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Il bilancio familiare in tempo di crisi

La filosofia dei Bilanci di giustizia e la crisi economica. Come risparmiare eticamente

di Andrea Di Turi 20 gen 2011 ore 10:25
Gli ultimi dati sui consumi degli italiani dicono che per colpa della crisi è un periodo in cui si deve stringere la cinghia. I redditi si assottigliano e le previsioni su una loro risalita non volgono certo al bello, ma alcune spese sembrano incomprimibili o quasi, ad esempio gli alimentari o i trasporti, per cui si cerca di tagliare, a volte purtroppo con l’accetta, su quello che non è proprio strettamente indispensabile.

Ma c’è modo e modo di fare questi tagli o, meglio, di intenderli. C’è, infatti, chi ha cominciato a farli ben prima della crisi e non perché fosse necessario, ma perché riteneva che continuare ad avere determinati livelli di consumo non fosse giusto, né per sé, né per il pianeta alle cui risorse qualsiasi tipo di consumo alla fine attinge.

Sono le famiglie che hanno sposato la filosofia dei Bilanci di giustizia, una pratica che da quasi vent’anni si è diffusa in Italia fra un numero marginale ma costantemente crescente di famiglie. E che ora sta facendo nuovi adepti anche per via delle difficoltà portate dalla crisi. Perché si scopre che consumare meno (chi pratica il downshifting lo sa bene) può contribuire a dare più senso alle singole azioni di consumo. E a migliorare la propria vita.

Bilanci di giustizia: un po’ di storia - L’idea dei Bilanci di giustizia nasce agli inizi degli anni ’90. A proporla è l’associazione di volontariato Beati i costruttori di pace di don Albino Bizzotto. L’obiettivo era quello di puntare sul micro-soggetto economico più diffuso, la famiglia, per incidere sui modelli di consumo nel senso di una maggiore giustizia. A cominciare dalla lotta agli armamenti e a favore del disarmo. Da metà anni ‘90, poi, la campagna dei Bilanci di giustizia ha iniziato una stabile collaborazione col celebre Wuppertal Institute tedesco, uno dei più autorevoli think-tank internazionali su energia, ambiente, cambiamenti climatici.


Comprare e consumare con giustezza. E con giustizia - Aderire ai bilanci di giustizia significa consumare meno e meglio, “reimpossessarsi del proprio tempo, gustare il piacere dell’auto-produzione, guadagnare in qualità della vita”, come si legge nella pagina di benvenuto sul sito dei Bilanci di giustizia. In concreto vuol dire selezionare attentamente i propri consumi, senza più acquistare alla rinfusa, ma badando ad evitare o quanto meno ridurre il più possibile i consumi più dannosi. Cioè quelli dei prodotti che necessitano della maggior quantità di risorse naturali per essere realizzati e per arrivare in casa nostra, quindi in termini di impatto che hanno sull’ambiente ma anche sulla salute. E pure quelli dei prodotti che sfruttano le popolazioni del Sud del mondo, o comunque che non garantiscono adeguati diritti e condizioni di lavoro dignitose a chi li fabbrica.

Nel quotidiano, ciò significa tenere sotto controllo le proprie spese con un’attenzione diversa, aggiuntiva rispetto a quella normale che si ha verso costi e prezzi. Un’attenzione alla dimensione sociale e ambientale dei propri consumi, un po’ quello che fa la finanza etica con gli investimenti.

Qualche esempio per calarsi nel quotidiano? Valutare la possibilità di acquistare prodotti sfusi, alimentari e non (ad esempio detersivi, prodotti per l’igiene personale e della casa), al posto di prodotti sepolti da tonnellate di imballaggi; preferire cibi prodotti con metodi biologici, naturali; utilizzare di più mezzi di trasporto non inquinanti (ad esempio la bicicletta) o meno inquinanti (ad esempio il treno invece dell’aereo, o le auto in condivisione del car sharing) piuttosto che mezzi a motore inquinanti (classicamente l’auto di proprietà); acquistare gli elettrodomestici che richiedono meno energia per funzionare, e così via. Soprattutto, fare tutto questo non in nome di convinzioni ideologiche, bensì con lo sguardo critico e soprattutto la consapevolezza di chi sa che ogni sua azione conta. Quello che si dice “votare con gli acquisti”, insomma.

Bilanci di giustizia: far di conto una volta al mese
- La dimensione fondamentale dell’iniziativa è quella della condivisione, del fare insieme, a partire dal comunicare le proprie esperienze per renderle note e accessibili agli altri. Da qui l’idea di dotarsi di uno strumento con cui chi aderisce all’iniziativa può allo stesso tempo gestirla e comunicarla: il bilancio mensile.

Il bilancio mensile è, appunto, un semplice bilancio (non c’è bisogno di conoscenze di contabilità, ovviamente) in cui ogni famiglia che intende aderire all’iniziativa annota le proprie spese, suddivise per tipologia (ad esempio casa, alimentari, abbigliamento, divertimenti, trasporti ecc.). Solo che a fianco delle spese per i consumi normali, cioè quelli che si sono sempre fatti e che magari si continuano in gran parte a fare, la famiglia annota anche le spese che ha “spostato” verso consumi di giustizia, cioè da prodotti o servizi che ha valutato come critici a quelli che ha selezionato come non critici, o positivi, o che ha auto-prodotto: sul sito dei Bilanci di giustizia, ad esempio, c’è tutta una serie di consigli su come farsi in casa il pane o i cosmetici, o su come variamente utilizzare le erbe spontanee. La famiglia, infine, nel suo bilancio mensile può anche indicare, mese per mese, quali obiettivi si pone per il mese successivo, cioè quale parte o che tipo di consumi intende spostare.

Il bilancio mensile è anche strumento di comunicazione perché, dato che i bilanci sono redatti tutti nella stessa forma (il modello della scheda mensile si può scaricare dal sito dei Bilanci di giustizia), è possibile su di essi fare calcoli ed elaborare statistiche, per verificare nel suo insieme l’impatto che tutte le famiglie aderenti alla campagna riescono a produrre. Cioè quanti consumi di giustizia vengono effettuati.

Attualmente aderiscono alla campagna circa 1.200 famiglie. Nel 2008, tali famiglie nel loro complesso hanno spostato poco meno del 20% dei loro consumi da consumi dannosi a consumi positivi. E hanno avuto una spesa mensile media inferiore di quasi 180 euro a quella rilevata dall’Istat su scala nazionale. Come a dire che selezionando criticamente gli acquisti, e secondo giustizia, si risparmia pure.

Come si diventa “bilancisti” - Diventare bilancisti, termine con cui si indicano le famiglie aderenti alla campagna (ai Bilanci di giustizia ha di recente dedicato un bel servizio anche la trasmissione Report di Rai3, che si può rivedere online a questo indirizzo), è molto semplice. Ed è ovviamente gratuito.

È sufficiente scaricare la scheda mensile di cui sopra, iniziare a monitorare i propri consumi, poi compilare la scheda e inviarla alla campagna, al coordinamento nazionale che è attivo presso Mag Venezia.

Ma le famiglie bilanciste si sono organizzate un po’ in tutt’Italia anche in gruppi autonomi (l’elenco dei referenti su tutto il territorio nazionale è disponibile sempre sul sito dei Bilanci di giustizia), che spesso si incontrano, discutono e confrontano le loro idee sui consumi, magari avviano un gruppo di acquisto solidale o finendo per fare amicizia, animate dal comune sentire che un altro modo di consumare è possibile.

Il sito della campagna, inoltre, mette a disposizione news, calendario appuntamenti, newsletter e mailing list per chi vuol restare costantemente informato sul mondo bilancista.

Andrea Di Turi

 

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.
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