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Agire dal basso contro la finanza casinò

Da dove possiamo cominciare per cambiare la finanza? Da una semplice domanda: dove finiscono i soldi che diamo alle banche? E davvero dobbiamo darli proprio a loro?

di Marco Delugan 10 lug 2012 ore 09:29
Agire dal Basso contro la finanza casinò è il titolo dell’ultimo capito del libro di Andrea Baranes “Finanza per indignati”. Un libro per capire il mondo della finanza, le cause delle ultime crisi, e decidere che cambiare non è impossibile. E proprio di come fare per cominciare a cambiare le cose abbiamo parlato con l’autore. Andrea Baranes è presidente della Fondazione Culturale Responsabilità Etica.

Cosa vuol dire agire dal basso contro la finanza casinò?
Vuol dire cominciare a riflettere su come, oltre che vittime di questa crisi, ne siamo anche complici, su quanto i nostri soldi depositati in un fondo di investimento o in un fondo pensione possano poi alimentare la speculazione finanziaria. Le faccio un piccolo esempio: oggi è possibile con poche decine di euro andare in banca e comperare Etf o Etc che sono strumenti finanziari che di fatto permettono di speculare sull’andamento dei prezzi del cibo e delle materie prime e, detto in altre parole, di scommettere sul prezzo del cibo. Oggi queste scommesse sono talmente grandi che sono loro a determinare il prezzo del cibo. E quindi anche noi con i nostri minuscoli investimenti, contribuiamo a far si che il prezzo del pane, della benzina, della pasta, piuttosto che degli altri generi di prima necessità, sia di fatto deciso dai mercati finanziari.

Dobbiamo quindi cominciare a chiederci se i nostri soldi vanno a finanziare l’economia reale o finiscono nel casinò della speculazione. E a chiederlo anche alle stesse banche. Perché abbiamo il diritto, e anche il dovere, di sapere dove vanno a finire i nostri risparmi.

E da un punto di vista pratico?
Il passo successivo è quello di decidere in maniera consapevole a quale banca rivolgersi. Il movimento Occupy Wall Street ha lanciato Move Your Money - sposta i tuoi soldi - e secondo quanto riportato sul sito di Move Your Money quattro milioni di persone hanno chiuso i loro conti nelle grandi banche responsabili della crisi, almeno di quella dei sub-prime del 2007-2008, e si sono spostati nelle Credit Union che sono piccole banche locali legate al territorio. Queste sono cose concrete. Come negli ultimi anni milioni di persone si sono spostate verso un consumo critico, verso quello biologico, equo e solidale e via discorrendo, oggi dobbiamo fare lo stesso cambiamento, culturale e pratico, riguardo all’uso dei nostri soldi e dei nostri risparmi.

Che impatto possono avere scelte di questo tipo sul comportamento delle banche?
Le banche in questo momento sono talmente attente anche all’uno o due per cento di redditività che basta veramente che una piccola parte dei loro clienti decida di spostare i propri soldi altrove che questo genera allarme. Negli anni scorsi, ad esempio, c’è stata la campagna contro le banche armate. E’ capitato che una o due persone si presentassero nella filiale di una banca e chiedessero di spostare i propri soldi, che subito il direttore tutto preoccupato andasse da loro a chiedere il perché. E’ solo un piccolo aneddoto, però di fatto in questo momento con i problemi di raccolta e di redditività, con le varie crisi che forse investono ancora più le banche che non i debiti sovrani, basta una percentuale relativamente piccola di persone che decide di cambiare il proprio comportamento finanziario per modificare spesso anche il comportamento della banca.

Ma un discorso del genere dovrebbe riguardare anche il mondo delle imprese, e in Italia soprattutto le piccole e le medie imprese, l’ossatura del sistema produttivo. Perché Confesercenti, Confcommercio, Confindustria e le singole imprese invece di lamentarsi per una finanza che da un lato specula e dall’altro non concede credito non cominciano ad interrogarsi e a interrogare pesantemente il mondo bancario sui propri comportamenti?


Perché fare tutto questo?
Perché i danni della finanza casinò sono adesso sotto gli occhi di tutti, perché quella che ci viene presentata come una crisi dei debiti sovrani è ancora in massima parte una crisi bancaria e finanziaria, perché la situazione in tutta Europa è direttamente figlia della finanza casinò, della speculazione, e della bolla speculativa che è esplosa nel 2007 con la crisi dei mutui subprime, perché ancora oggi la finanza è un pozzo senza fondo e senza nessuna trasparenza.

E come mai se l’Unione Europea è in recessione la speculazione finanziaria riesce a ottenere profitti a due cifre? Nel lungo periodo non ci sono poi tante possibilità di risposta, o la finanza sta estraendo risorse dall’economia reale o stiamo creando delle gigantesche bolle sul nulla e prima o poi queste bolle esploderanno. Su scala più piccola, basta aprire la televisione e vedere pubblicità di banche che promettono tassi di interesse del 5% nel momento in cui l’economia italiana è in recessione. Sarebbe interessante capire come fanno a garantire questo 5%. Perché per dare a te il 5% la banca deve realizzare almeno l’8-10%.

E importante che la finanza torni ad essere un mezzo al servizio dell’economia reale e della società e non un fine a se stesso, un modo per fare i soldi dai soldi nel più breve tempo possibile. Questo modello sta esplodendo e siamo tutti noi cittadini a pagarne le conseguenze. Quindi il perché è che la finanza deve essere uno strumento e non un fine in se stesso.

E c’è anche la proposta di un modello economico diverso. In parallelo con la crisi finanziaria sta avvenendo anche una crisi sociale una crisi di democrazia e una crisi ambientale. Dobbiamo riflettere su quale modello di sviluppo vogliamo mettere in campo, quale tutela ambientale, quali diritti. Come Banca Etica vorremmo un modello fondato su efficienza energetica ed energie rinnovabili, e non sul nucleare e combustibili fossili, fondato sui diritti delle lavoratrici e dei lavoratori, sulla cooperazione sociale internazionale e via discorrendo.

Marco Delugan
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