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Lavoro, costituzione e crescita, perché Monti sbaglia le priorità

Su lavoro, costituzione e crescita si poteva seguire una strada diversa da quella che il Governo Monti ha deciso di intraprendere. E anche migliore. Vediamo perché.

di Marco Delugan 28 mar 2012 ore 10:17
Articolo 18, precarietà del lavoro, pareggio del bilancio statale in costituzione. Sono questi alcuni dei temi più caldi della recente politica italiana. Vediamo perché si poteva seguire una strada diversa da quella che il Governo Monti ha deciso di intraprendere. E anche migliore. Intervista ad Alfonso Scarano, analista finanziario indipendente e collaboratore di AbcRisparmio.

Ingegner Scarano, cosa pensa della riforma dell’articolo 18?

L’articolo 18 ha portato sui tavoli dei tribunali poche cause. Quindi funziona. Sembra più una questione di forma, che di sostanza. Non è detto, infatti, che modificandolo come si sta facendo il paese diventi più appetibile per gli investitori stranieri. Non credo proprio che potrà aiutare la crescita. Mi sembra più realistico pensare che l’obbiettivo vero si solo quello di indebolire i lavoratori e dare alle imprese maggiore manovra per ridimensionare e tagliare la forza lavoro. “Non ci saranno abusi”, ha detto Monti riguardo al nuovo articolo 18. E’ imbarazzante sentir dire da un professore parole così politicamente piene e tecnicamente vuote. Tanto che mi fanno pensare che Monti sia un eccezionale politico.

Cos’altro avrebbe dovuto fare il governo in tema lavoro?

Rendere il lavoro precario più costoso di quello dipendente. La remunerazione dovrebbe essere proporzionale al fattore di rischio dell’impiego. Il fatto che non sia così, che oltre ad essere precario costi pure di meno del suo equivalente a tempo indeterminato, si configura come un dumping sociale, un modo di abbassare i costi di produzione riducendo i diritti. Da che mondo è mondo chi si assume un rischio deve essere pagato di più, perché bisogna indennizzare quel rischio.

Se il lavoro precario, a parità di tutte le altre condizioni, costa di più di quello dipendente, allora questo potrebbe spingere le aziende ad assumere lavoratori a tempo indeterminato aumentando il lavoro stabile e l’efficienza. Da questo punto di vista l’attuale riforma del mercato del lavoro, pur apportando qualche inversione di oneri sul lavoro precario rispetto al lavoro stabile appare ancora pallida e non coraggiosa, mentre appare sproporzionato l’accanimento sulla questione dell’articolo 18 che impatta, attualmente, su poche migliaia di casi l’anno ma che potrebbe impattare assai più pesantemente. La questione dei rischi di abuso dell’art. 18 riformato rimane rischiosamente  aperta.

Altro tema caldo, il pareggio di bilancio come dettato costituzionale

La stessa insensibilità che genera ordini di priorità sbagliati, che fa concentrare su una questione poco rilevante come l’articolo 18, e non sulle priorità vere, è quella che fa pensare che si possa mettere in costituzione il pareggio di bilancio. E’ difficile definire un provvedimento del genere con parole tecniche. Anche perché appare assolutamente ragionevole che nei momenti di difficoltà dell’economia ci debba essere una politica espansiva di spesa pubblica per il rilancio dei consumi che poi venga ripagata dai momenti di espansione economica, ma l’obbligo del pareggio di bilancio rende impossibile una politica di questo tipo.

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Noi abbiamo già avuto in passato la calamità del patto di stabilità, che è una norma sbagliata dal punto di vista dell’utilità sociale, ma assolutamente determinante per apporre una barriera alle richieste di interventi sociali allo Stato e agli enti locali. Appare una scelta strumentale, per poter dire in futuro a qualunque richiesta sociale: abbiamo l’obbligo del pareggio di bilancio. E’ una questione del tutto politica.

Monti sta attuando un programma che piace ai mercati finanziari?

I mercati finanziari chiedono solo di fare quattrini e un sacco di affari, chiederanno questa e tutte le cose possibili e immaginanbili che possano portargli denaro e profitti. Ma bisogna assolutamente puntare a rovesciare la medaglia. Perché i valori economici, di sviluppo e di società non possono essere dettati dai mercati finanziari.

Alternative all’approccio del governo Monti?

Da un governo tecnico mi sarei aspettato delle soluzioni tecniche per imbrigliare la crisi, per stimolare la crescita economica e stabilizzare almeno lo stress sociale: analisi settoriali, identificazione e utilizzo degli strumenti per la crescita, interventi per la ricerca e per l’università.

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A mio parere le cose più importanti da fare sono le seguenti: rendere il lavoro precario più costoso di quello a tempo indeterminato; attuare un piano energetico nazionale fondato sulle energie sostenibili e agganciato ad un piano di sviluppo che favorisca investimenti italiani in Italia in questo settore; investire su università e ricerca; attuare una vera integrazione europea su fiscalità, università, esercito, e welfare.

Marco Delugan
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