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Bitcoin, la moneta digitale che contagia la Rete

Niente contanti, e nemmeno bancomat e carte di credito. Niente banche centrali e autorità monetarie. Arriva Bitcoin, la moneta virtuale nata in rete.

di Andrea Di Turi 2 giu 2011 ore 10:50

Si fa presto a dire moneta virtuale. A provarci, ad inventare il borsellino elettronico definitivo che avrebbe dovuto esentarci per sempre dall’utilizzare contanti, bancomat, carte di credito e quant’altro, sono stati in tanti soprattutto dall’avvento di internet in poi.

Ora arriva una nuova proposta che si chiama Bitcoin, come a dire la moneta che si fa bit: è una “criptomoneta”, come è stata definita, che non ha a che fare con la criptonite, il minerale in grado di annullare i poteri di Superman, ma con la crittografia, cioè la disciplina che nasconde le comunicazioni attraverso codici cifrati. Unita però al web 2.0 e in particolare al peer-to-peer.

Qualcuno l’ha anche definita come il wikileaks delle politiche monetarie, perché non prevede che vi siano delle autorità monetarie a vigilare sul suo utilizzo e garantisce l’anonimato delle transazioni. Ma vediamo meglio di che si tratta.

L’idea

Bitcoin nasce qualche anno fa come progetto che sposa la filosofia open source, il software libero senza copyright che tutti possono utilizzare e a cui tutti possono offrire un contributo allo sviluppo. L’idea è quella di strutturare un sistema per rendere utilizzabile in tutto il mondo una moneta che non dipenda da banche centrali o altre autorità monetarie. Non per niente è un’idea nata e cresciuta negli ambienti del mondo hacker. Soprattutto Bitcoin non ha bisogno degli intermediari finanziari tradizionali, che garantiscono la circolazione della moneta e garantiscono quindi che i pagamenti effettuati attraverso di essa hanno un valore.

Per rendere possibile tutto ciò, si è pensato appunto di mettere la moneta in rete. O, meglio, le transazioni in rete, sfruttando quelle tecnologie peer-to-peer che sono state alla base di tutti i sistemi di condivisione di file alla Napster, per intendersi. Dove non c’è un computer centrale, che trasmette dati e informazioni, a cui accedono tanti computer periferici, che ricevono, ma c’è appunto una rete di computer dove ciascun nodo può trasmettere e ricevere.

Il tutto è condito dalla crittografia. Nel senso che le transazioni effettuate coi Bitcoin sono cifrate e quindi anonime. E in questo assomigliano ai contanti, anche se sono fatte di bit: una volta che un Bitcoin viene speso, proprio come un contante, può circolare liberamente e anonimamente, senza che si possa risalire a chi l’ha speso o incassato durante le transazioni precedenti.


Come funzionano i Bitcoin

Per capire come funziona il sistema, sulla rete si trovano facilmente numerosi video dal taglio divulgativo, a cominciare da quello che accoglie il visitatore in homepage sul “portale del mondo di Bitcoin” Weusecoins.com (lo stesso video con parole in italiano si può vedere qui e per ulteriori informazioni rimanda a quest’altro sito). C’è anche questo paper dell’ideatore di Bitcoin, Satoshi Nakamoto, che va più in dettaglio (è però abbastanza complesso, da addetti ai lavori, ma chi vuole addentrarcisi è ovviamente libero di farlo).

In quei video Bitcoin viene presentato come una valuta digitalizzata e decentrata. E che si può spendere attraverso internet, tant’è vero che ci sono non pochi siti che già la accettano in pagamento (una lista di tali siti è disponibile a questo indirizzo).

I Bitcoin sono generati attraverso internet da programmi di calcolo, detti “miner”, che vengono eseguiti in teoria da chiunque accetti di farli girare sul proprio pc, ma che richiedono potenza di calcolo non indifferente e una certa dimestichezza con pc e informatica (se ne parla qui). Questi programmi, in ogni caso, fanno sì che i Bitcoin vengano generati in una quantità che viene aggiustata continuamente dalla stessa rete in modo prevedibile e prestabilito, a detta dei suoi promotori: sembra, insomma, come se fosse la stessa rete a stampare o emettere i Bitcoin auto-regolandosi.

Come viene spiegato su Weusecoins.com nella sezione “Getting started”, i Bitcoin si possono però anche comprare, pagando in euro o in dollari o comunque con una valuta reale, su determinati siti che fungono da mercati valutari (uno di questi è Mt.Gox). Ma si può anche iniziare, se si ha qualcosa da vendere, ad accettare i Bitcoin come pagamento, così da accumularne qualcuno che si può poi spendere. Dalle pagine di TradeBitcoin.com è poi possibile verificare se nella propria area geografica ci sono altri Bitcoin-er con cui è possibile entrare in contatto. Per utilizzare i Bitcoin, occorre scaricare e installare sul computer il software (lo si trova su Bitcoin.org) che crea il portafoglio elettronico e gestisce le transazioni appoggiandosi alla rete peer-to-peer. Per fare domande, confrontarsi e discutere con altri Bitcoin-er, c’è anche a disposizione la pagina su Facebook.


Pro e contro

Fra i vantaggi che Bitcoin, almeno stando ai suoi sostenitori, ha nei confronti di altri sistemi di pagamento vi sono i seguenti:

  • i pagamenti si possono fare da persona a persona (peer-to-peer), come con i contanti (ma su internet), senza il bisogno di un intermediario;
  • Bitcoin può essere utilizzato in qualsiasi Paese, proprio perché viaggia su internet;
  • è una moneta che non ha bisogno di un’autorità centrali che la stampi o emetta;
  • i Bitcoin non possono essere “congelati” perché appunto sono sparsi nella rete.


Il fatto è che proprio i suoi vantaggi costituiscono al tempo stesso i suoi problemi. Perché se si tratta di moneta, di transazioni che possono viaggiare ovunque e grazie alla crittografia non sono intercettabili, e comunque non si può risalire a chi li ha spesi o incassati in precedenza perché sono anonimi, va da sé che chi si deve occupare di vigilare sui sistemi finanziari è preoccupato. E cominciano a preoccuparsi anche i servizi segreti o comunque gli organismi di polizia perché temono che questo sistema di pagamento possa interessare molto a chi fa loschi traffici.

A dimostrazione che alcuni problemi ci sono, era stato aperto un sito chiamato CoinPal che permetteva di comprare Bitcoin attraverso il ben noto sistema di pagamento PayPal, ma poi questo sito è stato “congelato” e si attendono sviluppi.

Verso una Bitcoineconomy?

Un Bitcoin, come ogni valuta che si rispetti, ha un prezzo di mercato. Che sta crescendo. Pare sia partito da un valore di qualche decina di centesimi di dollaro e ora viaggi sugli 8 dollari. In ogni caso, ci sono siti nati apposta per monitorare l’economia di Bitcoin, che è già stata ribattezzata “Bitcoineconomy”, per agevolare gli scambi e per fornire statistiche. Uno di questi è Bitcoinwatch.com, che oltre alle quotazioni giorno per giorno riporta anche molte news dal mondo di Bitcoin e offre cifre sul totale dei Bitcoin in circolazione: ammonterebbero a oltre 6 milioni di Bitcoin. Cioè, al cambio degli ultimi tempi, a qualcosa come 60 milioni di dollari. Qualcosa, insomma, che comincia ad attirare una certa attenzione.

Andrea Di Turi

Questo scritto è redatto a solo scopo informativo, può essere modificato in qualsiasi momento e NON può essere considerato sollecitazione al pubblico risparmio. Il sito web non garantisce la correttezza e non si assume la responsabilità in merito all’uso delle informazioni ivi riportate.
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