ai tributi camerali. E in attesa delle i-srl, arrivano i mini-bond per chi non è quotato in Borsa.

di Carlo Sala 3 set 2012 ore 10:46

Srl semplificata - Già prevista nel decreto per lo sviluppo, la possibilità di dar vita a società a rischio limitato (srl, in cui ciascun socio risponde dei debiti sociali esclusivamente con quanto conferito a titolo di quota di partecipazione) in forma semplificata è divenuta effettiva con la conversione in legge dello stesso decreto, che introduce un apposito articolo 2463bis nel codice civile, e la predisposizione da parte del ministero della Giustizia (di concerto con quelli di Finanze e Sviluppo economico) del modello – divulgato sulla Gazzetta ufficiale 189 del 14 agosto - in base a cui (inderogabilmente) redigere l’atto costitutivo di queste società.

Per favorire l’avvio di attività imprenditoriale, il nuovo schema di srl semplificate (ssrl o srls) potrà essere adoperato da chiunque (il decreto in origine prevedeva un tetto di 35 anni di età o la trasformazione da srl in spa), ma soltanto gli under 35 vengono esentati dai diritti di bollo e di segreteria relativi all’iscrizione nel registro delle imprese (quando uno dei soci compie 35 anni la società andrà trasformata in srl ordinaria oppure il socio dovrà uscire e cedere la sua quota: se invece fin dall’inizio i soci sono over 35, la ssrl assume la veste di srlcr, cioè srl a capitale ridotto, e il problema della compagine societaria ovviamente non si pone).

Le spese legali di partenza, insomma, saranno inferiori ai 200 euro: si dovranno pagare infatti solo l’imposta di registro, che si aggira sui 168 euro, e i tributi camerali, mediamente 200 euro (ma da versare ogni anno), più – eventualmente - i costi per l’apertura di partita Iva per chi ne fosse ancora sprovvisto. Ulteriore semplificazione è l’esenzione dall’obbligo di redarre l’atto costitutivo della società attraverso un atto pubblico: come per tutte le aziende, l’atto costitutivo delle ssrl dovrà essere comunicato al registro delle imprese in cui la società deve essere iscritta ma, diversamente da tutte le altre tipologie societarie appunto, quell’atto dovrà essere sì stilato da un notaio (cui spetterà anche accertare l’età dei soci) ma gratuitamente (con un risparmio quindi di almeno 2000 euro). Infine la quota minima di partecipazione alla costituzione di un ssrl è fissata a un euro (la quota massima è di 9.999 euro).

Decisamente conveniente, e apertamente voluta a incentivare l’imprenditoria giovanile, una così bassa quota minima di partecipazione iniziale è controbilanciata, sul versante dei creditori, dall’obbligo di destinare il 25% degli utili societari a riserva obbligatoria finché questa non arrivi ad un ammontare di 10mila euro. Ma non ha tuttavia fugato le severe perplessità di chi osserva che una start up a bassa capitalizzazione avrà quasi certamente bisogno dell’assistenza di un istituto di credito, la quale – in tempi di stretta creditizia e di fronte a garanzie patrimoniali inizialmente basse (come pure l’età degli imprenditori in questione) – appare tutt’altro che scontata (tra le alternative al prestito della banca, dalla fidejussione al garante, si è ipotizzato anche un investimento dei genitori). Né è possibile che ad apportare capitali intervengano, come soci, altre società: la ssrl è infatti riservata esclusivamente a persone fisiche (le quali, ovviamente, possono sia conferire più di un euro, sia effettuare conferimenti diversi dal contante, secondo quanto previsto dall’articolo 2463 del codice civile). Ed è solo tra queste persone fisiche con veste di soci che, diversamente dallo schema ordinario (che consente di attingere all’esterno), la ssrl può scegliere il/i propri/o amministratore/i. E, altra diversità rispetto alla srl ordinaria, proprio a chi amministra la ssrl, quindi non a una banca scelta appositamente, va interamente versato il capitale sociale (va da sé che ove questo superasse la soglia dei 10mila euro, la ssrl si dovrà trasformare in una srl ordinaria).

Accanto alla ssrl appena varata (e mutuata dall’idea di un giovane italo-americano), il governo intende lanciare poi una i-srl, che non è una srl semplificata scaricabile dall’Iphone ma quasi: si tratta di una srl che potrà essere costituita sulla rete (con semplice comunicazione alla competente Camera di commercio) alla quale, oltre a quanto previsto per le ssrl, si pensa di riconoscere particolari benefici nei primi 48 mesi di vita, come la sospensione degli obblighi di ricapitalizzazione, possibili esenzioni dal divieto di offerta al pubblico di quote di nuova srl start up, accesso alle categorie di azioni previste dagli articoli 2348 e 2351 del codice civile. La i della sigla i-srl, per la cronaca, sta a significare innovazione.


Mini bond - In attesa di vedere il ricorso e le performance delle nuove srl, per aiutare il reperimento di risorse utili alla crescita di tutte le imprese di piccole e medie dimensioni, quale che sia il loro schema societario, il medesimo decreto sviluppo ora divenuto legge introduce le cambiali finanziarie a 36 mesi, contro il termine massimo di 18 mesi finora in vigore. Delle obbligazioni emesse dalle Pmi dovrà essere data una comunicazione semplificata: chi (banca o società specializzata) aiuterà a collocarle dovrà indicare semplicemente se il loro ammontare complessivo sia superiore o inferiore all’attivo corrente registrato nell’ultimo bilancio depositato dalla società emittente (specificità tutta italiana, l’articolo 2412 obbligava le società non quotate in Borsa a emettere bond per importi non superiore al doppio del loro capitale sociale). In piena par condicio con quanto già riconosciuto a chi è quotato in piazza Affari, i bond delle Pmi saranno pienamente deducibili e non saranno quindi sottoposti – come accadeva per le poche Pmi che già prima d’ora emettevano obbligazioni – a ritenuta. Secondo le stime fatte dal Sole24Ore all’emanazione del decreto sviluppo in giugno, tutte insieme cambiali per finanziare il circolante, obbligazioni per sostenere gli investimenti e obbligazioni partecipate per superare i momenti di crisi potrebbero comportare un apporto di 21 miliardi per le Pmi.

Project bond - Pensati invece per agevolare la realizzazione di infrastrutture con l’apporto, anche di capitali, da parte dei privati (tipicamente secondo la formula del project financing, per cui il privato che realizza l’opera mettendoci anche i fondi necessari si vede poi assegnata l’opera in concessione per un tempo sufficiente a remunerare i costi d’intervento sostenuti), sono i project bond. Per agevolare il ricorso a questo canale di finanziamento, l’aliquota della ritenuta sugli interessi è stata fissata al 12,5%, con un trattamento fiscale di riguardo identico quindi a quello dei titoli di Stato. All’origine di questa scelta, vi è anche l’ingente effetto che l’ammodernamento del Paese – in cui secondo l’Ance (associazione costruttori) vengono appaltate opere in project financing per un importo sui 12 miliardi di euro ogni anno – comporta sul suo prodotto lordo: per ogni 3uro investito in infrastrutture il Pil è stimato crescere di ben 3 euro.

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Interventi a favore ricostruzione Emilia Romagna - Sul fronte della ricostruzione, più che dell’ammodernamento, del Paese, imprese e lavoratori autonomi attivi nelle aree dell’Emilia Romagna colpite dal terremoto di maggio potranno detrarre interamente – sotto forma di credito d’imposta al 100% - tutte le spese sostenute per porre rimedio ai danni arrecati alla loro attività dal sisma, mentre chi gestisce call center e voglia delocalizzare all’estero strutture di almeno 20 persone dovrà darne comunicazione al ministero del Lavoro almeno 120 giorni prima dello spostamento e poi far sapere agli utenti del servizio da quale Paese l’operatore sta rispondendo alla chiamata (pena una sanzione di 10mila euro al giorno).

Distretti industriali - Sulla più vasta scala dei distretti produttivi, infine, per il recupero di aree in crisi la legge di conversione del decreto accentra in capo al ministero dello Sviluppo economico, nella funzione di cabina di regia, la convocazione di tutti gli enti pubblici interessati – Comuni, Province, e così via – nella conferenza di servizi in cui predisporre l’accordo di programma con cui dar vita a piani di riconversione che recuperino i distretti stessi.

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L’accentramento in capo al ministero è stata voluta per superare dubbi e conflitti di competenza in merito a chi tra gli enti territoriali coinvolti debba muovere il primo passo, ma la procedura non vale nel caso di interventi di riconversione per i quali la competenza sia devoluta alle Regione. Ove gli interventi siano invece disposti dal ministero, ad essi è riconosciuto carattere di urgenza, indefettibilità e pubblica utilità, insomma un “fast track”, un canale privilegiato per la loro attuazione.

Carlo Sala

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