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Moratoria mutui: una testimonianza dalla trincea

L’esperienza di una piccola azienda nell’imprevedibile labirinto della moratoria mutui

di Alfonso Scarano 14 gen 2010 ore 10:45
L’"Avviso Comune" sottoscritto da ABI ed associazioni degli industriali in materia di “moratoria sul credito” prevede lo slittamento di almeno 12 mesi del pagamento della quota capitale delle rate di mutui e leasing, ma anche l’allungamento ad almeno 270 giorni delle scadenze dei crediti a breve concessi alle imprese per anticipazioni su fatture e crediti.

Questo è quanto recita il provvedimento, curiosamente chiamato "Avviso Comune", conseguente al cosiddetto Decreto Anticrisi del 3/agosto/2009 che aveva come obiettivo di stimolare il sistema bancario a venire incontro alle problematiche finanziarie delle imprese a causa della crisi, ed offrendo in contropartita al sistema bancario stesso interessanti sgravi fiscali.

Abbiamo già scritto sulla natura poco chiara del provvedimento che delega ad un accordo privato tra ABI ed associazioni l'aspetto operativo della sua messa in pratica.

Ci sono state segnalate tante situazioni di attrito e di consumo inefficiente di energie, che possono essere ascritte proprio alla impostazione del provvedimento e, pare utile, dare voce alle testimonianze.

Ringrazio dunque un collega, consulente di impresa di lungo corso, per una sua testimonianza su un caso che, oserei dire, emblematico.

Se volete raccontare le vostre esperienze in merito, inviateci le vostre email all’indirizzo: contributi@soldionline.it.


Caro Alfonso,
ti segnalo un caso emblematico.

Una piccola azienda (fatturato circa 5 m.ni di € ) è affidata dal sistema bancario (4 istituti) con linee di credito “a breve” finalizzate, principalmente allo smobilizzo di crediti commerciali con la classica formula dell’anticipo fatture. L’azienda opera nel settore dei servizi e (verrebbe da dire “per sua fortuna”) solo con clienti “grandi imprese” tra cui alcune multinazionali e con una percentuale storica di insolvenza pari a “zero”.

Detto questo, verrebbe da chiedersi quali problemi possa incontrare un’azienda di questo tipo con il sistema bancario se non che, vista la crisi che investe l’economia in generale, alcuni “grandi clienti” decidono di posticipare i pagamenti a favore dell’azienda in questione di circa 30/60 giorni rispetto a quanto precedentemente pattuito.

Si creano, ovviamente, rilevanti problemi di liquidità a causa il mancato rispetto dei tempi di pagamento indicati sulle fatture, già anticipate presso le banche.

Certamente, la procedura di anticipo fatture, normalmente prevede che la banca “scarica” la fattura alla data della sua normale scadenza ed addebita sul conto ordinario quanto precedentemente anticipato. Questo comporta il rischio, il più delle volte, di creare uno sconfinamento e conseguente segnalazione alla “centrale rischi”. causa-effetto di indubbia pericolosità, impattando con un peggioramento del rating (merito creditizio), conseguente rincaro delle condizioni di credito... e così via in un loop pernicioso.

L’azienda in questione che, pare superfluo dirlo, già subisce la sudditanza di potere contrattuale dei suoi “grandi clienti” si trova ora pure a pagare lo scotto conseguente alla maggior dilazione, che vista l'inadeguatezza italiana nelle questioni di liquidazioni e di certezza del credito, rischia di essere schiacciata fra le maglie di questo meccanismo infernale.

Alla piccola azienda, appare lo spiraglio di sollievo pensando di aderire alla moratoria, dato che praticamente tutte le banche hanno aderito all'"Avviso".

Infatti, viene qui chiaramente dettata la possibilità di postergare fino ad un max di 270 giorni i termini di scadenza dei crediti commerciali. Vista la necessità, l'azienda in questione si attiva e chiede ad uno degli istituti di credito, che minaccia - appunto - di addebitare le fatture scadute sul conto corrente ordinario, di potersi avvalere della moratoria.

E qui viene il bello, o meglio il triste della cosa, perché non è un caso isolato o particolare.
Infatti, l'interlocutore bancario ha adottato un atteggiamento che non so se ricondurre alla sua impreparazione (possibile) in merito alle disposizioni sulla moratoria o (probabile) a precise disposizioni dell’istituto su come approcciare l'aspetto procedurale della moratoria. 

In pratica, il funzionario si è mostrato molto poco disponibile a farsi parte diligente della soluzione del problema; eccependo scuse o pretesti tra i più vari, e solo per l’insistenza dell’azienda, il funzionario si trova costretto a chiarire la cosa, anche con il supporto della sua Direzione.

Dopo diverse eccezioni di carattere formale (che appaiono veramente pretestuose), puntualmente smontate dal cliente, pur con allungamenti di tempi ed aggravi di fatiche anche emotive; incute timore la possibilità di entrare nel tritacarne della centrale rischi.

La domanda è ora in elaborazione e l'azienda attende i 60 giorni per l'esito. A prescindere dall’esito della richiesta, il caso in questione è emblematico per spiegare l’atteggiamento adottato dalla banca, che risuta non in linea con lo spirito del provvedimento tanto pubblicizzato ed enfatizzato. 

La moratoria non è certo la panacea per i mali del debito delle PMI. Questo caso è anche ulteriore testimonianza che eventuali, e sempre più urgenti, ulteriori strumenti  finanziari a sostegno delle imprese non posano essere lasciati ad un accordo privato (la moratoria) per forza di cosa sbilanciato per potere negoziale a favore del sistema bancario (che peraltro ha già intascato la contropartita in termini di agevolazioni fiscali). Appare opportuno che alcune importanti questioni (quale il credito) debbano essere governate e vigilate a livello istituzionale da organismi competenti (non certo le Prefetture).

Lettera firmata


Alfonso Scarano
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