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Protezionismo

di Marco Delugan
Il protezionismo è una forma di politica economica che ha l’obiettivo di proteggere l’economia nazionale dalla concorrenza di quelle estere. Viene attuata soprattutto con tre tipologie di strumenti: i dazi doganali, una tassa sul valore o sulla quantità delle merci importate; le quote di importazione, e cioè limiti quantitativi alle merci importate; l’imposizione di certificazioni di sicurezza come condizione al permesso ad importare.

I vantaggi del protezionismo risiedono nella protezione, appunto, dell’economia nazionale, e dell’occupazione, dalla concorrenza di quella estera. Protezione che, però, ha almeno due facce. E’ infatti vero, da un lato, che da una fase di politica economica protezionistica posso trarre vantaggio industrie nascenti che possono svilupparsi senza la pressione della concorrenza internazionale che altrimenti potrebbe soffocarle, creando così reddito e occupazione; ma è anche vero che il protezionismo può tenere in vita industrie decotte, che non avrebbero comunque futuro, mantenendo risorse di capitale e lavoro investite in settori che sarebbe meglio abbandonare.

Gli svantaggi riguardano soprattutto i prezzi. Le aziende di un’economia protetta, infatti, non subendo la concorrenza internazionale e la pressione al ribasso dei prezzi che può conseguirne, tenderanno a praticare prezzi mediamente più alti che se la protezione non ci fosse. Da quanto visto appena sopra, inoltre, la protezione di industrie decotte toglie dinamica al sistema economico col rischio di renderlo arretrato rispetto agli altri. Esiste anche uno svantaggio di tipo politico, e cioè che la chiusura di un’economia può ledere i rapporti politici con gli altri paesi.

Se sia preferibile una politica economica di tipo protezionistico piuttosto che una maggiormente orientata al libero scambio dipende, al di la di questioni ideologiche spesso solo di facciata, dalla specifica fase di sviluppo e dalle condizioni in cui versa l’economia in questione.
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