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Crisi Grecia, perché così importante?

Le cause, gli effetti sulle borse, le possibili via d’uscita

di Giacomo Saver 26 set 2011 ore 10:24
L’enorme debito pubblico ha compromesso la solvibilità del Paese. Il timore che altri Stati europei, come Italia, Spagna e Portogallo, possano avere difficoltà simili ha messo in dubbio la sopravvivenza stessa dell’euro. E il conseguente aumento degli euroscettici, di coloro i quali credono che il progetto dell'integrazione europea sia di fatto fallito, fa scendere le borse.

Domanda - La crisi della Grecia sembra la causa di tutti i mali che colpiscono le borse in questi ultimi mesi. Può, per favore, spiegarmi perché? Qual è la causa delle crisi greca? In che modo si propaga al resto dell'Europa e anche alle banche? Come può essere arginato tutto questo?

Risposta - La crisi della Grecia è cruciale per esaminare come le autorità politiche e monetarie gestiranno i problemi strutturali che affliggono (o che potranno affliggere in futuro) Paesi dell'area euro. Essa ha origine nell'esplosione del debito pubblico del Paese ellenico che è cresciuto al di là di ogni limite fino a compromettere la solvibilità del Paese stesso.

Di per sé la crisi debitoria di uno Stato è un problema confinato all'interno dello stesso, e le uniche conseguenze internazionali rilevanti sono da ricondurre al fatto che il debito pubblico del Paese in difficoltà potrebbe essere detenuto da investitori di altre nazioni.

La crisi Argentina ad esempio, per quanto drammatica, non ha avuto significativi 'scossoni' sui Paesi limitrofi che versavano in condizioni finanziarie differenti e più solide. Il motivo per cui la Grecia è un caso più grave risiede nel fatto che essa è parte dell'Euro e dell'Unione Monetaria Europea. Il problema del Paese diventa quindi un problema transfrontaliero che colpisce tutti gli stati tra loro legati dal 'patto' della moneta unica.

Ed è proprio questo legame che fa sì che la crisi di uno stato 'marginale' come la Grecia si propaghi anche ad altre nazioni europee. Non solo, ma dato che l'enorme debito pubblico è un problema comune ad altre nazioni (tra le quali Spagna, Italia e Portogallo) da un lato la soluzione della crisi greca sarà un precedente di come saranno affrontate le crisi successive. Dall'altro gli operatori finanziari temono che il paese ellenico sia solo il primo di una lunga catena di stati soffocati dal debito che renderanno impossibile la prosecuzione dell'Euro.

Le Borse scendono perché stanno crescendo moltissimo gli euroscettici, ossia coloro i quali credono che il progetto dell'integrazione europea sia di fatto fallito. In effetti le vie di uscita dalla crisi non possono che essere queste e nessuna di esse è semplice:

-> implementazione da parte di tutti gli stati di politiche di bilancio estremamente rigorose che permettano l'abbattimento del debito entro un futuro non lontano e con data 'certa';

-> fallimento pilotato degli stati più indebitati. Poiché Francia e Germania sono stufi di pagare per tutti, una via di uscita potrebbe essere l'espulsione dei Paesi in crisi dal patto dell'euro lasciandoli ritornare alle valute nazionali e abbandonandoli di fatto al loro destino;

-> creazione degli Stati Uniti d'Europa, ossia organismi di gestione delle politiche fiscali e monetarie comuni, con l'emissione di titoli dell'Unione e con la garanzia della BCE di acquistare quelli invenduti così da garantire la liquidità agli stati. Questa soluzione per essere realizzata richiede però un rigore di bilancio imposto a livello comunitario molto forte. Per la serie: chi non segue le norme viene espulso.

In un contesto di grande incertezza, in cui la crisi economica rende tutto più difficile perché la stagnazione del prodotto interno lordo di tutte le principali economie indebolisce il gettito fiscale, l'avversione al rischio degli investitori cresce continuamente. Questi ultimi vendono a piene mani sia bond sia azioni del Vecchio Continente nella paura che l'implosione della moneta unica faccia sì che i loro attivi vengano ridenominati in una moneta diversa e quindi svalutati. Inoltre in un contesto da 'guerra economica' intesa come grande incertezza in merito a un sacco di variabili, le aziende non potranno nemmeno implementare strategie di lungo termine che facciano lievitare i loro profitti e conseguentemente il loro valore in borsa.

La via di uscita, secondo me, consiste nel segnale forte che gli stati a rischio dovrebbero dare in termini di rigore e di politiche fiscali. Questo sarebbe, tra l'altro il primo passo verso una unificazione europea che non sia meramente 'monetaria'.

Giacomo Saver
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